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Germania Merkel Cina

Chi borbotta in Germania per il no di Merkel a Weidmann alla Bce

L'articolo di Tino Oldani, già a Panorama, ora firma di Italia Oggi, su quello che si scrive in Germania su Merkel e Bce

Da qualche tempo anche Angela Merkel non gode più del favore dei media in Germania. E le sue scelte politiche, osannate quasi sempre nei 12 anni che l’hanno visto finora al potere, cominciano a essere contestate proprio sui giornali più autorevoli.

Il caso più recente riguarda il futuro presidente della Bce (Banca centrale europea): come successore di Mario Draghi, il cui mandato scadrà nel novembre 2019, i media tedeschi erano convinti che sarebbe stato scelto Jens Weidmann, attuale governatore della Bundesbank, la Banca centrale della Germania, il quale già siede nel board della Bce, ha fama di falco monetario e sovente si è dichiarato in disaccordo con la politica accomodante di Draghi.

Che la gestione di Draghi non sia ben vista in Germania, non è un mistero. Più di 150 economisti hanno firmato un manifesto in cui si accusa la Bce di avere creato, a seguito del Quantitative easing e del meccanismo monetario Target 2, un credito inesigibile di quasi un trilione di euro in capo alla Germania, a fronte del quale vi sarebbero posizioni debitorie dei paesi cicala, in primo luogo dell’Italia, debitrice per oltre 450 miliardi di euro. Il che, per gli economisti tedeschi, equivale a una rapina bancaria a danno del bilancio della Germania e dei virtuosi risparmiatori tedeschi, costretti a comprare bond a rendimento zero a seguito della politica accomodante della Bce sui tassi d’interesse.

Proprio per questo erano davvero in molti, in Germania, a puntare sulla nomina di Weidmann a capo della Bce. Ma la Merkel, che nel risiko delle nomine Ue gioca da anni un ruolo di king maker, ha deciso diversamente, facendo trapelare attraverso i media che, dopo le prossime elezioni europee, punterà ad ottenere la poltrona di presidente della Commissione europea, occupata finora dal lussemburghese Jean-Claude Juncker, e non quella del capo della Bce. Una mossa accolta in Germania con eccezionale sfavore, per non dire come un tradimento.

Lo conferma un editoriale della Faz (Frankfurter allgemaine zeitung), firmato da Holger Stelzner, uno dei direttori del quotidiano, che scrive: «La cancelliera Angela Merkel ridicolizza un altro presidente della Bundebank. In passato aveva già negato ad Axel Weber il suo sostegno politico per il passaggio al vertice della Bce, aprendo in questo modo la strada a Mario Draghi, il quale, con i tassi di interessi negativi, ha svalutato i risparmi e ha pompato i prezzi delle attività sul mercato immobiliare.

Eppure molti continuano a celebrare il presidente italiano della Bce come il salvatore dell’euro, sebbene abbia messo la Bce al servizio della politica, oppure proprio per questa ragione. A Draghi non interessava che alla banca centrale fosse vietato finanziare gli Stati. Con i giganteschi acquisti di titoli di stato ha trasformato la Bce nel più grande creditore dei paesi dell’eurozona».

Dopo la bocciatura di Draghi, il direttore Stelzner passa agli elogi per Weidmann: «La Germania ora aveva di nuovo la possibilità di esprimere il presidente della Bce. Jens Weidmann, presidente della Bundesbank, in quanto eccellente politico monetario, sarebbe stato un ottimo candidato per la successione di Draghi. Weidmann avrebbe potuto riconciliare i tedeschi con l’euro, scegliendo di rimettere la Bce sulla strada della normalizzazione della politica monetaria. La cancelliera, nonostante il rifiuto proveniente dall’Italia, avrebbe comunque potuto imporre Weidmann. Ma la signora Merkel, ancora una volta, non vuole un tedesco al vertice della Bce».

Che ciò sia dovuto a un veto italiano, il direttore della Faz non lo dimostra in alcun modo. Gli basta buttare lì l’ipotesi, per trarne alcune conseguenze nefaste: «Il fatto che un tedesco non sia candidabile per questa posizione ci dice molto sullo stato di salute dell’Unione monetaria. L’Italia ha di fatto un diritto di veto sulla nomina del presidente della Bce? Può diventare presidente della Bce solo chi è disposto ad acquistare obbligazioni governative?».

Attenzione: se questo è il credo politico del maggiore quotidiano di Francoforte, dove hanno sede la Bce e le teste d’uovo dei mercati finanziari, non ci vuole molto per capire che il governo Lega-M5s si troverà di fronte a un muro invalicabile quando cercherà di far passare in Europa una legge finanziaria per il 2019 con un deficit sopra il 3%, quindi con un inevitabile aumento del debito pubblico. E dietro quel muro potrebbe esserci il «cigno nero» evocato più volte da Paolo Savona, ovvero un crollo dei titoli di stato italiani, un rischio di insolvenza pubblica, e l’arrivo della Troika a Roma.

Ma restiamo sulla dura filippica della Faz, che spara altre bordate contro la Merkel. «La cancelliera non ha alcuni interesse ad avviare un corso diverso della Bce. A dimostrare l’incapacità del governo federale, c’è il fatto che anche Berlino preferisce avere a Francoforte qualcuno che fa politica per i debitori, e non si preoccupa delle conseguenze per i risparmiatori e per le pensioni». Accusa pesantissima quest’ultima, che tocca un nervo scoperto di milioni di tedeschi.

Per questo la Faz affonda il colpo: «Nelle interviste domenicali, i politici tedeschi ci dicono che si riconoscono nei valori della Bundesbank. In realtà il governo federale si è schierato sul fronte opposto. Davanti alla Corte costituzionale tedesca, quando si discuteva dei tanto contestati acquisti dei titoli di Stato, i rappresentanti di Berlino erano palesemente seduti al fianco della Bce. Ovviamente per Merkel le preoccupazioni dei risparmiatori sono totalmente irrilevanti, esattamente quanto lo è il divieto di finanziamento monetario degli stati per Draghi».

Ma perché puntare sulla presidenza della Commissione Ue, invece che su quella della Bce? Sostiene il direttore della Faz: «Merkel ha deciso contro Weidmann perché al centro della sua politica non ci sono i risparmiatori o i contribuenti, ma i rifugiati. Vorrebbe continuare la sua politica sui rifugiati a livello europeo e redistribuire i migranti all’interno dell’Ue, politica contro la quale vi è una forte resistenza in Europa. Un presidente Ue di sua fiducia le sarebbe utile per poterla realizzare». Un gioco di potere a perdere, a giudizio della Faz, perché «Draghi ha mostrato che un presidente Bce, consapevole dei propri poteri, in otto anni ottiene molto di più di un presidente della Commissione Ue in cinque anni».

Articolo pubblicato su Italia Oggi

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