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La Lega, Salvini e quel dito medio di Bossi. I Graffi di Damato

Contro chi e che cosa era quel dito medio di Umberto Bossi al congresso fondativo della nuova Lega? I Graffi di Damato

Senza nulla togliere alla ormai ordinarietà delle “mille proroghe” disposte a fine anno per decreto legge, con l’aggiunta stavolta dell’approvazione in Consiglio dei Ministri “salvo intese”, cioè senza intese, che saranno cercate dai contendenti dietro le quinte di Palazzo Chigi e dintorni, con la consueta tolleranza del presidente della Repubblica in attesa del postino al Quirinale, è quel dito medio di Umberto Bossi al congresso di “rottamazione” della sua Lega Nord, come è stato generalmente raccontato sui giornali, a rappresentare emblematicamente la scena politica. Il dito medio di protesta, poi, contro chi e che cosa?

Non credo, francamente, contro Matteo Salvini, nonostante le cronache di Repubblica firmate da Gad Lerner, fotografato peraltro con Bossi in atteggiamento di confidenziale solidarietà e scambio di carezze. Altre cronache infatti riferiscono di un Bossi che ha riconosciuto al suo pur non diretto successore, essendoci stato fra i due l’interregno di Roberto Maroni, il merito di essere “uno di quelli che vogliono combattere ancora”, per cui il movimento leghista si potrebbe considerare “in buone mani”. Tanto buone, aggiungerei, che lo stesso Bossi ha detto, pur col suo stile spavaldo sopravvissuto a tutti i malanni che lo hanno colpito e ne rendono quasi incomprensibili le parole, di avere “concesso” al suo Matteo tutto quello che gli ha dato, cioè i pieni poteri, senza esservi stato minimamente costretto. Ciò che rimane sulla carta e sul resto, d’altronde, della vecchia Lega Nord, comprese le nuove preoccupazioni espresse dal fondatore per l’invasione del Nord da parte dei meridionali, paragonabile a quella dell’Italia intera da parte dei migranti provenienti dall’Africa, sarà pur sempre presieduto a vita da Bossi, pur nelle ristrettezze economiche derivanti dal debito rateizzatissimo di 49 milioni di euro sancito dalla magistratura per le note gestioni pasticciate dell’allora finanziamento pubblico dei partiti.

Contro chi e che cosa, allora, quel dito medio del “senatur”? Così ormai Bossi viene comunemente chiamato con l’appendice, anche qui, della durata illimitata, come se lui facesse parte davvero dell’elite dei senatori a vita, di diritto perché ex presidenti della Repubblica o di nomina, promossi al laticlavio dal capo dello Stato di turno avendo “illustrato la Patria – dice l’articolo 59 della Costituzione – per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario”. In verità, è mancato poco che Bossi, condannato in via definitiva per vilipendio proprio del presidente della Repubblica, quando al Quirinale c’era Giorgio Napolitano, fosse ora alle prese con i cosiddetti servizi sociali. Egli è stato appena graziato dal successore Sergio Mattarella anche in considerazione delle sue condizioni di salute. E Napolitano vi ha contribuito assicurando di non avere alcuna ragione di risentimento per l’offesa ricevuta, ch’era poi quella di essere un “terun”, come Bossi chiama i meridionali, compresa forse sua moglie, che è di quella provenienza.

Ma, facezie o no che siano tutte queste cose, e tornando alla domanda iniziale, contro chi e che cosa quel dito medio di Bossi? Non vorrei contro quei milioni di italiani che non si sono fidati di lui, tanto da essere scesi al 3 per cento dei voti ai suoi tempi, e si fidano adesso di Matteo Salvini accettandone a tal punto la candidatura a presidente del Consiglio, inserita nel nome stesso della sua Lega, da averlo portato nelle elezioni europee del 26 maggio scorso in testa alla graduatoria dei partiti, lasciandovelo nelle successive elezioni locali e nei sondaggi, l’ultimo dei quali appena pubblicato sul Corriere della Sera. Se così fosse, specie alla luce della sua ennesima scivolata antimeridionalistica sul perdurante pericolo di una invasione del sacro Nord da parte dei terun, ci sarebbe solo da mettersi nei mani fra i capelli, almeno per chi ne ha ancora, di fronte al livello cui Bossi ha contribuito a far scendere il livello della politica italiana.

D’altronde, non dimentico i giorni in cui, da direttore del Giorno, mi vidi denunciare da lui, con alcuni collaboratori, per associazione a delinquere non avendone apprezzato comizi e accessori a Pontida. E contro il magistrato che archiviò la vicenda furono affissi sui muri di Milano manifesti per la sua origine meridionale. Brutti tempi, già allora.

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