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Ma Google saprà rinunciare ai dati degli utenti di Huawei? Il commento di Rapetto

Se i danni a Huawei, ai suoi fornitori e ai suoi clienti, sono fin troppo evidenti, non minor rilievo sono le conseguenze negative per Google. Il gigante californiano sarà costretto a mettersi a dieta. Ecco perché. Il commento di Umberto Rapetto

 

Google taglierà fuori Huawei. La guerra di Trump contro le tecnologie con gli occhi a mandorla conosce una nuova tappa dove a farne le spese sono gli utenti finali.

Chi ha un telefonino di quell’azienda non potrà più accedere a Google Play. Chi si azzarda a fare spallucce è costretto a modificare il proprio approccio al problema perché la questione è più seria di quanto si sia portati a immaginare.

La mossa voluta dai manager di Menlo Park ha riverberazioni di vario genere e il semaforo rosso all’incrocio con lo “store” di Google è destinato a sconvolgere il traffico commerciale e a turbare ulteriormente il mercato delle telecomunicazioni.

Tanto per cominciare, le aziende americane che producono i microprocessori che sono il cuore degli apparati cinesi probabilmente dovranno rivedere i piani industriali, tenendo conto che verrà meno una fetta di vendite senza dubbio non trascurabile.

Qualcomm, Broadcom, Xilinx e Intel avranno un crollo del fatturato che sarà parzialmente ammortizzato dal pregresso fatturato derivante dalle grandi scorte di chip che il colosso cinese ha certamente accumulato per disporre di una certa autonomia nella produzione futura.

Il duello stavolta non si limita al confronto tra i “big”, ma va ad avere un impatto non secondario sul bacino di utenza.

Chi adopera uno smartphone Huawei non avrà più modo di aggiornare le applicazioni finora installate (con i rischi legati a sopraggiunte vulnerabilità che suggeriscono l’update del software) né di acquisirne di nuove (vedendo compromesse le possibilità di sfruttare a pieno le potenzialità del dispositivo di uso quotidiano).

Lo sgambetto ulteriore arriva dalla sopravvenuta impossibilità di avvalersi della app di GMail e dal conseguentemente più scomodo utilizzo di quel servizio di posta elettronica passando attraverso la normale navigazione online e il ricorso alle dinamiche di accesso/lettura/invio dei messaggi via web.

Chi aveva messo in programma l’acquisto di un apparato dell’industria di Shenzen, probabilmente aspetterà un attimo prima di fare una spesa che potrebbe non soddisfare le aspettative.

Come in tutti gli scontri il bilancio delle perdite non è fatto soltanto sulle macerie più facili ad esser riconosciute.

Se i danni a Huawei, ai suoi fornitori e ai suoi clienti, sono fin troppo evidenti, non minor rilievo sono le conseguenze negative per Google. Il gigante californiano sarà costretto a mettersi a dieta. Già, a dieta.

La grande realtà americana si “ciba” di informazioni personali e l’attuale strategia ha una significativa ripercussione sull’approvvigionamento di quel che rappresenta l’alimentazione essenziale. Chiudere le porte ai clienti Huawei significa rinunciare a tutti i dati che questi avrebbero pagato come pedaggio per avvalersi dei servizi normalmente messi a disposizione del pubblico.

La circostanza è tutt’altro che secondaria e probabilmente questo sarà il fattore che indurrà ad un ripensamento o quanto meno ad una rivisitazione delle condizioni di blocco. Le “app” hanno una vocazione vampireggiante che i cybernauti più esperti conoscono bene.

Le autorizzazioni ad agire che l’utente concede in fase di installazione stuzzicano l’appetito dei golosi divoratori di informazioni personali, garantendo risultati molto più efficaci rispetto qualunque trappola piazzata sul web.

Se Google si mostrerà irremovibile, Huawei non potrà fare a meno di prendere iniziative. E lo dovrà fare anche nell’ipotesi la tensione dovesse mai scendere perché un altro KO potrebbe essere fatale.

La prima cosa da fare sarà sviluppare app, piattaforme e soluzioni end-user che possano mettere in condizione l’utente di non rimpiangere quel che Google Play era capace di offrire.

Un paragone culinario ci può far capire che non sarà facile. Siamo sicuri che la “cucina cinese” delle app sia in grado di non far rimpiangere la “dieta mediterranea” con tutti quei programmini che finora sono garbati al palato della clientela?

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