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Prodi sballotta Macron su Africa e difesa. Ecco come e perché

Che cosa ha scritto l'ex premier Romano Prodi in un editoriale sul quotidiano Il Messaggero a proposito di parole e azioni del presidente francese Emmanuel Macron

 

Sul “Messaggero” di ieri, l’ex premier Romano Prodi è intervenuto nel dibattito sulla Nato e il futuro della Difesa europea aperto dall’intervista rilasciata dieci giorni fa dal presidente francese Emmanuel Macron all’Economist.

L’editoriale dell’ex presidente della Commissione Ue si apre con un’ammissione: il capo dell’Eliseo “ha perfettamente ragione quando dichiara che la Nato deve essere radicalmente riformata e l’Ue deve assumere la responsabilità di costruire una propria politica estera e di difesa”.

Detto questo, Prodi passa all’attacco nei confronti di una politica estera – quella francese – che negli ultimi anni “si è radicalmente discostata da questi obiettivi”, riservando all’Italia più di uno sgarbo.

In Libano, ad esempio, Macron “è intervenuto nella politica interna… senza nemmeno parlare al nostro governo”: una scorrettezza imperdonabile, considerato che dal 2006 l’Italia schiera nel Paese dei Cedri un migliaio di soldati che sono, rimarca Prodi, “i principali garanti di un difficile pace”.

C’è poi la questione della Siria, che Macron ha bombardato “senza farne parola alla Germania”.

Ma le scelte più gravi della Francia di Macron, a detta del fondatore dell’Ulivo, sono avvenute nel contesto della guerra di Libia, dove il comportamento dei nostri cugini d’Oltralpe è stato come minimo “ambiguo”.

A fronte di questa sfilza di dispetti, cos’ha fatto qualche giorno fa la ministra della Difesa francese? Come ricorda Prodi, la signora Florence Parly “ha chiesto agli europei un aiuto comune nel portare avanti l’azione militare che la Francia sta sostenendo da sei anni in Mali per contenere senza successo i gruppi armati islamici che (stanno) dilagando in tutti i paesi a sud del Sahara”.

E qui l’osservazione che fa Prodi è che “un’azione europea contro il terrorismo così impegnativa, così gravosa in termini di costi e così rischiosa in termini di vite umane, può essere portata avanti solo se fondata su una politica comune”.

Il motivo è presto detto: per il due volte presidente del Consiglio, è “impossibile mettere in atto un’operazione militare congiunta in qualsiasi paese del Mediterraneo o dell’Africa se i rapporti con quel paese vengono gestiti in modo esclusivo da un solo governo europeo”.

Questo, anzi, è secondo Prodi “l’ostacolo che maggiormente si oppone alla costruzione di una politica estera e della difesa europea”.

La quale, sottolinea, è un obiettivo – anche, se non soprattutto, in termini di costi – un obiettivo “alla nostra portata”, visto e considerato che Paesi con una stazza inferiore all’Europa e un Pil assai più contenuto come Russia e Turchia già conducono una politica di ampio respiro almeno su scala regionale.

In merito agli investimenti necessari a mettere insieme un esercito comune, Prodi ha anzi buon gioco a rimarcare come “i costi… sarebbero compensati dai risparmi su quanto oggi si spreca in conseguenza delle attuali disfunzioni organizzative e della mancata standardizzazione degli armamenti”.

Quello dell’ex premier è, insomma, un via libera al sogno di una Difesa Ue e, al tempo stesso, un monito a chi, come Macron, crede di poter giocare questa carta barando.

(estratto dal Taccuino estero di Policy Maker)

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