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Huawei

Nato a rischio. Ecco perché Trump e Pompeo strapazzano l’Italia su 5G e Huawei

Che cosa si cela dietro il forcing dell'amministrazione Trump sull'Italia per il dossier Huawei-5G

“L’Italia è un alleato chiave della Nato, leader e garante della sicurezza nella comunità internazionale e partner affidabile”, secondo il Dipartimento di Stato Usa a proposito della visita di Mike Pompeo in Italia. Italia affidabile solo se rinuncia ad Huawei, specifica poi a La Stampa un alto funzionario dell’amministrazione americana.

Gli Usa tornano all’arrembaggio e chiedono all’Italia di mettere a bando la società cinese di Shenzen perché minerebbe la sicurezza nazionale e metterebbe anche la sicurezza della comunicazioni della Nato, che ha basi anche nel nostro Paese. Ma proprio l’Italia, e Roma in particolare, era pronta ad affidare all’azienda della Repubblica popolare – criticano ambienti americani – la sicurezza delle strade cittadine, con telecamere intelligenti che avrebbero catturato i dati biometrici dei passanti, secondo le preoccupazioni di alcuni media. Ecco tutti i dettagli

SICUREZZA NAZIONALE A RISCHIO

Gli Usa ribadiscono quello che dicono da tempo: la tecnologia Huawei metterebbe a rischio la sicurezza nazionale. Il 5G, a differenza del 3G e del 4G, aprirebbe le porte dello spionaggio al Partito Comunista cinese: “Huawei è interamente sostenuta dai finanziamenti del Partito comunista, e il suo stesso fondatore lavorava per gli apparati della sicurezza. La loro tecnologia è costruita per avere un collegamento diretto con Pechino, attraverso backdoor e falle”, ha spiegato il funzionario americano al giornalista Paolo Mastrolilli del quotidiano La Stampa.

“Se la teoria è che uno Stato cliente di Huawei possa proteggere il proprio network dallo spionaggio – aggiunge il funzionario- ciò è categoricamente falso, e noi lo abbiamo dimostrato. Con il 3G e 4G si poteva difendere il core, ma con il 5G non è possibile mitigare i rischi perla sicurezza, anche delle infrastrutture”.

ANCHE LA NATO A RISCHIO

Per gli Usa, affidarsi ad Huawei significherebbe mettere anche a rischio la Nato e le comunicazioni, Usa-Italia, potrebbero addirittura interrompersi.

“Noi pensiamo che se l’Italia si affidasse ad Huawei commetterebbe un grave errore, che minerebbe la vostra sicurezza e quella della Nato. Se l’Alleanza, a causa dei suoi Stati membri, non avesse un sistema di comunicazioni affidabile in tempi di conflitto, come potrebbe svolgere la sua missione di proteggere la sicurezza dei cittadini? Se l’interruttore fosse localizzato a Pechino, mettendola in condizione di spegnere a piacimento il sistema delle telecomunicazioni europee, ciò diventerebbe una minaccia non solo per la sicurezza dell’Italia, ma dell’intera Nato”, ha tuonato il funzionario anonimo a La Stampa.

A RISCHIO LE INFORMAZIONI SCAMBIATE

“Un sistema 5 G basato su fornitori non affidabili come Huawei o Zte metterebbe a rischio la sicurezza delle informazioni che ci scambiamo, ed è qualcosa che dovremmo decidere come gestire. Non pensiamo si arriverà a questo punto, ma è chiaramente un rischio”.

L’APPELLO

E perché Italia e Nato siano al sicuro, gli Usa lanciano ancora un nuovo appello in materia, diretto a Conte e a Palazzo Chigi: “Siamo fiduciosi che un alleato come l’Italia e il suo governo faranno la scelta giusta, il presidente Trump ha un’alta opinione del suo amico e premier Conte”.

WASHINGTON PROVA LE ACCUSE

Washington avrebbe dato prova a Roma di quanto teme: “Stiamo avendo conversazioni col governo italiano al massimo livello. Abbiamo condiviso le nostre informazioni, anche la settimana scorsa”.

L’ALLARME DEL CENTRO STUDI MACHIAVELLI

A lanciare l’allarme sicurezza sul fronte 5G ed Huawei è anche un recente report realizzato dal giornalista di Formiche, Francesco Bechis, e dall’analista indipendente Rebecca Mieli per il centro studi Machiavelli promosso da Guglielmo Picchi, ex sottosegretario della Lega al ministero degli Esteri nel governo Conte 1.

“Non sono da sottovalutare le remore statunitensi – si legge nel report – circa il traffico di dati sensibili che si ritroverebbero a viaggiare su una rete internet di progettazione cinese. Nei Paesi Nato (soprattutto Italia e Germania) queste preoccupazioni si accentuano a causa della presenza di basi militari e statunitensi e dell’Alleanza. Comunicazioni riguardanti informazioni militari o di intelligence potrebbero essere messe a rischio da una rete vulnerabile, un rischio che gli Stati Uniti (soprattutto secondo quanto dichiarato dal segretario di Stato Mike Pompeo) non sono intenzionati a correre31 e che si potrebbe tradurre nell’interruzione dei rapporti informativi tra funzionari militari e di intelligence”.

