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Niente Facebook per un mese in Papua Nuova Guinea

Il ministro per le comunicazioni del piccolo Stato insulare al largo dell’Oceania ha proposto di mettere in stand-by Facebook per un mese, al fine di condurre ricerche su fake news, disinformazione e pornografia… Nessun accesso a Facebook per un mese per gli abitanti della Papua Nuova Guinea. Martedì il ministro per le comunicazioni Sam Basil…

Nessun accesso a Facebook per un mese per gli abitanti della Papua Nuova Guinea. Martedì il ministro per le comunicazioni Sam Basil ha annunciato al quotidiano online Post Courier la proposta di bannare il social network di Mark Zuckerberg nel Paese per 30 giorni.

“Questo tempo ci permetterà di prendere informazioni e identificare le persone che si nascondono dietro profili falsi, utenti che caricano foto a contenuto pedopornografico o quelli che postano informazioni false che vanno filtrate e rimosse. Inoltre, incentiverà le persone con identità reali a usare Facebook in modo responsabile”, ha spiegato Basil.

STAND-BY PER FB

In conformità al Cyber crime Act del 2016, il governo oscurerà la piattaforma social e approfitterà di questi 30 giorni per studiare come Facebook viene utilizzato per diffondere informazioni fuorvianti, account falsi e porno, quest’ultimi tra l’altro non possono essere importati legalmente nel Paese.

CHI È COLPITO DAL BAN

La Papua Nuova Guinea ha una penetrazione internet relativamente bassa e, secondo l’International Telecommunications Union, solo il 10% degli 8 milioni di persone del paese ha avuto accesso a Internet nel 2014, anche se circa la metà della popolazione ha dichiarato di possedere un telefono cellulare. Come sottolinea Wired, questa statistica, ormai datata, non dipingerebbe il ruolo giocato da Facebook nel paese, secondo accademici e persone che vivono lì. Paige West, un’antropologa del Barnard College e della Columbia University, che lavora in Papua Nuova Guinea da oltre vent’anni, ha dichiarato a Wired che Facebook è onnipresente, soprattutto per le persone sotto i 30 anni: “Facebook ha permesso una specie di dialogo che non si vedeva prima in questo Paese. Ha facilitato un tipo di comunicazione tra clan e gruppi linguistici esterni che è straordinario”.

Nei giorni successivi, molti cittadini hanno espresso la propria indignazione e non comprendono il perché il governo vorrebbe limitare l’accesso a un mezzo così importante di comunicazione. Studenti e giornalisti hanno iniziato a pubblicare articoli sul Post Courier sostenendo che vietare Facebook è una violazione della loro libertà di espressione, come molti nella nazione sentono che i social media sono l’unico mezzo su cui esprimere opinioni oneste senza influenza da parte dello stato.

UN SOCIAL STATALE

La pausa da Facebook potrebbe dare il tempo al governo di Papua Nuova Guinea di rimpiazzarlo con un social network governativo. “Possiamo anche considerare la possibilità di creare un nuovo social per i cittadini”, ha rivelato Basil “Se è necessario, possiamo riunire i nostri sviluppatori di applicazioni locali per creare un sito che sia più propizio per i Papua Nuova Guineani anche per comunicare sia all’interno sia all’esterno del Paese”.

LA RISPOSTA DI ZUCKERBERG

Anche Facebook, da parte sua, sembra non saperlo. Un portavoce del gruppo di Menlo Park ha dichiarato all’agenzia stampa AFP che nel frattempo la società ha contattato le autorità di Papua Nuova Guinea e che “sta lavorando per affrontare le loro preoccupazioni”.

NON È LA PRIMA VOLTA

Gli arresti di Internet non sono poi così insoliti come potremmo pensare. Secondo una ricerca di Access Now, un’organizzazione no profit che sostiene una rete Internet gratuita e aperta, negli ultimi due anni il blocco all’accesso Internet è avvenuto in almeno 30 Paesi. E nemmeno per Facebook sarebbe la prima volta. La Cina ha bloccato la piattaforma dei social media dopo le rivolte di Urumqi del luglio 2009 dopo che le autorità governative hanno capito che gli attivisti dello Xinjiang stavano usando il social network per comunicare. In Egitto, durante le proteste del 2011 che hanno fatto crollare il regime del presidente Hosni Mubarak, le autorità del Cairo hanno bloccato la piattaforma di Zuckerberg per diversi giorni. Nell’aprile 2016, la Corea del Nord ha annunciato che stava bloccando l’accesso a Facebook, Twitter e YouTube e poi c’è l’Iran, che blocca periodicamente Facebook durante le principali proteste anti-regime.

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