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Mattarella Conte

Il carnevale delle smentite fra Mattarella e Conte. I Graffi di Damato

Fatti, indiscrezioni, ricostruzioni, precisazioni e smentite sui rapporti burrascosi nella maggioranza di governo e sugli incontri fra Mattarella e Conte. I Graffi di Damato Le cronache del Carnevale, cui gli italiani non rinunciano in questa stagione, come a quelle del festival di Sanremo da poco trascorso, si sono mescolate con quelle politiche. Fra le quali…

Le cronache del Carnevale, cui gli italiani non rinunciano in questa stagione, come a quelle del festival di Sanremo da poco trascorso, si sono mescolate con quelle politiche. Fra le quali hanno prevalso le smentite di sorpresa e irritazione opposte dal Quirinale e da Palazzo Chigi alle ricostruzioni giornalistiche dell’incontro svoltosi sabato scorso fra i presidenti della Repubblica e del Consiglio sulla turbolenta, a dir poco, situazione del governo e della maggioranza. Eppure si è trattato di ricostruzioni tutte concordi sulla convinzione espressa da Giuseppe Conte al capo dello Stato di essere sicuro del fatto suo, potendo contare sulla tenuta della sua coalizione gialloverde: o a spese della compattezza degli insofferenti renziani, che non ce la farebbero a rimanere uniti e al tempo stesso a far mancare i numeri alla maggioranza nel Senato, o grazie alla disponibilità di alcuni “responsabili”, particolarmente tra le fila berlusconiane, a lasciare l’opposizione per salvare il governo dalla crisi, sulle tracce paradossali dello stesso Berlusconi.

L’allora presidente del Consiglio affidò nel 2010 alla regìa di Denis Verdini la ricerca di “responsabili” fra le opposizioni per salvare il suo ultimo governo di centrodestra dalla rottura con Gianfranco Fini. L’operazione ha conservato il nome di quello che è rimasto il più famoso ed emblematico dei soccorritori: Domenico Scilipoti, fuoruscito dall’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro.

Giorgio Napolitano, che pur di garantire l’approvazione in tempo utile del bilancio preventivo si era prodigato per rinviare di un paio di mesi la sfiducia promossa dal pur presidente della Camera Fini, dando così tempo all’allora presidente del Consiglio di preparare la sua difesa, registrò l’accaduto dal Colle con una rassegnazione o indifferenza che sembra non contata nel caso di Mattarella. Al quale lo scrupoloso quirinalista del Corriere della Sera Marzio Breda ha appena attribuito un certo scetticismo sulla tregua intravista da altri, e quanto meno la tentazione di pensare, in caso di crisi, ad un “governo elettorale” pluristagionale, visto che non si potrebbe votare per varie ragioni prima dell’autunno.

Delle smentite piovute sui giornali dal Quirinale di Mattarella e da Palazzo Chigi, quella di Conte è stata, diciamo così, la più circostanziata, forse perché gravava sul presidente del Consiglio anche l’incidente del suo portavoce Rocco Casalino. Che si era lasciata scappare in una telefonata, lasciandone una traccia poi liquidata come “una battuta”, la certezza di un nuovo, terzo governo del professore pugliese in questa legislatura cominciata meno di due anni fa.

In particolare, Conte ha assicurato di “non cercare altre maggioranze diverse da quella che attualmente sostiene il governo”, comprensiva quindi del partito di Renzi. Che non a caso – ha aggiunto il presidente del Consiglio Conte – partecipa con i suoi rappresentanti agli incontri della cosiddetta verifica per definire la cosiddetta “agenda 2023”, proiettata cioè verso l’epilogo ordinario della legislatura. Tutto a posto allora? Per niente, permanendo l’agitazione dei renziani e del loro capo. Il quale dalle nevi pachistane raggiunte nei giorni scorsi ha mandato attraverso l’ex ministra Maria Elena Boschi ed altri amici segnali per nulla incoraggianti. Egli sente gli esponenti del suo piccolo ma decisivo gruppo al Senato assediati, corteggiati e forse persino minacciati per riservargli il famoso “fuoco amico” sperimentato nel Pd quando ne era segretario, e per due anni anche presidente del Consiglio. Non è una comoda condizione politicamente e umanamente per lui, ma neppure per il governo e la maggioranza.

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