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Banda Larga

Open Fiber e non solo, come e perché Bruxelles elogia la competizione all’italiana sulla fibra

Nella copertura delle reti Nga (accesso ultra-veloce di nuova generazione) l’Italia ha fatto un balzo dal 23mo posto del 2016 al 13mo del 2017: merito della competizione infrastrutturale innescata dal nuovo entrante Open Fiber e del mix di investimenti pubblici e privati messi in campo con la Strategia nazionale per la banda ultra-larga e gli…

Nella copertura delle reti Nga (accesso ultra-veloce di nuova generazione) l’Italia ha fatto un balzo dal 23mo posto del 2016 al 13mo del 2017: merito della competizione infrastrutturale innescata dal nuovo entrante Open Fiber e del mix di investimenti pubblici e privati messi in campo con la Strategia nazionale per la banda ultra-larga e gli impegni dei diversi operatori, compreso l’ex incumbent Telecom Italia.

E’ quanto si legge nell’indice Desi per il 2018 con cui la Commissione europea misura l’andamento dell’Ue-28 sull’economia e società digitali. L’integrazione delle tecnologie digitali e i servizi pubblici digitali rappresentano i principali catalizzatori del progresso nel nostro paese, tuttavia nel complesso non recuperiamo posizioni in classifica perché siamo indietro su capitale umano, utilizzo di Internet da parte di cittadini e imprese, capacità di accedere all’informazione di qualità online. Non sono sufficienti i provvedimenti del governo italiano in particolare sul fronte delle competenze, ci bacchetta la Commissione Ue; male anche su “diffusione della banda larga mobile, numero di utenti Internet, utilizzo di servizi online, attività di vendita online da parte delle Pmi e numero di utenti eGovernment”.

Concorrenza e 5G: promossi

Insomma, nel totale le prestazioni dell’Italia si collocano all’interno del gruppo di Paesi dai risultati inferiori alla media che comprende Romania, Grecia, Bulgaria, Polonia, Ungheria, Croazia, Cipro e Slovacchia. Sulle reti in fibra però abbiamo fatto il salto. Bruxelles sottolinea che il mercato italiano è caratterizzato da un crescente livello di concorrenza basata sulle infrastrutture, grazie all’ingresso nel mercato di Open Fiber (OF), operatore non verticalmente integrato con un modello di business “wholesale-only” (qui le recenti dichiarazioni del presidente Franco Bassanini sul ruolo di OF), e a una combinazione di investimenti a carattere sia privato che pubblico. “L’Italia sta registrando un significativo miglioramento sul fronte dell’installazione di reti di accesso in fibra ottica di nuova generazione (Nga), in conformità agli obiettivi previsti dall’Agenda digitale della Commissione europea”, si legge nell’indice Desi.

Altri elementi che per Bruxelles hanno contribuito alla maggiore competizione infrastrutturale in Italia sono l’alleanza strategica tra Fastweb e Tim (Flash Fiber) per connettere, entro il 2020, tre milioni di case con la fibra ottica to the home (Ftth) in 29 città già raggiunte dalla fibra to the cabinet (Fttc) con un investimento complessivo di 1,2 miliardi di euro (Qui altre iniziative recenti con protagonista Telecom Italia). Vengono sottolineati anche i nuovi investimenti nella Fttc da parte di Fastweb e Vodafone, che interessano oltre il 30% della popolazione, e il costante aumento degli accessi Fwa (Fiber wireless access, che offre prestazioni a banda ultra larga con costi e tempi di roll-out contenuti ed è impiegata per aree rurali e sub-urbane): quasi 1 milione di linee nel terzo trimestre 2017.

