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La realtà economica della Tunisia e la collaborazione con l’Italia

L'analisi di Domenico Letizia 

Tra le realtà geopolitiche ed economiche più dinamiche del Nord Africa ritroviamo la Tunisia. Il carattere economico e sociale delle richieste della rivoluzione tunisina che ha portato alla caduta del regime di Ben Ali nel 2011, che aveva diretto il paese per 23 anni, è innegabile. Garantire il diritto allo sviluppo è un obbligo che spetta agli Stati, che devono rispettare, conformemente all’articolo 3 della Dichiarazione sul diritto allo sviluppo del 1986, le condizioni nazionali e internazionali favorevoli alla sua realizzazione. Per raggiungere questo obiettivo, lo stato è obbligato ad appellarsi a capitali nazionali e stranieri. L’autarchia economica non può portare a un modello di sviluppo, soprattutto quando i risparmi interni non sono sufficienti a soddisfare le esigenze di investimento.

Sulle opportunità in Tunisia e i progetti di sviluppo sostenibile si è discusso durante una recente lezione del Corso di perfezionamento “Il Mediterraneo e il Medio Oriente oggi: problemi e prospettive”, ideato e diretto da Franz Martinelli e Gianpaolo Malgeri, che si svolge presso la Lumsa Università di Roma. Relatrice della lezione su “Focus paese Tunisia” è stata la docente di diritto e scienze politiche dell’Università di Tunisi, Rym Ben Khélifa. Secondo le analisi della docente, le autorità tunisine hanno stabilito diversi obiettivi nel piano di sviluppo quinquennale 2016-2020. Tra quelli di carattere socio-economico, prioritari sono i progetti di sviluppo umano e l’inclusione sociale che corrispondono a migliorare le condizioni di vita dei tunisini e a rilanciare l’ottimizzazione della efficienza delle politiche sociali, ma anche la realizzazione di ambizioni regionali e federali, elementi che hanno caratterizzato la rivoluzione del 2011.

L’obiettivo è, infatti, quello di rafforzare le capacità delle regioni e migliorare la loro attrattività, ridurre le disparità, per stabilire il principio della discriminazione positiva, così come il decentramento. Ciò comporta, necessariamente, lo sviluppo e l’adeguamento del sistema di finanziamento dello sviluppo regionale. L’istituzione dell’economia verde, lanciata dalle autorità del paese africano, che guida lo sviluppo sostenibile, è tra i punti cardine del piano di sviluppo tunisino. Attraverso l’attuazione di progetti di sviluppo concreti, è possibile raggiungere questi obiettivi.

Questi progetti possono assumere la forma di progetti comunitari o sociali che generalmente corrispondono alla costruzione di centri sanitari o scuole e spesso sono finanziati da donazioni, progetti generatori di reddito o produttivi come la costruzione di infrastrutture, industrie, centrali elettriche, generalmente finanziati sotto forma di prestiti.

Per la realizzazione dei progetti tracciati dalla Tunisia, per il periodo 2016-2020, e raggiungere gli obiettivi di sviluppo economico e sociale stabiliti dalla Rivoluzione, risulta essenziale mobilitare finanziamenti, particolarmente quelli internazionali. Durante i lavori della recente Conferenza internazionale per gli investimenti “Tunisia 2020” sono stati formulati programmi e impegni assunti dagli Stati partner e dai donatori che giungono a rappresentare un importo economico complessivo di oltre 34 miliardi di dinari. Nel contesto europeo, spetta allo strumento europeo di vicinato (ENI) rendere concreta la cooperazione finanziaria dell’Unione Europea e degli europei per quanto riguarda i sedici paesi confinanti.

Questo strumento finanziario, con un bilancio totale di 15,4 miliardi di euro, che coinvolge il periodo 2014-2020, fornisce la maggior parte del finanziamento agli aiuti e il sostegno delle riforme, politiche, economiche e sociali. Con il lancio nel 2016 dell’AICS-Agenzia per la cooperazione, l’Italia ha rafforzato i strumenti operativi di cooperazione allo sviluppo. Alla già citata conferenza internazionale “Tunisia 2020”, del novembre 2016, è stato assunto un impegno di 365,5 milioni di euro in quattro anni, per l’attuazione delle politiche e dei programmi previsti dal nuovo “Piano di sviluppo 2016- 2020”. Si tratta di un aumento di circa il 40% delle risorse, rispetto ai tre anni precedenti, assegnate alla Tunisia. D’altronde, l’Italia è il secondo partner commerciale della Tunisia con un interscambio bilaterale che nel 2017 ha registrato cifre attorno ai 5,6 miliardi di euro e un saldo in attivo. Siamo il secondo cliente e il primo fornitore della Tunisia, con una quota di mercato del 15,5%. La presenza economica italiana in Tunisia è solida e dinamica, annoverando oltre 850 società. Le imprese italiane installate in Tunisia (miste, a partecipazione italiana o a capitale esclusivamente italiano) impiegano oltre 63mila persone e rappresentano quasi un terzo di tutte le imprese a partecipazione straniera.

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