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Turchia E Libia

Erdogan rispolvera l’arma dei migranti illegali per ricattare ancora la Ue

Incassati i sei miliardi di euro promessi da Angela Merkel (ma pagati dalla Ue) nel 2016, Erdogan torna a battere cassa. L'analisi di Gianandrea Gaiani, direttore di AnalisiDifesa

Incassati i sei miliardi di euro promessi da Angela Merkel (ma pagati dalla Ue) nel 2016 per impedire nuovi flussi su vasta scala di immigrati clandestini come quelli del 2015 diretti al cuore dell’Europa attraverso i Balcani, il presidente turco Recep Tayyp Erdogan torna a battere cassa.

Lo fa minacciando nuove “invasioni” di clandestini e rivolgendosi al medesimo interlocutore tedesco come sembrerebbe confermare il colloquio telefonico di ieri con la cancelliera nel quale il presidente turco ha chiaramente ipotizzato di aprire i confini con Grecia e Bulgaria al passaggio di nuove ondate di migranti illegali buttando di fatto al macero l’accordo firmato il 18 marzo 2016 dopo un lungo negoziato.

L’intesa prevede che tutti i migranti fermati dai turchi e diretti verso i confini dell’Unione Europea vengano riportati in Turchia e per ogni siriano di ritorno in Turchia dalle isole greche, un altro, il cui nome è inserito in una lista d’attesa, ottenga i documenti necessari a venire accolto come rifugiato in Europa.

Finora però sono stati trasferiti in Europa 24.348 siriani (dei quali 8.896 accolti in Germania) dei 3.670.000 che fuggirono in Turchia (350mila sono già rientrati in Siria, nelle zone del nord occupate dalle truppe turche) mentre dalla Grecia sono tornati in Turchia appena 1.904 siriani dal marzo 2016, cui vanno aggiunti altri 600 trasferiti in base ad accordi bilaterali tra Grecia e Turchia.

Il sottosegretario al ministero dell’Interno tedesco, Stephan Mayer, ha chiesto ieri ad Ankara di riportare in Turchia un numero maggiore di profughi approdati sulle isole greche.

“Deve essere chiaro che abbiamo urgente necessità’ di progressi rispetto ai pochi rientri in Turchia dei migranti, allo scopo di migliore la difficile situazione nei centri d’ accoglienza sulle isole” ha detto Mayer.

L’accordo prevede inoltre che l’Ue versi nelle casse turche 6 miliardi di euro sulla base di una formula 3+3. La Ue ha quasi ultimato il saldo della seconda tranche del versamento ma oltre al sostegno finanziario, Angela Merkel si impegnò ad accelerare il processo di integrazione europea della Turchia e soprattutto ad abolire i visti per i cittadini turchi che vogliano varcare i confini dell’Unione.

La mancata abolizione dei visti e lo stop al processo di ammissione della Turchia nella Ue sono giustificati anche dalle restrizioni attuate da Erdogan nel campo delle libertà e dei diritti civili.

Accuse di mancanza di democrazia che giungono al presidente turco anche dal suo “delfino”, il già ministro degli Esteri, poi primo ministro e presidente del partito AKP Ahmet Davutoglu, che ieri annunciato le dimissioni dall’ Akp.

Da tempo Davutoglu accusava Erdogan e il suo governo di agire in modo “contrario allo spirito democratico. L’AKP non può più raggiungere i nostri obiettivi, formeremo un nuovo movimento politico”, ha spiegato l’ex premier che verrà seguito da altri deputati dell’AKP. Quest’ estate aveva già lasciato il partito l’ex ministro delle Finanze Ali Babacan che sta fondando un nuovo partito.

Nel contenzioso con l’Unione Europea Ankara ha aggiunto la protesta per l’aiuto finanziario insufficiente lamentando di aver dovuto spendere 40 miliardi di dollari per l’accoglienza dei profughi siriani.

La Turchia batte cassa e vuole negoziare un nuovo accordo sostenendo il merito di aver fermato circa 268.000 migranti sulla via del’ Europa nel 2018 e più di170 mila nel 2019. Tra i segnali di insofferenza lanciati da Ankara si notano soprattutto gli aumentati flussi di clandestini (non siolo profughi siriani) verso le isole greche delle ultime settimane.

(estratto di un articolo di Analisi Difesa; qui l’articolo integrale)

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