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Huawei Intel

Huawei, i chip di Intel e Micron aggirano il bando di Trump

A dispetto della blacklist di Trump, Intel e Micron e altre società chipmaker continuano a fornire prodotti a Huawei.A rivelarlo un rapporto del Nyt

Stavolta a indispettire il presidente Trump ci hanno pensato le aziende statunitensi. Nonostante Washington abbia vietato la vendita di tecnologia americana a Huawei a maggio, alcune le società statunitensi tra cui Intel e Micron stanno fornendo ancora chip al colosso delle tlc cinese, secondo un rapporto del New York Times. Merito di una scappatoia sull’etichettatura. Ecco i dettagli.

IL BANDO DI TRUMP

Lo scorso 16 maggio l’amministrazione Trump ha sferrato un duro colpo al gigante delle tlc di Shenzen. Il dipartimento del Commercio Usa ha inserito infatti Huawei nella “entity list”, bloccando la vendita o il trasferimento della tecnologia americana senza licenza. Ciò significa che le società americane che desiderano vendere parti a Huawei avranno bisogno dell’approvazione del dipartimento del Commercio. A causa del blocco delle attività commerciali, Huawei non potrà più approvvigionarsi di tecnologie a stelle e strisce e non avrà più modo di vendere apparati sul suolo statunitense. Per fortuna che Trump ci ha ripensato, allentando la presa con una licenza temporanea di 90 giorni che ripristina parzialmente i requisiti e le politiche di licenza in base ai Regolamenti di amministrazione delle esportazioni.

LA SCAPPATOIA DI INTEL, MICRON & CO

Eppure, secondo il rapporto del Nyt, la vendita di microprocessori a Huawei è ripresa già tre settimane fa. I produttori di chip tra cui Intel e Micron hanno sfruttato alcune eccezioni alle restrizioni all’esportazione. Ovvero, i prodotti fabbricati da società statunitensi all’estero non sono considerati prodotti made in Usa.

Secondo l’analista di Cross Research Steven Fox sentito da Bloomberg, anche quando le società hanno sede negli Stati Uniti, potrebbero essere in grado, attraverso la proprietà di filiali e attività all’estero, di classificare la loro tecnologia come straniera. Se meno del 25% della tecnologia di un chip è originario degli Stati Uniti, ad esempio, potrebbe non essere coperto dal divieto, secondo le regole correnti.

LA CONFERMA DALL’ASSOCIAZIONE DI SETTORE

La Semiconductor Industry Association, che conta sia Intel sia Micron come membri, ritiene che ci siano ancora vendite che possono essere effettuate da società statunitensi a Huawei.”Come abbiamo discusso con il governo degli Stati Uniti, ora è chiaro che alcuni elementi potrebbero essere forniti a Huawei in linea con l’elenco e le normative applicabili”, ha dichiarato venerdì l’associazione.

E QUELLA DI MICRON

Nel frattempo, martedì Sanjay Mehrotra, ceo di Micron, ha riportato i guadagni della società, con sede in Idaho ma con operazioni globali, confermando che aveva ripreso a inviare nuovamente ordini a Huawei nelle ultime due settimane. Come ha riferito il ceo Mehrotra, Huawei è il cliente numero uno di Micron e il divieto è costato alla società fino a 200 milioni di dollari di vendite mancate durante il terzo trimestre.

L’IMPORTANZA DEI CHIP USA PER HUAWEI E VICEVERSA

Per la cinese Huawei i chip statunitensi sono fondamentali, soprattutto per restare il secondo produttore di smartphone al mondo dietro Samsung e davanti ad Apple. Secondo quanto riferito, Huawei spende in media 11 miliardi di dollari l’anno in acquisto di tecnologia dalle società statunitensi ogni anno. Per il colosso tecnologico di Shenzen, la disponibilità dei fornitori assicura un rifornimento continuo di componenti nonostante il divieto e aiuta a vendere i suoi prodotti chiave come gli smartphone Huawei P20 Pro e server come FusionServer 1288H V5 senza alcuna interruzione. Dall’altro lato del Pacifico troviamo Micron che è il principale produttore di chip di memoria per computer degli Stati Uniti e Intel, il più grande produttore di chip di semiconduttori del Paese. Quest’ultimo domina il 96% della quota di mercato globale nei chip server con la sua architettura Intel X-86.

La guerra commerciale e le sanzioni di Huawei mettono i produttori di chip statunitensi in una posizione difficile. Devono conformarsi alle nuove regole nel loro paese d’origine, mentre allo stesso tempo non possono cedere terreno in Cina, un mercato sempre più cruciale. Come riporta Bloomberg, oltre il 60% dei 470 miliardi di dollari di chip venduti lo scorso anno ha attraversato la Cina.

CHE SUCCEDERÀ DOPO IL 19 AGOSTO

Tuttavia, anche se queste aziende hanno trovato modi per continuare a vendere legalmente alcuni dei loro prodotti a Huawei, resta vietato fornire supporto post-vendita come aggiornamenti software, riparazioni o aiuto all’installazione. Senza dimenticare che il dipartimento del commercio statunitense potrebbe cambiare la definizione degli articoli fabbricati all’estero soggetti alle normative. Questo cambiamento non richiederebbe l’approvazione del Congresso, ha dichiarato Kevin Wolf, ex capo della sezione di controllo delle esportazioni del dipartimento del commercio al Nyt. Tutto ciò in attesa di vedere cosa succederà dopo il 19 agosto, data di scadenza della deroga concessa da Trump sulla black list.

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