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Germania

Come sta evolvendo il Coronavirus in Italia? Bene o male?

Fatti, numeri, impressioni e scenari (non solo in Italia) sul Coronavirus. Il post di Peter W. Kruger Ieri è stato il giorno storico (grande notizia) in cui la Cina non è più il Paese che produce più contagi. Ieri, infatti, la Corea del Sud, con +505 casi, ha superato la Cina con +450 casi. La…

Ieri è stato il giorno storico (grande notizia) in cui la Cina non è più il Paese che produce più contagi. Ieri, infatti, la Corea del Sud, con +505 casi, ha superato la Cina con +450 casi. La Cina pare ce la stia facendo.

Ma perché questo è importante per noi?

Perché ieri è stata anche la giornata storica (pessima notizia) in cui l’Italia, con 17 decessi, ha superato il numero di decessi della Corea del Sud (13 decessi).

Eppure, abbiamo poco più di un terzo (650) dei casi della Corea del Sud (1766). Qualcosa non torna? Certo, i coreani stanno facendo 5 volte i test che facciamo noi. Stanno esagerando? No, stanno semplicemente cercando di mappare la diffusione del virus tenendo testa alla sua propagazione.

Ma c’è un altro dato allarmante. Quei 17 decessi italiani si stanno avvicinando molto rapidamente ai 25 decessi registrati il 23 gennaio scorso nell’Hubei che hanno portato le autorità di Pechino all’immediata messa in quarantena della provincia e al suo isolamento dal resto della Cina.

Ma non abbiamo già istituito le zone rosse? Sì. E non è sufficiente? Speriamo. Il fatto è che le nostre zone rosse coprono circa 50.000 abitanti, mentre l’Hubei ha una popolazione di 57 milioni, quasi grande come l’Italia intera.

Per aver fatto osservazioni banali come queste, mi sono sentito dare dell’allarmista, perfino del terrorista. Eppure, da un mese a questa parte, cioè da quando è partito il lockdown a Wuhan, provo a porre le semplici domande che nessuno pare interessato a fare (media, autorità, esperti). E faccio previsioni. Semplici previsioni che chiunque con un minimo di cultura statistica può fare. Previsioni che si rivelano quasi sempre esatte e, quando non lo sono, è solo per eccesso di ottimismo.

Ad esempio, domenica scorsa, avevo previsto che in meno di una settimana saremmo arrivati a 1000 casi. Non l’avessi mai detto. Sta di fatto che ieri abbiamo chiuso a 650 e, agli attuali tassi di crescita (fortemente sottostimati a mio avviso), in due giorni ci arriviamo. Per inciso, questo indica che il Coronavirus in Italia sta crescendo ad un tasso giornaliero del +40%.

E, il virus non si ferma certo lì. Se le misure introdotte dal governo non si riveleranno capaci di rallentare la velocità di propagazione, dopo un’altra settimana potremmo ritrovarci già con 10.000 casi (1000-3000 ospedalizzazioni). Questa è la natura delle dinamiche esponenziali.

Ora, a questo punto, in un paese normale, cos’altro aggiungere? Fine del dibattito! Io potrei chiuderla qui e tornarmene al lavoro. Ma…

Ma, mentre il Giappone che ha un terzo dei nostri casi (e un quarto dei decessi), decide di chiudere tutte le scuole della nazione mandando 13 milioni di alunni a casa, da noi tutto il dibattito ruota attorno al tema: “ueh, figa, ce lo facciamo finalmente questo prosecchino, sì o no?”

Ma noi siamo quel Paese, unico al mondo (con l’eccezione dell’Iran), dove l’”esperto” durante la conferenza stampa del ministro ti rivela candidamente che, no, d’ora in poi i dati sui casi non ve li daremo più (a meno che non siano gravi). Una censura che neppure la Cina.

Ma noi siamo il Paese dove, mentre cominciano ad emergere le prime situazioni di crisi negli ospedali per mancanza di posti, e mentre a Milano iniziano a saltare fuori come funghi i casi di Coronavirus fin dentro il Teatro La Scala e l’entourage del Governatore del Pirellone, il sindaco della candidata futura Wuhan, anziché preoccuparsi di quale sia la reale situazione nella città (non abbiamo neppure il dato dei contagi!), siccome la pressione di ristoratori fighetti e aperitivisti della night life meneghina è troppo forte, chiede di riaprire le scuole della città.

Ma noi siamo il paese dove, mentre il resto del mondo si domanda come affrontare l’onda d’urto che gli sta per arrivare (guardate solo cosa sta succedendo negli Usa), viviamo un dibattito surreale in cui l’ex Ministro dell’Interno si dichiara disponibile a fare un governo per andare alle elezioni (elezioni? Quali elezioni?).

In tutto questo, il governo ha deciso di adottare un nuovo approccio (sarà almeno il terzo in una settimana): d’ora in poi censura stretta sui dati e narrazione “rassicurante”, magari allentando anche un po’ di controlli (già blandi) per incoraggiare (chi? Parlate con le persone. Stanno già tutti nel panico). E io non so più cosa dire. Ho provato a ironizzare, a gridare, a piangere, a ridere. Tutto inutile, ovviamente. Allora, questa volta sarò serio.

Il pattern di disastri sequenziali nella gestione di questa emergenza da parte vostra è ormai conclamato. Ora, state decidendo di adottare una strategia che va contro il modo in cui Paesi ben più attrezzati di noi hanno affrontato o stanno affrontando questa crisi. Magari avete ragione voi. Magari è la strategia giusta (anche se tutto sembra indicare il contrario). In tal caso, se avete ragione, proporrò personalmente di innalzare una statua equestre al nostro attuale Presidente del Consiglio.

Ma pensateci bene. È da un mese che seguo con una certa attenzione questa storia. Ho visto quello che è successo a Wuhan, per non parlare del resto della Cina. Nessuno spera più di me che tutto questo si risolva in una gigantesca bolla di sapone. Ma adesso è il tempo di mantenere la testa lucida. Perché le crescite esponenziali non aspettano voi. Per ogni giorno che passa senza azioni efficaci, il problema cresce del 40%, non solo le infezioni, anche i danni e i costi cui andremo incontro. E la sensazione è che stiamo già arrivando ai limiti del sistema.

E, come sempre, spero di essere smentito. Ma chiamatemi pure Osama Bin Corona.

Peter W. Kruger

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