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Facebook e Cambridge Analytica, verità e bugie secondo esperti e prof.

Dopo lo scandalo Facebook-Cambridge Analytica molti si chiedono se in realtà gli utenti, quindi le persone, sono così influenzabili come ci stanno facendo credere Con l’avvento dei social network e delle app, affidiamo sempre di più la nostra vita ad altri. Netflix ci consiglia i film da guardare, Spotify suggerisce playlist ad hoc da ascoltare…

Con l’avvento dei social network e delle app, affidiamo sempre di più la nostra vita ad altri. Netflix ci consiglia i film da guardare, Spotify suggerisce playlist ad hoc da ascoltare e su Facebook troviamo annunci pubblicitari di prodotti che vorremmo acquistare.

Arriviamo poi allo scandalo dei dati personali di 50 milioni di persone condivisi proprio da Facebook con la società di consulenza elettorale Cambridge Analytica che li avrebbe utilizzati per influenzare elezioni dall’America all’Europa, da Trump alla Brexit e oltre.

ECCO COME AVVIENE LA MANIPOLAZIONE ONLINE

Sebbene diverso per dimensioni e portata, questo scandalo non è completamente nuovo secondo il ricercatore in bioetica Marcello Ienca dell’Istituto Federale di Tecnologia di Zurigo (ETH Zurich). In un post su Scientifc American, Ienca ricorda che già nel 2014 Facebook ha condotto un esperimento psicosociale online con ricercatori della Cornell University su quasi settecentomila utenti inconsapevoli, modificando algoritmicamente i loro flussi di notizie per osservare i cambiamenti nelle loro emozioni. I risultati dello studio, pubblicati nei prestigiosi Proceedings of National Academy of Sciences (PNAS), hanno mostrato la capacità del social network di rendere le persone più felici o più tristi su larga scala senza renderli consapevoli. Questo. Fenomeno è stato definito “contagio emotivo”. Come nel caso di Cambridge Analytica, lo studio sul contagio emotivo di Facebook ha suscitato aspre critiche, con esperti che chiedevano nuovi standard di supervisione e responsabilità per la ricerca sul social computing, la branca dell’informatica che si occupa dell’intersezione tra comportamento sociale e sistemi computazionali.

Il ricercatore dell’ETH è convinto che non solo Cambridge Analytica, ma gran parte dell’attuale ecosistema online, è in corsa verso la conquista del nostro inconscio: notifiche, pubblicità con microtargeting, plug-in di autoplay, sono tutte strategie progettate per indurre comportamenti di dipendenza e quindi di manipolazione. Il social computing mostra che non devi necessariamente leggere il cervello delle persone per influenzarne le scelte. È sufficiente raccogliere e estrarre i dati con regolarità e, spesso inconsapevolmente, condividere online.

NON SIAMO COSÌ INFLUENZABILI COME SEMBRA

Cambridge Analytica ha dato prova di capire le persone? Sì. Tuttavia, non può influenzarne le scelte. È quanto sostiene il sito Quartz che ha intervistato Dietram Scheufele, professore di comunicazione scientifica presso l’Università del Wisconsin-Madison. Secondo il professor Scheufele, il comportamento online è indicativo di una grande quantità di informazioni ed è perfettamente possibile analizzare l’attività di Facebook per determinare tutto, dalla salute al tipo di personalità, dalle inclinazioni politiche alla volontà di votare. Dunque, se Cambridge Analytica ha avuto a disposizione una serie completa di dati utente da Facebook, come è stato rivelato, allora potrebbe avere ottenuto una visione unica di ciò che rende le persone votanti e in che modo.  Tale conoscenza consentirebbe una pubblicità precisa e mirata, che, ovviamente, è esattamente ciò che Facebook vende i propri inserzionisti anche se ha annunciato che interromperà la collaborazione con aggregatori terzi di dati d’ora in avanti (qui l’articolo di Start Magazine).

Dopo aver compreso le sfumature degli individui e aver pagato per un marketing mirato, queste pubblicità possono farci cambiare idea? Secondo il professor Scheufele è altamente improbabile. Non siamo così maneggevoli come Cambridge Analytica vorrebbe far credere. Scheufele si basa sulla ricerca di scienze politiche del sociologo Paul Lazarsfeld della Columbia University. Lo studio ha dimostrato come negli anni ’40 la maggior parte degli effetti delle campagne politiche fossero effetti di rinforzo. Una volta che qualcuno ha già un’opinione, si concentrerà su messaggi che supportano l’idea preesistente. Dunque, le pubblicità non ci fanno davvero iniziare a pensare in modo diverso.

Contrariamente a quanto potrebbe suggerire Cambridge Analytica, non esiste una scienza precisa e dettagliata secondo cui se si mostrano particolari annunci a determinati tipi di personalità in un momento specifico, allora si otterrà un determinato risultato. Non dimentichiamoci che, dopotutto, Cambridge Analytica fu ingaggiata dal repubblicano Ted Cruz durante le presidenziali statunitensi 2016… e Ted Cruz non è diventato presidente.

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