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Facebook

Facebook, nuovo scivolone sulla privacy dopo Cambridge Analytica?

Che cosa sta combinando Facebook?

Cento sviluppatori di app terze parti che si basano su Facebook potrebbero aver avuto accesso non autorizzato ai dati degli utenti. Dopo lo scandalo Cambridge Analytica (leggi anche: Cambridge Analytica resuscita come Emerdata), il colosso di Mark Zuckerberg sembra inciampare nuovamente sulla privacy degli internauti. Ad ammettere la falla la stessa Facebook.

CHE COSA È SUCCESSO

Da quanto si apprende, recentemente Facebook avrebbe scoperto che un nutrito gruppo di third-party app (applicazioni sviluppate da terze parti, esterne all’azienda ma considerate ‘partner’) potrebbe aver conservato accesso ai dati dei gruppi, tra cui il numero degli utenti, il contenuto dei post e le foto delle persone che ne fanno parte. Almeno 11 di questi sviluppatori avrebbero avuto accesso a questo tipo di dati negli ultimi due mesi. Tutto ciò violerebbe i nuovi termini di servizio modificati unilateralmente da Facebook a seguito dello scandalo di Cambridge Analytica.

LA RISPOSTA DI FACEBOOK

Da parte sua, Facebook assicura di avere prontamente preso provvedimenti severi, che si sostanziano nella rimozione dell’accesso non autorizzato e contattato i 100 sviluppatori suoi partner che potrebbero aver avuto accesso inappropriato ai dati degli utenti. “Anche se non abbiano alcuna prova che si siano verificati abusi – ha comunicato Facebook -, è nostra intenzione chiedere a questi partner di cancellare qualunque dato sui nostri utenti che potrebbero aver conservato e condurremo delle ulteriori indagini per averne conferma”.

ALTRI 400 SVILUPPATORI NON IN REGOLA

Quest’ultima indagine segue quella di settembre, quando Facebook annunciò di aver rinvenuto 400 sviluppatori che non si erano adeguati ai termini di servizio maggiormente restrittivi e di aver proceduto al blocco del suo servizio a diverse migliaia di applicazioni per tablet e smartphone.

IL PRECEDENTE: LA MULTA E L’OBBLIGO DI RENDICONTAZIONE

A spaventare l‘azienda di Zuckerberg non è tanto la possibilità di una nuova multa da parte della Federal Trade Commission (Cambridge Analytica costò a Facebook 5 miliardi di dollari oltre l’obbligo di rendicontazione trimestrale sulle modalità di gestione dei dati degli utenti), quanto il fatto che nuovi scandali rischierebbero di incrinare il rapporto fiduciario che il colosso di Menlo Park vuole tessere con Stati e istituzioni in vista del lancio di Libra, la sua moneta virtuale.

UN INCIAMPO NEL MOMENTO DELICATO DI LIBRA

Come è noto, infatti, la nuova criptovaluta ha provocato una vera e propria alzata di studi da parte di governi e istituzioni bancarie (leggi anche: Chi e come bistratta Libra di Facebook). Da qui, probabilmente, l’idea di rendere immediatamente nota la violazione senza attendere che siano i giornali a farlo. A proposito di Libra, l’Unione europea starebbe studiando la possibilità di decidere in modo unitario l’esclusione di progetti simili se ritenuti rischiosi per la sopravvivenza dell’Euro, rilanciando persino con la possibilità di una moneta virtuale comune.

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