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Ecco perché è fallito il Casinò di Campione d’Italia

Il Casinò di Campione d'Italia è fallito e sta trascinando nel baratro il Comune. Ecco come il sistema Campione è entrato in crisi e le possibili soluzioni

Il Casinò di Campione d’Italia ha chiuso i battenti. Il 27 luglio, con il fallimento decretato dal Tribunale di Como, sono stati posti i sigilli e i 486 dipendenti sono rimasti per strada, proseguendo nella mobilitazione sindacale già in corso da mesi. Ora il crack del Casinò sta trascinando nel baratro il Comune di Campione, proprietario della casa da gioco, da cui dipende la sua stessa sopravvivenza. Il 9 agosto sono stati dichiarati 86 esuberi di dipendenti comunali (su un totale di 102) e per loro è stata avviata la procedura di mobilità.

LA SITUAZIONE DI CAMPIONE

Campione d’Italia è un comune unico. Fa parte della Provincia di Como, ma è di fatto un’enclave in territorio svizzero. Tutta la sua economia ruota attorno al Casinò, gestito da una società pubblica, la Casino di Campione spa, un tempo di proprietà delle province di Como, Varese, Lecco e del Comune di Campione, che oggi è socio unico. Il bilancio dell’ente locale si poggia quasi interamente sugli introiti derivati dalla casa da gioco. Il problema è che il drastico calo degli incassi registrato negli ultimi sette anni ha provocato un buco di bilancio che ha causato sia il fallimento del Casinò, sia il dissesto del Comune.

I RAPPORTI COMUNE-CASINÒ

Negli anni d’oro, il Casinò incassava fino a 180 milioni di franchi l’anno, soldi che hanno permesso non solo di finanziare numerose opere pubbliche (a Campione ma anche nelle Provincie allora socie), ma anche di pagare gli stipendi – parametrati al costo della vita svizzero – dei manager e del personale della casa da gioco e del Comune. Risale a quest’epoca la lievitazione del personale comunale, arrivato oggi a contare ben 102 dipendenti per un Comune di appena 2000 abitanti. Un numero spropositato, se confrontato alla media dei Comuni paragonabili per dimensioni, giustificato in parte dal fatto che nell’enclave esistono funzioni specifiche e anche che il Comune impiegava direttamente gli addetti al controllo della sala da gioco, a garanzia di soci e dei giocatori. Ma giustificato anche – questa è l’accusa che oggi rimbalza sulle pagine di molti giornali – dalla necessità della politica di “sistemare” uomini e personale.

LA CRISI

Quanto costano gli stipendi del sistema Campione? Lo riassume Matteo Guarinzoli Lombardo, RSU del Casinò e segretario territoriale UILCOM. «Il monte stipendi della sala da gioco è di circa 40 milioni di franchi per 486 dipendenti, quello del Comune di 17 milioni per 102 dipendenti». Parliamo di cifre di tutto rispetto, fra gli 80mila e i 160mila euro di media, che comunque sono parametrate al costo della vita svizzero, nettamente più alto rispetto a quello italiano, basti pensare che nella Confederazione la soglia di povertà è fissata a 16mila euro, in Italia a 9700. Significa anche che, in media, il personale del Comune ha uno stipendio doppio rispetto a quello della sala da gioco.

Per pagare le proprie spese (cioè soprattutto gli stipendi), l’ente locale fino a qualche anno fa introitava il 40% degli incassi del Casinò. Poi si è “ridotto” la quota passando a un prelievo fisso di circa 25 milioni l’anno. La sintesi? «Il Comune ha utilizzato il Casinò come un bancomat per raggiungere il pareggio del bilancio», dice Guarinzoli.

Questo il sistema ha retto fino al 2011, l’anno in cui si è registrato il primo calo degli incassi, che ha portato a una progressiva riduzione del personale della casa da gioco. Nel frattempo gli altri soci (le Province) si sono chiamati fuori e il Casinò non ha più versato le quote al Comune, pur iscrivendo i debiti a bilancio. Il buco è cresciuto e il risultato è il fallimento.

AZIENDA IN UTILE

Ora Campione è in ginocchio. «Attenzione – avverte Guarinzoli – Il problema non è la gestione aziendale del Casinò, che produce utili: il problema è che quegli utili non sono più sufficienti a sostenere l’intero sistema». Cioè il complesso Comune-Casinò.

I dipendenti della casa da gioco e del Comune sono in piazza gli uni accanto agli altri e fanno fronte comune, ma le loro posizioni sono diverse. Da un lato i 486 del Casinò, che sono già per strada e quelli di loro che vivono in Svizzera rischiano l’espulsione per essere rimasti senza lavoro. Dall’altro, gli 86 esuberi comunali, maggiormente tutelati perché possono beneficiare della mobilità. Un magra consolazione perché, anche se spostati in altri enti, difficilmente potranno continuare a vivere a Campione con il nuovo stipendio “italiano”. Insomma, la situazione pare senza uscita.

LE RICHIESTE A SALVINI

Le sigle sindacali, nelle loro manifestazioni hanno chiesto l’intervento della politica, lanciando un appello ai ministri Matteo Salvini, Luigi Di Maio ed Enzo Moavero Milanesi, titolari di Interno, Sviluppo economico ed Esteri. «La priorità è senz’altro riaprire il Casinò, che ogni giorno di chiusura perde 250mila euro – dichiara Guarinzoli -. Poi bisognerebbe introdurre un controllo diretto, ministeriale o regionale, del Casinò. Gli introiti al Comune dovrebbero essere garantiti tramite un canone di locazione. Il punto è che controllore (Comune) e controllato (Casinò) devono essere separati». Resta da capire come l’intervento dello Stato possa puntellare un sistema che ormai non si regge più in piedi. Una strada, pur dolorosa, passa dalla riduzione del personale comunale, già avviata.

«L’apertura della procedura di mobilità per gli 86 dipendenti per noi è segno che il Comune ha preso coscienza del problema» chiosa Guarinzoli.

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