ITALIA GIA’ IN AFFARI CON HUAWEI

Ma l’Italia è già in affari con Huawei. I progetti sono numerosi. Nel mirino dell’Intelligence Usa c’è la giunta Raggi: Roma avrebbe siglato un accordo con Huawei per installare telecamere intelligenti per le strade di alcuni quartieri della Capitale. E proprio in occasione della tappa romana di Formula 2, ad aprile, la società cinese avrebbe installato i suoi sistemi di videosorveglianza in due aree del centro della Capitale, San Lorenzo e l’Esquilino, sottolineano ambienti Usa: una scelta, questa, che dovrebbe contribuire ad aumentare la sicurezza, ma che permetterebbe anche ad Huawei (e quindi alla Cina?) di catturare i dati biometrici dei passanti, ha denunciato Formiche fondata da Paolo Messa, “la macchina editoriale più apprezzata a Washington”, secondo Dagospia, che ha dato conto in maniera esaustiva giorni fa della festa per i 150 numeri di Formiche con la presenza di un ospite d’onore. il capo dei Servizi, Gennaro Vecchione, ora nel ciclone per il Russiagate italiano.

DATI GESTITI DALLE TELCO

Huawei, anche tramite le parole di Luigi De Vecchis, spiego che a trattare i dati non sarebbero stati i costruttori di dispositivi, ma gli operatori telefonici e i proprietari dei sistemi operativi. Ma è impossibile, come hanno confermato alcuni esperti di sicurezza sentiti da Formiche.net, essere certi che le informazioni non prendano altre vie.

CHE FINE HANNO FATTO GLI ACCORDI?

Ed è proprio Formiche.net che in questi giorni si chiede fino a che punto ci si è spinto: “Sono in molti, oggi, a chiedersi che ne è stato di quegli accordi e se il Comune di Roma non li abbia più finalizzati o se le telecamere siano già state installate, magari (persino) in numero maggiore a quanto immaginato in precedenza. Perché la sicurezza delle strade è altrettanto importante della sicurezza dei dati (e della privacy) dei cittadini italiani”, ha scritto il quotidiano on line nel giorno in cui Pompeo è a Roma.

LO SCENARIO GEORGE ORWELL

E proprio riferendosi alle Smartcity, alle città intelligenti e allo “Smart City Tour” di Huawei (la società cinese sta promuovendo le tecnologie per la sorveglianza delle città in sei diverse città italiane), l’alto funzionario americano, a La Stampa, ha commentato: “È ironico che Huawei faccia un road-show per promuovere le città intelligenti, quando in realtà sta solo cercando di penetrare il vostro mercato con le sue tecnologie per la sorveglianza delle città. Se avete letto George Orwell, questo è lo scenario di “1984” elevato alla massima potenza. Stiamo parlando dei 200 milioni di telecamere che già controllano ogni mossa di tutti i cinesi, usate per determinare il loro social credit score in base all’assoluta fedeltà all’apparato, impedire che possano lasciare le proprie case, sopprimere milioni di cittadini musulmani. Se questo è il modo in cui il Partito comunista di Pechino tratta i suoi cittadini, come possiamo aspettarci che si interessi al diritto degli italiani alla privacy?”.

LA REPLICA DI DI MAIO

Ma cosa risponde il governo? Ecco quello che ha detto il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, oggi: “Siamo alleati degli Usa e condividiamo le preoccupazioni, quando ce ne sono, su determinate infrastrutture strategiche come il 5G’, ha detto Di Maio, nel corso della conferenza stampa congiunta con il segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, aggiungendo che ‘le preoccupazioni degli alleati e le informazioni e preoccupazioni anche delle nostre Autorita’ hanno portato ad una nuova normativa in Italia che ci rende uno dei Paesi più avanzati sulla sicurezza sul 5G rispetto a tutto il resto d’Europa”.

Di Maio ha ricordato che ‘abbiamo creato una nuova golden power sul 5G e abbiamo appena approvato un decreto legge che ci consente di definire il perimetro della sicurezza cyber dell’Italia. E allo stesso tempo abbiamo un Comitato, che abbiamo implementato che verificherà la corretta funzionalità della sicurezza nei sistemi in infrastrutture strategiche’. Nella risposta alla domanda che riguardava in generale la Via della Seta e accordi relativi a infrastrutture strategiche, Di Maio ha voluto “differenziare totalmente” le intese commerciali dalle relazioni politiche e dalle preoccupazioni sulle infrastrutture strategiche. “Spero – ha aggiunto il ministro degli Esteri – che in futuro si possano anche rafforzare sempre di più accordi con gli Usa per mettere in sicurezza le nostre infrastrutture strategiche. Non abbiamo nessuna intenzione – ha assicurato – di partecipare ad accordi commerciali che possano ledere la nostra sovranità come Stato e anzi siamo molto attenti quando sottoscriviamo accordi commerciali a inserire tutte le garanzie affinché siano rispettate le normative europee e i principi europei con cui noi regoliamo i nostri rapporti commerciali con gli altri Paesi come Unione europea”.

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