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Di Maio

Come sono andati gli incontri di Di Maio in Libia? Il corsivo di Gagliano

La missione in Libia del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, commentata da Giuseppe Gagliano

In uno scenario che tiene conto delle forze effettive in campo gli appelli della comunità internazionale fatti in questi ultimi mesi sulla Libia si sono rivelati semplicemente privi di qualunque riscontro con la realtà.

Infatti Haftar ha proseguito in modo spregiudicato la sua offensiva per la conquista di Tripoli grazie al sostegno degli Emirati Arabi Uniti, dell’Egitto, dell’Arabia Saudita e naturalmente delle migliaia di mercenari sudanesi presenti nel suo esercito.

Proprio per questa ragione ben difficilmente la risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu sul cessate il fuoco -analogamente alla conferenza di Berlino prevista per il 19 febbraio – potranno realmente incidere sull’attuale conflitto libico.

Non si deve dimenticare infatti che ad esempio proprio attorno a Tripoli i voli sono stati sospesi e come ha esplicitamente dichiarato il portavoce delle forze armate di Haftar, Ahmed al-Mismari, le forze armate non possono più garantire la sicurezza degli operatori in vista di possibili e prevedibili attacchi da parte della Turchia.

In questo drammatico scenario – destinato a modificarsi quotidianamente e certamente imprevedibile – si è svolto il viaggio del ministro degli Esteri, Luigi Maio, anche per consentire al nostro paese di riconquistare una posizione geopolitica di rilievo che, oramai tutti gli osservatori e gli analisti internazionali, danno per inevitabilmente persa.

Ora – al di là delle intenzioni da parte del Ministro degli Esteri di lavorare per un cessate il fuoco permanente e al di là della bozza di memorandum d’intesa con Tripoli che prevederebbe un contributo di 800 milioni di euro da distribuirsi in alcuni anni allo scopo di avviare programmi per impedire l’immigrazione irregolare, il traffico di essere umani e il contrabbando -la dinamica conflittuale attualmente in corso non sarà decisa dall’Onu e tantomeno dagli ammonimenti internazionali ma dalla logica di potenza militare e dagli interessi geopolitici degli attori esterni, i veri protagonisti del conflitto libico.

La grammatica con la quale parlano i player in Libia è insomma altra rispetto a quella sia dell’Onu che della politica estera italiana.

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