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Stati Uniti Russia

Che cosa si dice in Russia del prossimo incontro fra Putin e Trump

L’approfondimento di Luigi De Biase, già al Foglio, ora al Tg5, esperto di Russia ed Europa dell’est, autore della newsletter settimanale Volga Così Donald Trump vedrà Vladimir Putin il 16 di luglio a Helsinki, la città in cui gli agenti sovietici sbrigavano le pratiche ai tempi della Guerra Fredda. I particolari sostiene di averli stabiliti…

Così Donald Trump vedrà Vladimir Putin il 16 di luglio a Helsinki, la città in cui gli agenti sovietici sbrigavano le pratiche ai tempi della Guerra Fredda. I particolari sostiene di averli stabiliti l’ambasciatore americano Bolton, che ha discusso a Mosca in un solo pomeriggio con il ministro degli Esteri russo, Lavrov, con quello della Difesa, Shoigu, con il consigliere di Putin, Ushakov, e quindi con il grande capo. Alla Casa Bianca dicono che Trump e Putin in Finlandia discuteranno temi di sicurezza nazionale, il che è generico, ma di questi tempi significa sostanzialmente lotta al terrorismo e cybercrimini, comprese le interferenze nelle ultime elezioni americane.

Al Cremlino intendono trattare un paio di temi molto vicini agli interessi russi: prima di tutto disarmo, Siria e Ucraina, poi la situazione in Corea del Nord. Sia come sia, Putin ha usato l’incontro con Bolton anche per mandare un paio di messaggi interessanti negli Stati Uniti. A Trump, ai suoi e non solo. “Mi spiace constatare che i nostri rapporti non sono al punto migliore”, ha detto il presidente russo, secondo il quale lo stato delle cose dipende “dallo scontro politico che si svolge negli Stati Uniti”.

Anche per questa ragione Putin ha osservato sinora con estrema diffidenza le aperture di Trump nei confronti della Russia: nessun commento ufficiale dopo le dichiarazioni nel corso del G7 in Canada, nessuna fretta di affrontare nuovamente un faccia a faccia dopo quelli dello scorso anno ad Amburgo e Da Nang. Pazienza strategica contro il carattere mutevole di Trump.

Ma il capo del Cremlino ha davvero fretta di vedere Trump? Leggendo la stampa russa si ha l’impressione che abbia fatto quanto in suo potere per evitare l’incontro, stando ben attento a non urtare l’infinito ego del suo interlocutore. Per il presidente finlandese, Niinisto, in questa fase anche i piccoli passi possono aiutare a ridurre la tensione tra Russia e Stati Uniti.

Non è una frase di circostanza: ridurre la tensione appare oggi l’unico risultato possibile, anche perché i segnali arrivati sin qui da Mosca non permettono di immaginare un esito diverso. Persino la scelta di Helsinki riflette l’umore di Putin, ha scritto il sito del quotidiano RBK dopo la conferma dell’incontro. Quella è la comfort zone della Russia, oggi come ai tempi dell’Unione sovietica, quando la Finlandia era il primo punto di contatto fra il Cremlino e l’occidente. Lì si sono incontrati Ford e Brezhnev (1975), Bush e Gorbachev (1985) e poi di nuovo Clinton e Eltsin (1997).

Da allora nulla. Il dettaglio aiuta a comprendere lo spirito con il quale i russi preparano il vertice. Chissà se Bolton avrà notato il particolare nel momento in cui gli Stati Uniti hanno accettato la condizione di Putin: Helsinki, i russi, l’hanno preferita anche a Vienna, nonostante il governo austriaco attraversi un momento di rapporti clamorosi con il Cremlino. Dopotutto che cosa può portare un incontro con Trump? Sul piano economico la Russia comincia ad adattarsi alle sanzioni imposte proprio dagli Stati Uniti (negli ultimi mesi il Tesoro ha dimezzato i bond americani nel suo portafogli); sul piano politico si torna a parlare con l’Europa (i lavori del gasdotto NordStream 2 cominceranno in estate); su quello militare l’esercito prosegue il ritiro dalla Siria (oltre mille uomini sono tornati in patria negli ultimi giorni).

Anche il direttore del Consiglio russo per gli Affari internazionali, Andrei Kortunov, ha ribadito che la spinta per il vertice è arrivata dagli Stati Uniti: dopo il successo diplomatico in Corea del Nord, Trump vorrebbe chiudere l’estate con un altro colpo in politica estera. Negli ambienti atlantisti si teme certamente che il presidente americano si abbandoni a concessioni troppo generose nei confronti di Putin (in Gran Bretagna il Times parla già del “rischio di una pace” fra Washington e Mosca). In effetti Trump partirà per Helsinki dopo il summit della Nato che comincia l’11 di luglio, e la prospettiva del faccia a faccia imminente con il capo del Cremlino rischia di rendere vano l’incontro di Bruxelles. Ma sul punto, ovvero sulla possibilità di una svolta nelle relazioni fra Stati Uniti e Russia, nessuno si aspetta granché, quantomeno a Mosca.

Non a caso l’agenzia di stampa Ria Novosti ha lanciato la notizia dell’incontro assieme ad alcuni commenti del segretario di stato americano, Mike Pompeo, secondo il quale Trump spera in fin dei conti di mettere sul tavolo questioni sulle quali Putin sia disposto a discutere, ma che i temi veri siano pochi dato che la Russia non condivide i valori americani: l’obiettivo più realistico è abbassare la temperatura, per quanto possibile, nei rapporti tra Cremlino e Casa Bianca. Sui dossier reali i due blocchi appaiono ancora lontani.

Con la presidenza Trump gli Stati Uniti hanno alzato il livello delle sanzioni economiche contro la Russia; hanno compiuto raid militari sulla Siria; hanno fornito armi all’Ucraina e si preparano a rafforzare la presenza in Europa dell’est grazie al sostegno della Polonia. Neppure Obama si era spinto così a fondo. Cancellare il conflitto in tempi troppo stretti porterebbe conseguenze che l’occidente, e anche la Russia, farebbero fatica a gestire.

(tratto dalla newsletter settimanale Volga)

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