skip to Main Content

Tutti gli intrecci fra Conte, Mincione e Vaticano. Il siluro del Financial Times

Il quotidiano della City "Financial Times" rilancia fatti, nomi e rapporti di Conte tra finanza e tlc - su Vaticano e Retelit - che alcune testate italiane come Start avevano evidenziato. Solo un caso? Intanto il premier replica che... L'approfondimento di Andrea Mainardi

 

L’ombra di un possibile conflitto di interessi del premier tra finanza e tlc aleggia intorno a Giuseppe Conte fin dai primi passi del suo primo governo.

Entra in carica il 1 giugno 2018 e dopo una settimana il Consiglio dei ministri decide di esercitare la golden power su Retelit, dichiarandone strategica l’attività. Il punto è che poche settimane prima di ricevere l’incarico dal Colle, all’avvocato Conte – ancora sconosciuto ai più – fu chiesto un parere pro veritate a favore di Fiber 4.0, cordata di azionisti di Retelit, controllata dal fondo Athena del finanziere Raffaele Mincione tramite la Wrm dello stesso finanziere.

Unico investitore del fondo Athena – è emerso a inizio mese grazie all’inchiesta in corso in Vaticano – era la Segreteria di Stato della Santa Sede. Oggi ne riscrive il Financial Times. Che sottolinea di come l’avvocato consigliasse ai suoi clienti di un tempo di sollecitare il governo ad attuare la clausola del golden power. Poi effettivamente attuata dal governo. Che nel frattempo era diventata a guida Conte. Un caso.

Le domande sono le stesse da un anno e mezzo. Idem per le repliche di Palazzo Chigi che nella notte ha nuovamente smentito qualsiasi conflitto di interesse: era solo un parere legale; Conte non era a conoscenza che alcuni investitori facessero riferimento ad un fondo sostenuto dal Vaticano oggi al centro di indagine per operazioni finanziarie che hanno portato alla sospensione di cinque dipendenti vaticani e, a cascata, alle dimissioni del comandante della Gendarmeria.

Scrive Palazzo Chigi: “In quel momento (maggio 2018, ndr), ovviamente, nessuno poteva immaginare che, poche settimane dopo, un governo presieduto dallo stesso Conte sarebbe stato chiamato a pronunciarsi proprio sulla specifica questione oggetto del parere”. Appunto: un caso.

Tutto bene? Nella nota si ricorda che il presidente Conte si è astenuto anche formalmente da ogni decisione circa l’esercizio della golden power: “In particolare non ha preso parte al Consiglio dei ministri del 7 giugno 2018 (nel corso del quale è stato deliberato l’esercizio dei poteri di golden power), astenendosi formalmente e sostanzialmente da qualunque valutazione. Si fa presente che in quell’occasione il presidente Conte era impegnato in Canada per il G7”. Si ribadisce – ulteriormente – che Conte non ha mai incontrato né conosciuto Mincione. A sua volta, più volte, lo stesso finanziere ha smentito di conoscere Conte: la consulenza all’avvocato che divenne premier era stata richiesta da un suo collaboratore.

Un caso. Come un caso è che tra le passioni di Mincione ci sia Banca Carige, che nel Cda dell’istituto genovese ha visto sedere Guido Alpa, il professore di Conte che con l’allora avvocato ha condiviso gli uffici dello studio. Non un’associazione, solo collaborazione tra professionisti per risparmiare sulle spese di affitto.

Caso è anche che a Banca Carige il Vaticano abbia guardato con interesse ai tempi in cui Segretario di Stato era il cardinale Tarcisio Bertone. Che di Genova era stato arcivescovo. Nel 2010 l’istituto vaticano Ior possedeva 160 milioni di euro di obbligazioni della banca genovese. Per un po’ si è accarezzata l’idea di trasformarle in azioni e diventare soci di Carige. Se ne fece nulla. Nel 2010 Bertone era Segretario di Stato e presidente della Commissione cardinalizia di vigilanza dello Ior.

