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Huawei

Ecco come Huawei reagirà alla mossa trumpiana di Google su Android

Tutti i piani di Huawei in risposta alle decisioni di Google, Qualcomm, Broadcom ed Intel che si sono conformate alla linea dell'Amministrazione Trump.

Saltano accordi milionari e il mercato tecnologico sarà presto rivoluzionato. Google, dopo la decisione di Donald Trump di porre Huawei in una blacklist commerciale, ha deciso di sospendere ogni rapporto commerciale con l’azienda cinese.

Come reagirà ora Huawei? Il colosso cinese ha già la carta pronta per ribattere: un proprio sistema operativo. Ecco tutti i dettagli.

LA DECISIONE DI GOOGLE

Partiamo dall’inizio. Il conglomerato tecnologico statunitense, come ha anticipato da Reuters, ha sospeso l’attività commerciale con Huawei, tra cui il trasferimento di hardware, software e servizi tecnici chiave.

Google, così, ha deciso di conformarsi alla decisione di Donald Trump, che ha inserito la società tecnologica cinese nella “Blacklist”, costringendo le aziende americane a richiedere una licenza per vendere prodotti all’azienda cinese.

MA GOOGLE POTRA’ RINUNCIARE AI DATI DEGLI UTENTI DI HUAWEI? IL COMMENTO DI RAPETTO

COSA SIGNIFICA?

Tutto questo significa che Huawei non può più concedere in licenza a chi utilizza gli smartphone cinesi il sistema operativo Android di cui è proprietario Google e altri servizi connessi. In pratica, i futuri telefoni Huawei non avranno i servizi Google che gli utenti si aspettano dai dispositivi Android.

Fino ad oggi Huawei ha utilizzato una versione pubblica del sistema operativo di Google tramite il progetto Open Source Android.

HUAWEI HA GIA’ IL PIANO B

La questione, per Huawei, non sembra rappresentare un grosso problema. L’azienda, infatti, come ha scritto giorni fa Business Insider, aveva già previsto che la cosa potesse accadere prima o poi ed è corsa ai ripari mettendo a punto un proprio sistema operativo, che potesse sostituire Android e Windows di Microsoft.

“Abbiamo preparato il nostro sistema operativo: se mai dovesse succedere che non potessimo più utilizzare questi sistemi, saremmo preparati”, ha detto l’amministratore delegato di Huawei. Huawei avrebbe lavorato alla costruzione del proprio sistema operativo sin dal 2012, secondo il South China Morning Post.

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NON MANCHERANNO LE CONSEGUENZE

Se è vero che il gruppo cinese ha già il suo piano B, però, non è detto che le conseguenze saranno di poco conto. Anzi. Come si ipotizza su Cnbc, la decisione di Google potrebbe azzoppare definitivamente le ambizioni del colosso tecnologico cinese di diventare il principale attore del mercato smartphone a livello globale.

Gli utenti conoscono e si fidano del sistema operativo Android.

LA GUERRA DEI CHIP

Se non è facile, non è detto che sia impossibile. E i presupposti e i precedenti, in effetti, non mancano. Dopo che l’amministrazione Trump ha sospeso le esportazioni statunitensi di chip portatili verso la più piccola azienda cinese di telecomunicazioni ZTE, nella primavera dello scorso anno, è stata proprio Huawei ad intraprendere un programma per produrre chip avanzati in casa.

Il chipset Kirin di Huawei, progettato dalla consociata HiSilicon e fabbricato da Taiwan Semiconductor Manufacturing e altre aziende, sostituisce i chip Qualcomm che alimentano la maggior parte dei telefoni di fascia alta. Ad oggi, nonostante magari le difficoltà iniziali, è indipendente nella produzione di chip, come si evince da una nota dell’amministratore delegato di HiSilicon, resa pubblica la settimana scorsa.

TAGLIARE I PONTI CON INTEL, QUALCOMM E BROADCOM NON RAPPRESENTA UN PROBLEMA QUINDI?

Visto l’autonomia di Huawei sul fronte chip e la diversità di prodotto offerta (Android è conosciuto ed utilizzato direttamente dai consumatori), la decisione di  le aziende Usa produttrici di chip e microchip – da Intel a Qualcomm, da Xilinx a Broadcom – di adeguarsi alla linea dettata dall’amministrazione Trump farà sicuramente meno male alla società cinese.

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AD HUAWEI RESTA “SOLO” L’EUROPA E IL 5G?

Intanto, Huawei ha anche un’altra carta da giocarsi in questa guerra: l’Europa. Il Vecchio Continente, come avrebbero detto alcuni alti funzionari ad Asia Times, non può (almeno per ora) rinunciare alla tecnologia Huawei se vuole competere nel mercato 5G.

L’Europa non ha davvero una scelta in merito, sottolineano i funzionari, perché gli Stati Uniti non offrono un prodotto concorrente, e i concorrenti europei di Huawei – Ericsson e Nokia – non hanno la capacità o le conoscenze per sostituire il gigante cinese.

Sarà anche per questo motivo che Francia, Germania e Olanda – come è emerso nei giorni scorsi – non hanno dato seguito al diktat di Trump contro Huawei nel 5G?

USA VS HUAWEI, LA QUESTIONE FINISCE IN TRIBUNALE

In attesa di nuovi sviluppi commerciali, la questione tra Huawei e l’amministrazione americana è finita in tribunale. Come scrive Business Inseder, la società tecnologica ha citato in giudizio il governo degli Stati Uniti per non aver permesso ai suoi funzionari federali di utilizzare le apparecchiature di telecomunicazione dell’azienda cinese per motivi di sicurezza.

Per Huawei, infatti, il governo degli Stati Uniti, che accusa la società cinese di spionaggio, non ha prove a riguardo e agisce in modo incostituzionale.

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