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Emirati

Alleati e nemici di Sarraj e Haftar in Libia. Mappa aggiornata

Che cosa sta succedendo in Libia tra Sarraj e Haftar. L'approfondimento di Marco Orioles

 

Anche se non erano necessarie, perché ormai sanno anche i sassi quel che sta succedendo in Libia, le 376 pagine di rapporto degli ispettori delle Nazioni Unite pubblicate martedì conferiscono se non altro il crisma dell’ufficialità ad un aspetto del conflitto del paese nordafricano che dovrebbe mettere in allarme i governi del mondo e particolarmente quello italiano.

Nel conflitto, certifica il documento del Palazzo di Vetro, sono attivi – oltre alle milizie del campo del GNA di Tripoli e alle forze del LNA del generale Khalifa Haftar – gruppi armati di vari paesi stranieri, che hanno messo a disposizione di ambedue i contendenti parecchie migliaia di combattenti.

Si segnala, in particolare, la presenza di cinque nutrite formazioni armate sudanesi e di quattro, altrettanto robuste, del Ciad. Non viene fatta menzione, invece, dei mercenari russi del famoso Wagner Group, la cui presenza sul suolo libico è stata documentata da numerose rivelazioni giornalistiche, confermata da varie fonti militari e definita dallo stesso rapporto ONU un “open secret”.

Il motivo di questa assenza nel rapporto ONU fresco di stampa è presto detto ed, è secondo un diplomatico al corrente del suo contenuto, che i contractor di Mosca hanno cominciato ad operare in Libia da poco e, dunque, solo quando gli ispettori del Palazzo di Vetro avevano già raccolto le loro informazioni sul terreno.

“Ad ogni modo – ha aggiunto il diplomatico – siamo al corrente che il panel (degli esperti Onu) è in procinto di raccogliere nuove prove sull’estensione dell’impegno russo, e la commissione riceverà un aggiornamento già nei prossimi mesi”.

Tra le altre scoperte fatte dagli ispettori Onu si segnalano anche i cospicui rifornimenti militari fatti da Giordania e Emirati Arabi Uniti alle forze di Haftar e, sull’altro versante, quelli della Turchia a beneficio dei combattenti di Tripoli – il tutto in aperta violazione dell’embargo Onu sulle armi in vigore dal lontano 2011.

Viene sottolineata, inoltre, la presenza, negli arsenali delle due fazioni, di materiale bellico costruito negli Usa, in Russia e in Cina – anche se gli ispettori escludono che vi siano stati rifornimenti diretti da parte di questi paesi.

Il rapporto si chiude con una nota preoccupata sulle attività dello Stato Islamico in Libia, che starebbe approfittando dell’attuale caos per rialzare la testa. A tal proposito, viene menzionato un recente video girato da gruppo jihadista in cui il n. 1 del movimento in Libia, Mahmud Massud al-Baraassi, dichiara che il paese nordafricano “è diventato ora uno dei principali assi per le future operazioni dell’Isis”.

“L’Isis in Libia” – si legge nel rapporto Onu – “finanzia le proprie attività attraverso furti, rapimenti con riscatto, estorsioni e il contrabbando attraverso i confini di manufatti e altri beni”.

Sempre secondo le Nazioni Unite, i jihadisti libici si procurerebbero parte dei propri proventi operando nel settore più redditizio nella nostra ex quarta sponda: il traffico di essere umani.

È in questo contesto che le operazioni militari in Libia stanno subendo una drastica accelerazione, sospinte dall’annuncio fatto via tv giovedì scorso da Haftar secondo cui è ormai imminente l’inizio della “battaglia decisiva” per “avanzare verso il cuore di Tripoli (e) liberarla”.

“È arrivata l’ora zero – ha scandito via etere il capo del LNA – per l’assalto totale (di Tripoli) che è atteso con ansia da ogni libico libero ed onesto”.

Da Tripoli, fonti del GNA hanno fatto sapere però che la situazione è “sotto controllo” e che i soldati stanno tenendo tutte le posizioni sul fronte a sud della capitale.

“Siamo pronti”, ha dichiarato il ministro dell’Interno Fathi Bashagha alla tv al-Ahrar, “a respingere ulteriori folli tentativi dal leader golpista Haftar”.

Nel fine settimana, l’ufficio media del LNA ha comunque diffuso immagini di rinforzi in movimento verso Tripoli, comprensivi di truppe di terra equipaggiate con pick-up armati di mitragliatrici. Sempre secondo l’esercito di HAftar, a sud della capitale ci sarebbero stati vari scontri conclusisi con la conquista da parte del LNA della cittadina di al-Tawghaar e l’abbattimento, nei pressi della località di Ain Zara, di un drone dell’esercito turco.

Un portavoce del LNA ha anche riferito di pesanti bombardamenti a Misurata che avrebbero preso di mira, oltre che un target più volte bersagliato come l’Accademia dell’aviazione, alcuni depositi militari sospettati di ospitare i droni che Ankara ha messo a disposizione del GNA.

La Turchia, come sappiamo, non se ne sta con le mani in mano. Dopo aver firmato lo scorso 27 novembre un accordo politico, militare ed economico con Sarraj, impegnandosi a difenderlo dall’assalto di Haftar e dei suoi numerosi sponsor internazionali, il governo di Ankara ha alzato ripetutamente e minacciosamente la voce negli ultimi giorni lasciando intendere di essere pronto a procedere con un intervento militare in Libia al fianco del periclitante GNA.

Sarraj, tra l’altro, ha avuto modo pochi giorni fa di parlarsi a tu per tu con il ministro degli Esteri e della Difesa turchi, Mevlüt Çavuşoğlu e Hulusi Akar, a margine di una conferenza internazionale a Doha, dove il capo della diplomazia di Ankara, pur negando di aver ricevuto da Tripoli formale richiesta di invio di truppe, ha ammesso candidamente che “mandare i soldati è il modo più facile” per sbloccare la situazione.

A Doha, tra l’altro, Sarraj ha incontrato anche il potente senatore Usa Lindsey Graham, uno di quelli la cui voce arriva diretta nelle orecchie del presidente Trump, e i due avrebbero affrontato a lungo un tema che in America viene seguito con estrema preoccupazione: quello della presenza in Libia dei mercenari russi.

Si deve molto probabilmente a questa mossa spregiudicata di Zar Putin la decisione del presidente turco Erdogan di minacciare di schierare tutta la forza del suo esercito nel campo di Sarraj. È un’intenzione che ha ribadito anche ieri al cospetto proprio di Sarraj, giunto ad Ankara per coordinarsi con l’alleato.

Parlando alla tv Haber dopo l’incontro con il primo ministro libico, Erdogan ha dichiarato che “siamo più che pronti a dare qualsiasi supporto necessario alla Libia”. “Proteggeremo – ha aggiunto il Sultano, ricordando il patto siglato due settimane fa a Istanbul con Sarraj – i diritti della Libia e della Turchia nel Mediterraneo Orientale”.

 

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