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Digitale

Ma il digitale non doveva distruggere il lavoro?

Le “Mille battute” di Giuseppe Sabella, direttore di Think-in, esperto di Industria 4.0 e blogger di Start Magazine La continuità con cui vengono effettuate e diffuse le rilevazioni sui livelli occupazionali rende difficile dire qualcosa di originale a riguardo. Tuttavia, non è mai inutile richiamare la complessità del fenomeno nel nostro Paese, in particolare circa i giovani,…

La continuità con cui vengono effettuate e diffuse le rilevazioni sui livelli occupazionali rende difficile dire qualcosa di originale a riguardo. Tuttavia, non è mai inutile richiamare la complessità del fenomeno nel nostro Paese, in particolare circa i giovani, il cui tasso di disoccupazione è sceso al 31,7%.

Al di là del fatto che mai si considera che 4 milioni di persone lavorano in nero (e che la maggior parte di loro sono proprio giovani) – ce lo dice (solo) una volta l’anno la stessa Istat per non turbare troppo il lavoro dei “commentatori” – sarebbe interessante calcolare l’incidenza effettiva del lavoro sommerso in Italia sui livelli occupazionali: è chiaro che, per quanto anomalo il fenomeno, non può essere considerato assenza di lavoro.

Le posizioni vacanti sono poi l’altra grande contraddizione. Proprio in questi giorni, la Confindustria ha comunicato che per effetto del piano industria 4.0 da qui a 5 anni si ricercano 280.000 nuovi innesti.

L’identikit delle figure richieste: flessibilità, cultura digitale, attitudine al cambiamento. È chiaro che il profilo ideale è quello del nativo digitale con manodopera qualificata.

Ma il digitale non doveva distruggere il lavoro?

Twitter: @sabella_thinkin

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