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Reti Tim Agcom

Tim, ecco come Agcom di Cardani stronca il progetto Genish-Vivendi sulla rete Telecom Italia

Che cosa ha stabilito l'Autorità per le Comunicazioni sul progetto Genish-Vivendi con lo scorporo della rete Tim in una società sempre controllata dall'ex Telecom Italia. Fatti, approfondimenti, commenti e scenari

 

Lo scorporo della rete in una società ad hoc non cambia la posizione di Tim che rimane un soggetto con una significativa forza di mercato (Smp) ai fini della definizione di mercato rilevante, sia per quanto riguarda la tipologia merceologica sia in relazione al livello di mercato. Le due società alle quali viene attribuita la rete rimangono comunque controllate al 100%.

CHE COSA HA STABILITO L’AGCOM SULLA RETE TIM

E’ questa la conclusione a cui è arrivata l’Authority per le Comunicazioni che ha messo a punto lo schema di provvedimento con cui notificherà la sua decisione a Tim, provvedimento che ha pubblicato sul proprio sito per avviare la procedura di consultazione pubblica che durerà 45 giorni e che era già in parte stata anticipata con un comunicato lo scorso dicembre.

AGCOM BOCCIA IL PIANO VIVENDI E NON QUELLO DI ELLIOTT

L’Autorità presieduta da Angelo Maria Cardani, in sostanza, ha bocciato il piano messo a punto a marzo dall’ex amministratore delegato Amos Genish, voluto da Vivendi, quando il consiglio di amministrazione di Tim era ancora controllato dal gruppo francese che fa capo a Vincent Bolloré, quindi prima del ribaltone in assemblea con la vittoria di Elliott. Per questo c’è chi, nel gruppo ex monopolista, borbotta: Genish ha fatto perdere all’azienda un anno di tempo.

IL COMMENTO DEL SOLE 24 ORE E IL TWEET DI BASSANINI (OPEN FIBER)

Commenta il Sole 24 Ore oggi con Antonella Olivieri: “L’Authority è arrivata alla stessa conclusione di sei anni fa, quando lo scorporo fu accantonato: nessun dividendo regolamentare è possibile, fintanto che la rete resta di proprietà dell’incumbent”.

IL CASO MILANO

L’analisi di Agcom evidenzia, ai fini concorrenziali, l’eccezione dell’area di Milano “dove nessun operatore detiene una quota di mercato assimilabile ad una posizione di significativo potere di mercato e il principale concorrente all’ingrosso (Open Fiber, ndr) e’ in grado di beneficiare di economie di scala comparabili con quelli di Tim”.

CHE COSA SI LEGGE NEL DOCUMENTO AGCOM

Nel testo si legge che “l’Autorità, in conclusione, escludendo Milano, intende notificare la società Tim quale operatore Smp in entrambi i mercati rilevanti e quindi, in caso di conferma del progetto di separazione, non la sola società separata NetCo, in quanto quest’ultima e’ controllata al 100% da Tim”.

LA QUESTIONE DELLA PROPRIETA’ DELLA NETCO

“In particolare – prosegue l’Autorità in uno dei passaggi del corposo documento di oltre 400 pagine – le società NetCo e ServCo sono entrambe di proprietà di Tim, e quest’ultima mantiene dunque il controllo sulle decisioni di mercato e sui prezzi dei servizi venduti da NetCo e da ServCo. Pertanto, Tim (nel suo insieme, come gruppo) mantiene l’incentivo e la capacita’ di favorire le sue società, attive sia nei mercati all’ingrosso sia nei mercati al dettaglio di accesso alla rete fissa”.

I DETTAGLI SUL PIANO GENISH-VIVENDI

La notifica Tim del 6 marzo (ossia il progetto di Genish-Vivendi precedente a quello presentato successivamente da Elliott) prevedeva infatti «la creazione di una società separata(“NetCo”) controllata al 100%», benchè «gestita da organi direttivi distinti con pieni poteri esecutivi». Alla NetCo dovrebbero essere trasferiti infrastrutture passive, apparati della rete di accesso, proprietà immobiliari e asset immateriali, nonchè risorse umane, necessari alla «realizzazione, gestione, manutenzione e fornitura della rete d’accesso rame/fibra, inclusi gli apparati attivi per l’erogazione dei servizi Vula e Bitstream». Secondo Telecom la NetCo sarebbe così un operatore “wholesale only” al pari di Open Fiber, anche se, restando controllata, non godrebbe del trattamento normativo più favorevole riservato ai gruppi non verticalmente integrati.

LE POSIZIONI DI ELLIOTT E VIVENDI

il fondo Elliott, che oggi esprime dieci consiglieri su 15 (lo stesso Gubitosi viene dalla lista di maggioranza), schierato a favore della nascita di una società della rete da aprire a terzi, e Vivendi che, pur avendo avviato l’iter di separazione con il precedente ad Amos Genish, è arroccata sul controllo dell’infrastruttura.

LO SCENARIO

“Assodato che il processo di spin-off non porterebbe comunque benefici regolamentari di rilievo – scrive oggi il Sole 24 Ore – la costituzione di una NetCo da quotare in Borsa potrebbe essere varata dal solo cda, mentre, se la rete restasse in pancia a Telecom, Vivendi recupererebbe in pieno il suo potere di veto nell’ipotesi di una fusione con Open Fiber (joint Cdp-Enel per la rete in fibra ottica), dal momento che, con la sua quota del 23,94%, disporrebbe di una sicura “minoranza di blocco” nelle assemblee straordinarie dove per deliberare serve l’assenso dei due terzi del capitale presente”.

Sta di fatto che le conclusioni dell’Authority segnano un punto a favore di Elliott nella partita sulla rete di Tim che vede contrapposti i due azionisti.

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