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Net Art? La risposta di Fabien Mousse

Uno degli aspetti più discussi dell’arte digitale è, da sempre, il suo statuto immateriale. Il dibattito si fa ancora più acceso nel caso della Net Art, il più delle volte pensata per essere fruita esclusivamente tramite Internet, una scelta che crea non pochi problemi al mercato dell’arte, legato per tradizione all’oggetto fisico, meglio ancora se a tiratura limitata.

 

Una risposta sarcastica viene dal francese Fabien Mousse, che ha deciso di fare arte “con” Internet e non “per” Internet. Tramite il suo sito web è infatti possibile acquistare un piccolo computer di gommapiuma su cui campeggia la scritta “Real Internet Art”, al modico prezzo di 30 euro. L’oggetto, già ironico di per sé, arriva a casa in una scatola di cartone, avvolto in tanti riccioli di polistirolo e accompagnato da un regolare certificato di autenticità, come ogni opera d’arte che si rispetti. L’artista, poi, invita gli acquirenti a filmare il momento dell’apertura del pacco, secondo una tradizione specifica della Rete e molto cara agli utenti di You Tube, l’unboxing, che consiste nell’aprire di fronte alla telecamera i propri gadget preferiti, per immortalare il momento più emozionante e condividerlo con gli altri appassionati. Sul sito ci sono già numerosi video che mostrano l’apertura della scatola, molti dei quali realizzati da artisti e curatori appassionati di Net Art e Post Internet Art (categoria usata per definire un multiforme movimento di artisti influenzati dalla cultura della Rete, ma non necessariamente attivi soltanto nell’ambiente immateriale del web).

Secondo le dichiarazioni dell’artista, il progetto non soltanto ironizza sui tanti tentativi, più o meno riusciti, di “materializzare” e commercializzare la Net Art, ma se la prende anche con la Net Art più frivola (quella delle “eye-candy web pages”, come la definisce Mousse) che sotto una finta patina concettuale nasconde invece un approccio decisamente superficiale. Una rinnovata invettiva di stampo duchampiano contro l’arte retinica, aggiornata ai tempi della Rete.

 

Valentina Tanni per Artribune  

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