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Istituti Di Ricerca Cinesi

Come va davvero l’economia cinese. Fatti, numeri e analisi (Trump gongola via Twitter)

Nel secondo trimestre dell'anno il Pil della Cina è aumentato del 6,2%, registrando il ritmo di progressione più debole dal 1992. Ecco dettagli e commenti

 

Rallenta l’economia cinese, scontando le tensioni commerciali con gli Stati Uniti: nel secondo trimestre il Pil del colosso asiatico è aumentato del 6,2% su anno, registrando il ritmo di progressione più debole dal 1992, ovvero dall’inizio della pubblicazione dei dati trimestrali.

CHE COSA DICE LA CINA DELLA SUA ECONOMICA

La crescita resta però nella forchetta tracciata da Pechino per il 2019, ovvero tra il 6% e il 6,5%. “Il contesto economico – ha sottolineato un portavoce dell’Ufficio nazionale di statistica – resta complicato, in Cina come all’estero, la crescita mondiale rallenta e l’instabilità e le incertezze esterne aumentano”. Rispetto al primo trimestre, il Pil cinese è cresciuto dell’1,6 per cento.

I SINGOLI SETTORI

La scomposizione settoriale del valore aggiunto – ha commentato l’ufficio studi di Intesa Sanpaolo – “indica che il miglioramento del settore agricolo e una stabilita’ dei servizi (7% a/a, invariato rispetto al 1? trimestre) non sono riusciti a compensare il rallentamento del settore industriale il cui tasso di crescita ha toccato il minimo degli ultimi 6 trimestri (a 5,6% a/a da 6,1% a/a nel 1? trimestre)”.

COME TWITTA TRUMP

“La crescita del secondo trimestre in Cina è la più lenta in oltre 27 anni. I dazi statunitensi stanno avendo un grosso effetto sulle aziende, che vogliono lasciare la Cina per [trasferirsi in] Paesi non colpiti dai dazi. Migliaia di società se ne stanno andando. Ecco perché la Cina vuole fare un accordo” commerciale con gli Stati Uniti. Lo ha scritto su Twitter il presidente americano, Donald Trump, commentando la frenata dell’economia cinese, cresciuta al tasso annuo del 6,2% nel secondo trimestre. Il dato e’ stato in linea alle stime e segue il +6,4% del primo trimestre e il +6,6% del 2018. Secondo Trump, la Cina “vorrebbe non aver fatto saltare l’accordo originale [quello che all’inizio di maggio sembrava a portata di mano quando poi Washington ha accusato Pechino di essersi tirata indietro rispetto a impegni già presi]. Nel frattempo, stiamo ricevendo miliardi di dollari in dazi dalla Cina, con la possibilità che ne arrivino molti di più. Questi dazi sono pagati dalla Cina che svaluta e pompa [denaro], non dai contribuenti statunitensi!”. Nonostante la tregua commerciale siglata il 29 giugno scorso nell’ambito del G20 in Giappone, Trump continua a usare una retorica dura contro la nazione presieduta da Xi Jinping. Le trattative sono riprese, per ora telefonicamente. La settimana scorsa l’amministrazione Usa aveva detto che presto una delegazione americana sarebbe volata a Pechino. Per Trump “in quanto nazione stiamo andando economicamente bene, [siamo] i numeri uno nonostante la politica antiquata della Fed sui tassi e le strette. Ancora tanto spazio per crescere”.

CHE COSA E’ SUCCESSO ALLA PRODUZIONE INDUSTRIALE

La produzione industriale cinese e’ cresciuta del 6,3% su anno a giugno: lo ha reso noto l’Ufficio nazionale di statistica. Si tratta di un risultato ampiamente migliore rispetto alle attese degli analisti, che indicavano un +5,2%, in leggero miglioramento rispetto alla performance di maggio (+5%), la peggiore degli ultimi 17 anni. L’istituto nazionale di statistica ha anche reso noto che le vendite al dettaglio a giugno sono aumentate del 9,8% su anno, in deciso miglioramento rispetto al +8,6% di maggio e rispetto alle attese del mercato (i principali panel scommettevano su un’ulteriore frenata, attestandosi tra +8,3% e +8,5%).

LA FIAMMATA DELLE AUTO

Un risultato raggiunto grazie alla fiammata (+17,2%) delle vendite di auto. Alcuni analisti, tuttavia, hanno messo in dubbio l’apparente ripresa sia della produzione che delle vendite. Perché i concessionari di automobili in Cina stanno offrendo grandi sconti ai clienti per ridurre le scorte elevate che si sono accumulate a causa degli standard sulle emissioni che stanno cambiando. La produzione di autoveicoli è in realtà diminuita del 15,2%, l’undicesima diminuzione mensile consecutiva, il che suggerisce che le case automobilistiche non si attenderanno presto un rimbalzo sostenuto della domanda.

I DATI SU ESPORTAZIONI E IMPORTAZIONI

Le esportazioni sono scese dell’1,3% a/a in giugno, dopo un aumento dell’1,1% in maggio, mentre le importazioni hanno segnato un calo del 7,3% a/a dopo quello dell’8,5% a/a in maggio. Entrambe le variabili risentono di un sensibile effetto base sfavorevole e i dati destagionalizzati segnalano una dinamica tendenziale debole ma ancora positiva per le esportazioni e un calo meno pronunciato per le importazioni. Sulle esportazioni ha verosimilmente influito l’aumento dei dazi da parte dell’amministrazione americana (le esportazioni vs gli USA sono scese dell’11,5% a/a, in peggioramento rispetto al calo del 4,1% di maggio), e la debolezza della domanda estera, come testimonia la contrazione degli ordini rilevata dagli indici PMI sia in molti paesi asiatici sia nell’Area Euro.

IL COMMENTO DI INTESA SANPAOLO

“La contrazione tendenziale delle importazioni – commenta l’ufficio studi di Intesa Sanpaolo – riflette in parte la fiacchezza della domanda interna: le importazioni in volume delle principali materie prime industriali sono infatti rallentate, ad eccezione del greggio e i derivati, e l’aumento di quelle di prodotti agricoli potrebbe essere legato alla volontà di assecondare le richieste americane, soprattutto per quanto riguarda la soia. Il rallentamento degli ordini segnalato dagli indici PMI e la prospettiva dell’introduzione dei dazi su tutte le importazioni cinesi da parte degli USA, lascia ancora deboli le prospettive del commercio estero nei prossimi mesi”.

LE PREVISIONI DEGLI ANALISTI

Ora gli analisti iniziano a domandarsi quanto potrebbe crescere la Cina nel secondo semestre se la guerra dei dazi continuerà a questi livelli. “La crescita potrebbe rallentare dal 6% al 6,1% nella seconda metà”, ha scritto Nie Wen, economista di Hwabao Trust. “Questo testerebbe l’intervallo inferiore del target 2019 di Pechino del 6-6,5%”.

Un ulteriore taglio dei coefficienti di riserva delle banche (RRR) “è ancora molto probabile in quanto le autorità vogliono sostenere l’economia reale a lungo termine”, ha aggiunto l’esperto citato da Mf/Milano Finanza, prevedendo che l’economia continuerà a rallentare prima di stabilizzarsi verso la metà del 2020. La Cina ha già tagliato i coefficienti delle banche sei volte dall’inizio del 2018 per liberare più fondi per i prestiti. Gli analisti interpellati da Reuters prevedono ora altri due interventi fra questo trimestre e il prossimo.

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