Altro fiore all’occhiello per l’Italia: ci collochiamo “tra i pionieri della tecnologia mobile 5G, grazie alle iniziative di test intraprese in varie città sia dal governo sia, a livello privato, dagli operatori”. In particolare, il piano governativo “5G in 5 città” ha visto, nel settembre 2017, l’assegnazione di 100 MHz nella porzione di spettro 3,6-3,8 GHz. L’Italia si è impegnata a rendere disponibili altri 2,86 milioni di euro per lo sviluppo del 5G.

La connettività e Telecom Italia

Il punteggio complessivo in termini di connettività per l’Italia è pari a 52,8: nell’indice Desi l’Italia si piazza 26ma, perdendo una posizione rispetto al 2017, a causa dei ritardi nella fibra ultra-veloce. Infatti, la percentuale di copertura fissa italiana è rimasta invariata a quota 99% (sopra la media Ue del 97%) e nella copertura della banda larga Nga siamo cresciuti dal 72% all’87%, superando la media Ue (80%), ma nella banda larga ultraveloce (100 Mbps e oltre) siamo in super-ritardo (al 27mo posto con copertura al 22% contro la media Ue del 58%). Inoltre, andiamo peggio sulla copertura Nga rurale, che è del 39% contro la media Ue del 47%.

Di qui la necessità di intervenire con fondi pubblici per connettere le aree dove gli operatori privati non hanno interesse a investire e che rappresenta la peculiarità del Piano BUL per la banda ultra-larga in Italia. La fase di attuazione è iniziata nel 2017 e i primi due appalti sono stati assegnati a Open Fiber (il primo contratto è stato sottoscritto nel giugno 2017 e il secondo nel novembre 2017); l’apertura dei primi cantieri risale a dicembre 2017. I preparativi per il terzo e ultimo appalto, riguardante Sardegna, Puglia e Calabria, si sono svolti alla fine del 2017.

Attenzione però: per la Commissione europea l’Italia non si deve fermare sulle politiche per il digitale. Inoltre, sottolinea lo studio, “l’Autorità nazionale garante della concorrenza Agcom ha espresso il sospetto che vari fattori, fra cui il ricorso a tattiche dilatorie da parte dell’operatore storico, abbiano inciso negativamente sul processo di attuazione della Strategia nazionale per la banda ultra-larga” (tra ritardi sull’ultima gara e le accuse di Tim sui bandi Infratel). Lo studio Desi cita anche l’indagine avviata nel 2017 dall’Agcm sulla citata joint venture Tim- Fastweb che “potrebbe risultare in un ostacolo, riduzione o distorsione della concorrenza sui mercati ingrosso e retail della banda larga e ultralarga”.

Consolidamento: operazione low-cost

Lo studio europeo osserva il trend di consolidamento in atto sul mercato Tlc italiano che ha coinvolto in particolare tre operatori alternativi che forniscono servizi broadband e ultra-broadband a utenti aziendali e residenziali: Infracom, Mclink e KPNwest sono stati acquisiti dal fondo F2i e da Marguerite Fund, entrambi sostenuti da Cassa depositi e prestiti (Cdp).

Nelle telecomunicazioni mobili, il merger Wind-Tre e il prossimo ingresso di Iliad hanno già sparigliato le carte sul nostro mercato, spingendo Tim a creare l’anno scorso il brand low-cost Kena Mobile, mentre Vodafone si prepara a lanciare un Mvno low-cost tramite la divisione ad hoc Vei SRL.

Altro importante trend registrato nel 2017 è la crescente convergenza tra telecomunicazioni e contenuti: qui la Commissione europea sottolinea l’investimento di Vivendi in Telecom Italia, un’operazione cui Bruxelles ha dato il via libera ma che ha suscitato l’allarme sia per la possibile concentrazione di mercato (per le quote di Vivendi in Mediaset) sia per l’ingresso della proprietà straniera in asset nazionali strategici. Il dossier, come noto, è ancora aperto mentre l’ultima assemblea dei soci di Tim ha decretato la vittoria del fondo americano Elliott sostenuto in maniera decisiva dalla Cassa depositi e prestiti.

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