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Conte

Il maestro Guido Alpa bacchetta l’allievo Giuseppe Conte sulla prescrizione

Gli auspici del professore Guido Alpa, maestro e amico dell'avvocato Giuseppe Conte, letti e commentati dal notista politico Francesco Damato

Costretto non tanto dall’opposizione dell’ex alleato Matteo Salvini, peraltro minacciato di querela per calunnia nel legittimo esercizio del suo mandato parlamentare tutelato dall’articolo 68 della Costituzione, ma dal ripensamento e dal dissenso del tuttora alleato Luigi Di Maio a riferire lunedì alla Camera sull’affare del Mes, o fondo europeo salva-Stati, il presidente del Consiglio si nuove ormai fra troppe trappole per non rischiare un’altra crisi di governo in quest’anno da lui imprudentemente annunciato alla vigilia come “bellissimo”.

“La corda troppo tesa prima o poi si spezza”, si è lasciato scappare in uno sfogo raccolto dal Corriere della Sera il capo della delegazione del Pd al governo Dario Franceschini. Che fra tutti i suoi colleghi di partito era stato il primo nella scorsa primavera, precedendo la svolta improvvisa di Matteo Renzi, ad aprire ai grillini mentre maturava la rottura della loro alleanza con i leghisti. Ed era stato anche il primo, una volta aperta la trattativa con i pentastellati, a scavalcare Renzi e lo stesso segretario del Pd Nicola Zingaretti prospettando per la nuova maggioranza giallorossa l’estensione a livello regionale e la durata sino alla scadenza ordinaria della legislatura, nel 2023.

“L’incasso del risanamento lo farà il Salvini 1”, è stato attribuito sempre a Franceschini, e sempre dal Corriere della Sera, facendogli immaginare – con le tensioni e le trappole crescenti di questi giorni, e al netto dell’ottimismo sull’esito della manovra finanziaria compiuta dal governo in carica – elezioni anticipate vinte dal centrodestra a trazione leghista e l’insediamento dell’ex ministro dell’Interno a Palazzo Chigi.

La trappola successiva al controverso Mes, o fondo europeo salva-Stati, il cui decollo potrebbe slittare a febbraio dal preannunciato mese di dicembre per la firma a Bruxelles o dintorni, è la non meno controversa disciplina della prescrizione destinata a scattare il 1° gennaio prossimo. E ciò per una norma inserita come una supposta dall’allora maggioranza gialloverde nella cosiddetta legge “spazzacorrotti”, e promulgata a gennaio di quest’anno dal presidente della Repubblica dopo qualche settimana di riflessione, nonostante le proteste levatesi anche dal Consiglio Superiore della Magistratura contro la possibilità di abolire la prescrizione, appunto, al pronunciamento della sentenza di primo grado senza un preventivo o contemporaneo meccanismo di garanzia della “ragionevole durata” dei processi. Che è imposta dall’articolo 111 della Costituzione. Per questo meccanismo il guardasigilli grillino Alfonso Bonafede si era impegnato con i leghisti, guidati nella trattativa dall’allora ministra e avvocata Giulia Bongiorno, ma esso non è sopraggiunto, neppure adesso che l’hanno reclamato con forza nella nuova maggioranza il Pd e il nuovo partito di Matteo Renzi.

Su questo contenzioso esploso nel governo e, più in generale, nel Parlamento, dove una parte della maggioranza potrebbe votare con l’opposizione di centrodestra per ripristinare la vecchia disciplina della prescrizione portante il nome dell’ex guardasigilli del Pd Andrea Orlando, è tanto clamorosa quanto imbarazzante per il presidente del Consiglio Giuseppe Conte la posizione assunta dal suo vecchio maestro, amico, professore e avvocato Guido Alpa, ex presidente peraltro del Consiglio Nazionale Forense.

In particolare, mentre Conte si è schierato con Bonafede e i grillini per non toccare la nuova e sostanzialmente soppressiva disciplina della prescrizione al compimento del primo grado di giudizio, essendone secondo lui gli effetti abbastanza differiti per accelerare in un secondo momento i processi ed evitare l’orribile prospettiva degli imputati a vita, il professore Alpa ha detto che questo non si può fare. E lo ha detto nei giorni scorsi parlando con i giornalisti a Montecitorio, dove si era recato per una cerimonia. “Non sono d’accordo – ha spiegato il giurista – perché siamo un paese in cui i processi sono troppo lunghi”. “La nuova disciplina”, sempre della prescrizione, “va abbinata a quella che abbrevia i processi”, ha insistito Alpa. Che ha ripetuto ai cronisti, forse dubbiosi perché memori della diversa posizione assunta dal suo amico ed ex discepolo Conte e interessati quindi a capire bene i tempi dell’operazione: “Sì, devono andare insieme”. Che figuraccia per l’ex allievo, verrebbe da dire.

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