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Vi spiego perché lo stop di Trump a Huawei e Zte negli Usa azzopperà pure Qualcomm e Broadcom

Lo stop avrà pesanti riverberazioni anche nelle realtà produttive Usa come Qualcomm e Broadcom, i cui microprocessori sono utilizzati da Huawei all’interno dei propri dispositivi. Il commento di Umberto Rapetto

È stato addirittura rispolverato il cosiddetto IEEPA, ovvero l’International Emergency Economic Powers Act emanato quarantadue anni fa, il 28 ottobre 1977 a voler essere precisi, che autorizza il Presidente ad adottare provvedimenti urgenti per disciplinare il commercio al verificarsi di una emergenza nazionale determinata da qualunque minaccia che – inusuale e straordinaria – arrivi da Paesi stranieri in danno agli Stati Uniti.

L’insidia? La solita. Secondo Washington le apparecchiature di rete realizzare da Huawei e adottate dagli operatori telefonici potrebbero essere utilizzati dal Governo cinese per spiare gli americani.

L’esito? Il blocco delle attività commerciali del colosso industriale di Shenzen che non potrà più approvvigionarsi di tecnologie a stelle e strisce (spesso sottoposte a processi di “reverse engineering” per copiarne i segreti di progettazione) e ovviamente non avrà più modo di vendere apparati sul suolo statunitense. L’ordine di Trump indirizza il Dipartimento del Commercio ad elaborare un piano operativo per attuare restrizioni e blocchi entro il prossimo mese di ottobre.

Lo stop in questione avrà indubbiamente pesanti riverberazioni anche nelle realtà produttive Usa come Qualcomm e Broadcom, i cui microprocessori sono utilizzati da Huawei all’interno dei propri dispositivi. Ma l’orientamento di Donald Trump non sembra subire interferenze: il veto alle società americane di comprare tecnologie tlc di produzione cinese poggia sul presupposto che quei prodotti mettono a rischio la sicurezza nazionale.

Trump sa perfettamente che questo suo sgambetto non fa inciampare solo i fabbricanti nazionali di microchip, ma porta a zoppicare il ciclo produttivo di Huawei che si vede privata di componentistica indispensabile per la realizzazione di determinati dispositivi, costretta a riprogettarne l’architettura e rallentata nella sua inarrestabile conquista dei mercati mondiali.

Il provvedimento presidenziale arrivato dalla Casa Bianca ha immediatamente messo in moto la burocrazia: il Department of Commerce ha subito confermato di aver inserito Huawei e altre settanta aziende a questa affiliate nella cosiddetta “Entity List”, quella che equivale – sulle vecchie lavagne di scuola – all’elenco di chi è stato cattivo (o comunque potrebbe esserlo).

Ad agosto scorso era già scattato un divieto che impediva alle articolazioni governative statunitensi di installare e utilizzare apparecchiature elettroniche di Huawei e Zte. Quest’ultima azienda – controllata dal Governo di Pechino che ne detiene la maggioranza – era finita nella “Entity List” già nel marzo 2016 con l’accusa di aver predisposto una articolata serie di passaggi commerciali che finivano con la riesportazione di prodotti americani a Paesi sotto embargo. Il pagamento di cospicue penali ed altri accordi hanno parzialmente riabilitato Zte, ma le recenti disposizioni di Trump rischiano di toccare una ferita non rimarginata.

Sul fronte cinese si fa forte la voce che gli Stati Uniti non si rendono conto che si troveranno penalizzati nell’incontenibile sviluppo delle reti 5G e ne pagheranno il relativo prezzo. Non bastasse il fermento presidenziale, la Nasa – nel frattempo – lancia l’allarme relativo ai problemi generati dai ponti radio 5G le cui frequenze andrebbero a disturbare i satelliti utilizzati per le previsioni meteorologiche. Ma questa è un’altra storia e forse è solo il preludio ad altri segnali di insofferenza.

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