skip to Main Content

David Sassoli, i sovranismi di Francia e Germania, le lezioni incomprese del voto in Italia

Il commento di Gianfranco Polillo

 

Non c’e niente da fare. Chissà per quanto tempo ancora, per dirla con Carlo Marx, il vecchio afferrerà il vivo, trascinando il Paese in un’eterna “guerra civile”. Per fortuna non cruenta. È stato un errore non votare per David Sassoli. Astenersi, come ha fatto Forza Italia o votare come hanno fatto la Lega e Fdi per Jan Zahradil (Conservatori Ecr). Mentre il Movimento 5 Stelle ha lasciato libertà di coscienza. Alla fine, i voti favorevoli degli italiani sono stati solo quelli del Pd. Terminato il secondo spoglio, il neo presidente ha reso pan per focaccia: prendendosela con “quella degenerazione nazionalista che ha avvelenato la nostra storia”. Nessun tentativo di distinguere uno spirito autenticamente nazionale dal sovranismo esasperato. Ma solo una laconica considerazione, nel segno “la guerra continua”. Il proclama del generale Badoglio, all’indomani della caduta del fascismo.

Del tutto conseguenti le successive prese di posizioni: “A presiedere il Parlamento uno di sinistra – dice Matteo Salvini – magari anche coi voti di qualcuno del centrodestra, anzi sicuramente sì, visti i numeri. Ma della Lega no sicuramente”. Risponde, con poca grazia, Andrea Romano (Pd): “Vergogna di un ministro della Repubblica che non rivendica un successo dell’Italia”. Per poi aggiungere: “L’elezione al Parlamento Europeo di David Sassoli è una vittoria per l’Italia, per l’Europa e per i progressisti”. Pura retorica. Nelle circostanze indicate, quella vittoria è solo dei progressisti. Di una parte, per giunta minoritaria, degli italiani contro l’altra. E continuerà ad essere così, almeno fin quando non si ricomporrà una frattura che ha ormai assunto la pesantezza di un peccato originale.

Ma quante volte ancora si dovrà celebrare il rito della “morte della Patria”, per riprendere un saggio di Ernesto Galli della Loggia, che tanto ha indispettito l’intellighenzia di sinistra: incapace di comprendere che il grande sostegno popolare allo stesso sovranismo non è altro che una reazione, se si vuole eccessiva, alla negazione delle ragioni di un’identità nazionale, per troppo tempo violata. Eppure siamo la patria di Nicolò Machiavelli, uno dei fondatori della moderna scienza politica. Grande impegno civile, contro le interferenze delle altre potenze straniere in un’Italia in lotta perenne tra i vari signorotti locali. Utilizzato da Antonio Gramsci per delineare alcuni elementi essenziali della sua strategia. Lo stesso Palmiro Togliatti, forse perché nato da una famiglia d’origine piemontese e quindi con un pizzico di sangue sabaudo nelle vene, con la sua “via italiana al socialismo” tentò di tener vivo almeno un barlume di sentimento nazionale. Oggi scomparso, annegato in un cosmopolitismo che non ha neppure la dignità del vecchio internazionalismo proletario.

Non si comprende che, a causa di queste fratture inconciliabili, l’Italia paga un prezzo enorme. È un grande buco nero nella più grande tradizione europea. I francesi sono innanzitutto francesi. Poi possono essere di destra o di sinistra. Gollisti o socialisti. Il vecchio partito comunista – il PCF – scomparve prematuramente per le due posizioni fin troppo filo-sovietiche. Che all’improvviso gli alienarono ogni simpatia popolare. I tedeschi sono quelli di Deutschland über alles (la Germania sopra tutto). Una base patriottica che ha continuamente reso possibile la Große Koalition, nonostante le perdite, di volta in volta, subite dalle sue due principali componenti: popolari e socialisti. Mentre in Inghilterra l’esercito, ancora oggi, marcia sotto le insegne di Sua Maestà britannica. Una personificazione dell’unità nazionale.

Di fronte a questi esempi l’anomalia italiana è più che evidente. Un fattore di debolezza nella grande competizione che domina il Continente. E di cui le principali forze politiche italiane, tutte prese nelle loro beghe di cortile, purtroppo non si rendono nemmeno conto.

Back To Top