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Report Ue Digitale su Amazon, Facebook e Google? Promosso. L’analisi di Pezzoli (Antitrust)

Che cosa ha detto Andrea Pezzoli, direttore generale Dg Concorrenza all'Antitrust, sul rapporto della Commissione europea "Competition policy for the digital era"

L’incontro “Concorrenza nell’Era digitale – Follow up al Report della Dg Comp (Ue)”, organizzato il 27 maggio a Roma dall’Istituto per la Cultura dell’Innovazione, ha messo al centro della discussione le questioni esaminate dalla DG Competition (Commissione Europea) in tema di definizione della politica della concorrenza nell’era della digitalizzazione. La continua e rapida evoluzione delle tecnologie ha infatti determinato cambiamenti enormi nel mercato, che sollevano inter alia quesiti in merito alla ottimale applicazione della normativa antitrust ed alle sfide che il digitale pone per il diritto della concorrenza – dall’accertamento dell’esistenza del potere di mercato, alla necessità di promuovere l’innovazione digitale ed il benessere dei consumatori. 

Ecco di seguito l’intervento di Andrea Pezzoli, direttore generale Dg Concorrenza presso l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm), secondo cui il rapporto è ben strutturato.

«Ben fatte le riflessioni sulle nuove forme di potere di mercato, su come approcciare la definizione di mercato e l’accertamento del potere di mercato in un contesto digitale. Piuttosto interessanti anche le riflessioni sulla necessità di trovare un nuovo equilibrio tra under e over-enforcement alla luce delle caratteristiche dell’economia digitale. Il trade-off tra rischi di falsi positivi, e soprattutto il rischio di scoraggiare il processo innovativo, da un lato, e di un intervento inefficace, dall’altro, va valutato in una nuova prospettiva».

«Il Rapporto sembra sottolineare che nel digitale i rischi dell’under-enforcement potrebbero essere più elevati che nei settori tradizionali. In linea di principio il danno che può provocare un intervento inadeguato può essere particolarmente alto: il rischio che si consolidi una struttura di mercato o persino un quasi monopolio non più contestabile».

«Nell’affrontare la questione delle nuove forme di potere di mercato nell’economia digitale è evidente che i Big Data (meglio, la capacità di acquisire, elaborare e trattare rapidamente grandi volumi di dati) possono svolgere un ruolo importante. I dati possono essere visti come una sorta di “colla” che consente alle grandi piattaforme di condizionare/minacciare più mercati (e gli attuali incumbent) contemporaneamente. Persino quei mercati dove le grandi piattaforme non sono (ancora) presenti. Con il paradosso che qualcuno inizia a parlare di posizioni dominanti “fuori dal mercato”. L’economia digitale da un lato esalta il ruolo dei nuovi entranti innovatori in grado di “distruggere” l’esistente (seppur molto aggressiva, sempre concorrenza potenziale), dall’altro attribuisce una nuova centralità al potere conglomerale.»

«La definizione del mercato si scolora non poco. Il rischio è che con lo sbiadirsi dei confini dei mercati rilevanti, il concetto di potere di mercato si trasformi in potere economico e potere tout court, e un coacervo di questioni, non facili da districare, si intreccino: privacy, fairness, diritti fondamentali, democrazia. Le nuove forme di potere di mercato e la stessa definizione dei mercati possono risentire anche – e questo c’è solo in parte nel rapporto – della diffusione degli algoritmi di prezzo e dalla capacità di profilazione».

«Le capacità di profilazione portate all’estremo fanno sì che le caratteristiche dei consumatori siano note con estrema precisione alle imprese. Questo fenomeno può essere un bene per i consumatori – e spesso lo è –, ma può anche contribuire al rafforzamento di posizioni di potere, per vie apparentemente nuove. Quello che una volta era solo il segmento di un mercato più ampio, grazie alla capacità di discriminare le categorie di consumatori in profondità può diventare l’ambito più piccolo nel quale è possibile esercitare il potere di mercato: la capacità di profilare, in astratto, può consentire di aumentare prezzi per categorie di consumatori che prima non erano distinguibili dal resto. In questa prospettiva appare condivisibile l’enfasi che il Rapporto pone sul controllo delle concentrazioni. L’economia digitale è una buona scusa per tornare ad occuparci di struttura: il controllo delle concentrazioni è uno strumento importante per poter far sì che quello che diventa sempre più possibile grazie all’economia digitale, all’uso degli algoritmi, alle profilazioni spinte all’estremo, non si traduca in situazioni di quasi monopolio o in strutture oligopolistiche pro-collusive».

«Più delicata è invece la questione dell’under-enforcement relativamente alle condotte unilaterali. I rapporti tra concorrenza, privacy e consumer welfare non sono univoci».

«La qualità del servizio, il consumer welfare può migliorare a fronte di una riduzione della privacy. Ma mentre aumenta il consumer welfare dei singoli, si produce anche una significativa riduzione del social welfare. Tutti noi possiamo migliorare il consumer welfare grazie alla riduzione della privacy. Ma nel complesso questa riduzione della privacy può costituire un problema sotto altri profili, non di natura commerciale: rischi per le democrazie, per la stabilità dei governi. In altri termini, il confronto concorrenziale basato sui dati può portare alla produzione di un’esternalità negativa anche molto seria, che come suggerisce Paul Romer, premio Nobel per l’Economia nel 2018, potrebbe essere affrontata anche con lo strumento fiscale, come è prassi, ad esempio per l’inquinamento».

«Due approcci appaiono piuttosto suggestivi: il primo, mantiene solido lo standard del consumer welfare, utile sotto il profilo della certezza giuridica, ma lo arricchisce con valutazioni che non si fermano all’efficienza, ai prezzi e alle quantità, integrandolo con considerazioni sulla qualità, l’innovazione, l’equità (la fairness). Il secondo prende atto della non univocità dei rapporti tra concorrenza, privacy e consumer welfare e interviene con lo strumento fiscale sulle esternalità negative prodotte da tali rapporti. Mutato il contesto all’interno del quale si svolge il confronto concorrenziale, le valutazioni antitrust vengono alleggerite, almeno in parte, dall’intreccio con la privacy e gli altri diritti meritevoli di tutela. Un’ulteriore conferma di come la rivoluzione digitale richieda alla Politica della concorrenza di sfruttare a pieno le complementarietà con le altre politiche pubbliche: la tutela della privacy, la tutela del consumatore, la regolazione (sugli eventuali rischi legati alla diffusione degli algoritmi di prezzo pro-collusivi in linea di principio non vanno esclusi interventi ex-ante), politiche attive del lavoro e di welfare, persino la politica fiscale».

(1. continua; gli altri interventi saranno pubblicati su Start Magazine nei prossimi giorni)

(Estratto di un articolo pubblicato su Dimt.it, qui l’articolo completo con tutti gli interventi)

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