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Verità e incertezze su tamponi, test seriologici e immunità di gregge. L’analisi di Crisanti & Co.

Si continui sulla strada dei tamponi anche nella fase 2, occhio ai test seriologici (non si può rilasciare alcun “patentino di immunità”). E' quanto sostiene il prof. Andrea Crisanti (Università degli Studi di Padova) che collabora con la Regione Veneto per le politiche anti Covid-19

“La Fase 2 sarà una fase di coesistenza con il virus, il cui impatto dovrà essere attivamente e rigorosamente limitato con misure preventive e di controllo senza precedenti”.

E’ quello che scrivono sul Sole 24 Ore Andrea Crisanti (Università degli Studi di Padova), Ruggero De Maria (Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma), Gioacchino Natoli (Istituto Europeo di Oncologia, Irccs, Milano), Pier Giuseppe Pelicci (direttore Area Ricerca, Istituto Europeo di Oncologia, Irccs, Milano) e Paolo Vineis (Imperial College, London).

La premessa dell’articolo è la seguente: Nel prossimo futuro, l’entità della circolazione del virus nella popolazione dipenderà ancora dalle misure di contenimento messe in atto. Tuttavia, esiste un consenso pressoché unanime sul fatto che nessuna di queste misure porterà all’azzeramento della circolazione del virus nella popolazione e quindi dei nuovi contagi. Quindi, la Fase 2 sarà una fase di coesistenza con il virus, il cui impatto dovrà essere attivamente e rigorosamente limitato con misure preventive e di controllo senza precedenti”.

Sì a continuare sulla strada dei tamponi, attenzione ai test seriologici. E’ in sostanza il consiglio di Crisanti (il professore ordinario nel dipartimento di Medicina molecolare dell’Università di Padova che collabora con la Regione Veneto nelle politiche anti Covid-19). Ecco quello che scrivono: “Il concetto di patente di immunità non ha attualmente fondamento scientifico. Indipendentemente dalla validazione dei test sierologici utilizzati, pur necessaria, non esiste al momento alcun test di laboratorio che consenta di stabilire con certezza la resistenza alla reinfezione degli individui portatori di anticorpi contro Sars-Cov2. Questo perché non esiste alcuna dimostrazione scientifica definitiva che la presenza di anticorpi circolanti contro Sars-Cov2 in individui guariti determini la resistenza dell’individuo a una nuova infezione. Quindi non si può rilasciare alcun “patentino di immunità”. Sperimentazioni cliniche per stabilire il grado della risposta immunitaria protettiva contro la reinfezione e la sua durata sono in corso in Italia e altrove e cominceranno a darci delle informazioni nei prossimi mesi. In assenza di dati certi, è bene evitare semplici equivalenze tra presenza di anticorpi e resistenza all’infezione”.

Non si è ancora stabilito se esista immunità di gregge, secondo gli autori dell’articolo: “La comunità scientifica è pressoché unanimemente concorde con l’escludere l’attuale esistenza di un’immunità di gregge in grado di contenere la successiva diffusione del virus nella popolazione. I cosiddetti studi di sieroprevalenza, consistenti nella determinazione dei livelli di anticorpi nel siero in campioni rappresentativi dell’intera popolazione Italiana o di specifiche comunità, stanno per essere avviati anche grazie alla validazione di nuovi test sierologici. Tuttavia è estremamente improbabile che, anche nel caso in cui si dimostrasse l’esistenza di una risposta immunitaria protettiva durevole, il numero di persone immunizzate al momento attuale sia sufficiente a conferire un’immunità di gregge”.

Infine, il capitolo tamponi: “La tempestiva identificazione attraverso il “tampone” dei soggetti contagiosi è un caposaldo essenziale e imprescindibile per la ripresa di un numero progressivamente maggiore di attività. L’assunto che la necessità di test di identificazione del virus attraverso i tamponi diminuirà nelle fasi successive dell’epidemia è profondamente errato: all’aumentare della circolazione della popolazione e delle attività lavorative corrisponderà un aumento della circolazione del virus e di conseguenza un aumento molto consistente della necessità di eseguire tamponi per la rapida identificazione e l’isolamento dei soggetti infetti e dei loro contatti. Ancorché il numero dei tamponi sia aumentato significativamente, il numero di test in Italia è insufficiente perfino alla gestione ordinaria nelle attuali condizioni di lockdown, come indicato chiaramente dalla osservazione che il numero di nuovi casi identificati oscilla parallelamente al numero di tamponi eseguiti. Sottolineiamo quindi ancora una volta la assoluta necessità di un significativo aumento del numero dei laboratori in grado di eseguire analisi su tamponi e di un adeguato coordinamento su ampia scala delle attività di acquisto e distribuzione dei test e delle attrezzature”.

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