Bertone è ancora segretario di Stato nel 2012, quando il Vaticano cerca Mincione per investire milioni. Attore dell’operazione è l’ufficio Amministrativo della Segreteria di Stato. Descritta come una “terza banca” vaticana. L’ufficio fa riferimento alla prima sezione della Terza Loggia, quella delegata agli Affari generali. Una sorta di ministero dell’Interno vaticano, guidata da un Sostituto. Ai tempi dei primi contatti con Mincione, nel 2012, il ruolo lo ricopriva monsignor Angelo Becciu. Nel 2014 si perfeziona l’accordo con Mincione tra immobiliare a Londra e altri investimenti finanziari in Athena. Bertone intanto è uscito di scena, lasciando il posto nel 2013 al cardinale Pietro Parolin. Becciu, però, è ancora Sostituto. Ci resta fino all’estate 2018, quando è promosso a prefetto della Congregazione che si occupa di santi e beati.

Di Becciu è alle cronache l’impegno a tessere relazioni politico-diplomatiche oltre le Mura. Passione coltivata anche terminato il servizio in Segreteria di Stato. Tentò un colloquio con il leghista Matteo Salvini, ma le distanze in materia di immigrazione non sono mai state risolte. È un proporsi sulla scena fatto di relazioni coltivate, commenti pubblici sui fatti di attualità che forse hanno provocato più di un imbarazzo in Terza Loggia una volta che Becciu non ne faceva più parte. A cominciare dal Segretario di Stato, il cardinale Parolin che – nota più di un osservatore – in un anno e mezzo ha costruito un discreto rapporto personale con il premier Conte.

Conte, da studente e poi avvocato ancora non prestato alla politica, era forse ignoto ai più. Ma già vantava relazioni oltre le Mura. È amico di Villa Nazareth, il collegio universitario presieduto dal cardinale brisighellese Achille Silvestini – scomparso nell’agosto scorso – e oggi da un altro prelato di origini romagnole, il riminese Claudio Maria Celli. Entrambi due diplomatici della distensione e dell’Ostpolitik. Super bergogliani; diplomatici con studiata attenzione verso i paesi comunisti. Prima e dopo la caduta del Muro.

Celli si è occupato di Cina a più riprese. Il Conte 1 anche.

Conte è anche stimato dalle parti di Villa Malta, sede della rivista dei gesuiti Civiltà Cattolica, diretta da uno dei principali consiglieri di Papa Francesco. Padre Antonio Spadaro ha chiamato Conte a discutere di Cina nella sede della redazione dell’autorevole quindicinale. Cruciale per il Vaticano è stato negli ultimi mesi un accordo sulla nomina dei vescovi. Ai tempi della crisi di governo di fine estate, il gesuita Spadaro si è molto speso sui social in chiave anti-Salvini. Tutto un ignaziano “todo modo” pur di archiviare il leghista, con una implicita benedizione delle nozze M5s-Pd.

Come e perché l’Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato si sia messa in affari con il finanziere italo-londinese Mincione rimane oggetto di suggestione giornalistica. La magistratura del Papa indaga su presunti reati legati a un affare a Londra su dipendenti vaticani. Altrove non avrebbe ragione di cercare.

Un altro caso. I rapporti Segreteria di Stato e il finanziere Mincione risalgono al 2012. Poi perfezionati nel 2014. Il 15 agosto 2018 il Sostituto per gli Affari interni della Terza Loggia, Becciu, lascia il timone al venezuelano Edgar Peña Parra. Poche settimane e il monsignore dubita della bontà dell’investimento immobiliare a Londra e si adopera per lasciare la partnership con il finanziere Mincione. Che ancora nei giorni scorsi ne difendeva la bontà, sostenendo sia stato un buon affare anche per il Vaticano. Analisi non sempre condivisa. Un caso: il 1 giugno dello stesso anno, due mesi e mezzo prima del passaggio di consegne vaticane, il premier Conte a Palazzo Chigi aveva ricevuto la campanella che ha fatto squillare l’ouverture del suo primo governo. Il Conte 2 sembra incamminarsi sulla strada di richiedere alla Chiesa che è in Italia il pagamento dell’Ici arretrata di immobili riconvertiti ad hotel più o meno di lusso. Si calcolano 5 miliardi. Un cavallo di battaglia dei Cinque stelle.

L’Umbria di San Francesco ha decretato la disfatta regionale del governo giallorosso a guida Conte 2. Il Ft mette sale sulle ferite, descrivendo, alludendo, cuocendo un rapporto più teso con il Francesco Papa, preso “dalla fine del mondo”? Chissà. Probabilmente è solamente, di nuovo, solamente un caso.

Back To Top