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I 3 nodi italiani del Russiagate americano. L’articolo di Capezzone

Che cosa si sa del ruolo dell'Italia nel Russiagate Usa? Breve estratto di un articolo di Daniele Capezzone per il quotidiano La Verità di Maurizio Belpietro

 

Tutto nasce dal cosiddetto Russiagate americano, la mega inchiesta contro Trump condotta dal procuratore Robert Mueller. Mesi e mesi di investigazioni, grandi spifferi sulla stampa Usa (e a cascata su quella europea), tifo mediatico scatenato (ogni settimana ci si raccontava che “il cerchio si stringeva intorno a Trump”), ma poi un clamoroso nulla di fatto, con lo stesso procuratore costretto ad ammettere di non aver trovato una prova definitiva della collusione tra la Russia e la campagna elettorale di Trump del 2016.

Badate bene: stiamo parlando – dal punto di vista americano – di un tema scottante: puoi essere democratico o repubblicano, ma l’idea di una manina straniera che possa infilarsi nelle elezioni Usa per condizionarle indigna un numero enorme di elettori. La realtà è che, quando la montagna di Mueller ha partorito un topolino, è stato Trump a cantare vittoria.

Di più: a questo punto, l’Amministrazione in carica ha deciso di aprire una controinchiesta sul Russiagate per provare a capire se ci sia stata una collusione tra l’Amministrazione Obama, la campagna elettorale di Hillary Clinton, alcune agenzie Usa e apparati stranieri per screditare Trump(prima da candidato e poi da presidente eletto), fabbricando indizi farlocchi sul suo rapporto con la Russia.

Morale: ora è Trump che vuole vederci chiaro, e capire se l’Fbi e altre agenzie americane abbiano agito secondo gli standard corretti o se invece la loro azione sia stata politicamente motivata dall’ostilità a Trump, anche con il concorso di influenze straniere. In particolare, l’ipotesi è che diverse “manine” si siano mosse tra Italia, Australia, UK e Ucraina.

Ci sono almeno tre nodi tutti italiani da sciogliere.

Primo: nel 2016 (premier Matteo Renzi, ministro degli Esteri Paolo Gentiloni) alcuni apparati italiani hanno davvero collaborato a fabbricare accuse o carte farlocche contro Trump? E, ammesso che ciò sia accaduto, poteva non sapere il vertice del governo? C’è da pensare che qualcuno abbia voluto fare un favore a Obama e a Hillary contro il loro arcinemico?

Capite bene che stiamo parlando di cose roventi: altro che le polemicucce condominiali del nostro abituale dibattito politico. Se venisse fuori che a Roma qualcuno trafficava per mettere fuori combattimento lo sfidante di Hillary (e futuro presidente), saremmo dinanzi a uno scandalo mondiale.

Secondo: se Conte un mese e mezzo fa ha deciso (correttamente, nella sostanza) di collaborare al disvelamento della verità, perché non informò nessuno, da quanto emerge dal dibattito politico di queste ore?

E, di conseguenza, il terzo nodo: non sarà che Conte può aver provato a barattare questo “aiutino” sottobanco con un sostegno trumpiano alla sua scalata a Palazzo Chigi?

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