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Deep State

Che cosa stanno meditando Nato e Usa dopo la rottamazione trumpiana del trattato Inf

Il Punto di Marco Orioles

 

Sono scaduti venerdì i sei mesi di tempo posti da Donald Trump alla Russia affinché tornasse a rispettare i termini del trattato Inf siglato nel 1987 da Ronald Reagan e Mikhail Gorbaciov che aveva messo al bando i missili nucleari a corto e medio raggio basati a terra.

Mosca è accusata di averlo violato sviluppando un nuovo missile cruise, il Novator 9M729 noto in ambienti Nato come SSC-8.  Secondo l’amministrazione Trump, la Russia ha dispiegato “molteplici batterie” del nuovo sistema missilistico anche nella Russia occidentale, dove hanno “la capacità di colpire obiettivi europei critici”.

Essendosi  rifiutata di ottemperare alle ingiunzioni americane, Washington non ha potuto far altro che mantenere l’impegno di formalizzare il proprio ritiro dal trattato.

“Gli Stati Uniti”, ha dichiarato il Segretario di Stato Mike Pompeo, “non rimarranno parte di un trattato che viene deliberatamente violato dalla Russia. Il non rispetto del trattato da parte della Russia mette a repentaglio i supremi interessi degli Usa visto che lo sviluppo e il dispiegamento da parte della Russia di un sistema missilistico in violazione del trattato rappresenta una minaccia diretta agli Usa e a nostri alleati e partner”.

La Russia tuttavia continua a negare ogni addebito, sostenendo che il missile in questione ha un raggio d’azione limitato che lo pone entro i limiti stabiliti dal trattato. “A Washington”, ha dichiarato il Ministero degli Esteri russo, “hanno commesso un serio errore. Noi abbiamo già introdotto una moratoria unilaterale e non dispiegheremo missili basati a terra di corto o medio raggio, se li otterremo, in regioni dove vi siano analoghi missili Usa”. Mosca accusa inoltre l’America di aver violato essa stessa il trattato Inf, dispiegando in Europa lanciatori MK-41 capaci di scagliare missili cruise a medio raggio.

Secondo il Wall Street Journal, la Nato sta studiando varie opzioni per fare i conti con la minaccia dei missili russi evitando però di scatenare una corsa alle armi. Tra le misure considerate ci sarebbero, secondo il quotidiano finanziario, “rafforzare le difese missilistiche, intensificare l’addestramento delle forze armate e coinvolgere in esercitazioni aerei e navi che possano portare missili nucleari”. In discussione anche il varo a breve di piani militari che consentano a paesi come Polonia, Estonia, Lettonia e Lituania di “dispiegare in trenta giorni o meno 30 battaglioni meccanizzati, 30 squadroni aerei e 30 vascelli da combattimento”. Infine, aggiunge il WSJ, gli Usa hanno in programma di “sviluppare missili basati a terra di medio raggio”, anche se “non hanno ancora discusso con gli alleati il loro dispiegamento in Europa”.

Secondo la CNN, gli Usa potrebbero testare un nuovo modello di missile già nelle prossime settimane, e del resto il Pentagono a marzo aveva fatto sapere di essere al lavoro su un nuovo prototipo che sarebbe stato operativo entro 18 mesi. I luoghi in cui questi nuovi missili saranno collocati sono ancora in fase di studio, ma l’idea è di posizionarli laddove possano prendere di mira e colpire le difese russe, i porti, le basi militari e le infrastrutture critiche.

Alla CNN, il direttore per il disarmo dell’Arms Control Association ha tuttavia spiegato che nessun membro Nato parrebbe “desideroso di ospitare i nuovi missili Usa a medio raggio”. Al contrario, vari membri dell’Alleanza, tra cui la Polonia, hanno chiarito che ogni decisione sul dispiegamento delle batterie dovrà essere approvato da tutti i membri Nato.

 

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