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Digital Tax

Vi racconto le bizzarrie digitali pensate in Europa (web tax e non solo)

Il commento di Edoardo Narduzzi, manager, imprenditore ed editorialista, sulla web tax europea e non solo L’ultima stagione di trimestrali di Wall Street ha ricordato al mondo lo strapotere americano nelle piattaforme digitali che distribuiscono servizi. Le varie Microsoft, Netflix, Amazon, Facebook  e compagni hanno sorpreso investitori e analisti annunciando profitti e dividendi per azione migliori delle aspettative. Con la…

L’ultima stagione di trimestrali di Wall Street ha ricordato al mondo lo strapotere americano nelle piattaforme digitali che distribuiscono servizi. Le varie Microsoft, Netflix, Amazon, Facebook  e compagni hanno sorpreso investitori e analisti annunciando profitti e dividendi per azione migliori delle aspettative. Con la crescente digitalizzazione del business non potrebbe essere altrimenti, visto che una percentuale crescente dei consumi e della spesa annua lascia il mondo della distribuzione fisica per abbracciare l’esperienza dell’acquisto online.

COLOSSI O MONOPOLISTI?

Il fatto, poi, che nell’era del business a distribuzione multicanale le piattaforme possano facilmente fornire i rispettivi servizi o contenuti ovunque nel mondo (fenomeno oggi agevolato e amplificato dai nuovi sistemi di pagamento molto consumer friendly), trasforma il posizionamento di mercato dei colossi della tecnologia americana in monopolisti naturali, in grado di definire con ampi gradi di libertà le rispettive strategie di business e di prezzo.

IL RUOLO DELLA CINA

In questo scenario soltanto la Cina pare in grado di contrastare l’avanzata degli Usa, perché dispone di un mercato interno enorme e perché ha una catena di comando politico molto integrata e interessata alla difesa del made in China anche nel digitale. La Cina è in grado di agevolare e accelerare la nascita di campioni nazionali del business digitale, anche rallentando l’ingresso di quelli americani, per poi aiutarne l’espansione a livello mondiale.

IL NANISMO EUROPEO

L’Europa, se si escludono pochissimi casi, come la svedese Spotify nella distribuzione musicale, è un nano nel confronto industrial-tecnologico. Un mercato di consumo e di distribuzione più che un mercato di produzione o di governo strategico del business digitale. La risposta dei Paesi europei, che da anni provano a sussidiare con risorse pubbliche il settore, è ancora troppo statocentrica. È questo il caso della Francia, il cui presidente Jacques Chirac annunciò pomposamente nel 2006 la nascita della «Airbus  del digitale» nel presentare Quaero, il motore di ricerca europeo che avrebbe dovuto competere con Google e che mai è esistito per davvero, nonostante le centinaia di milioni di euro spese per farlo decollare.

I RISCHI DI UNA WEB TAX

Ora l’Europa discute soprattutto di web tax, cioè di come far pagare le tasse ai colossi americani del digitale. Una magra consolazione perché la web tax sarà del tutto traslata, quindi fatta pagare, ai consumatori europei che continueranno a comprare online da Netflix  o dallo store di Apple perché non hanno alternative.

GLI ERRORI E LE INERZIE DELL’EUROPA

Invece di discutere su come poter avere delle Amazon o delle Google made in Europe, il dibattito si è schiacciato su come tassare il benessere offerto ai consumatori dal business digitale. Forse solo una vera flat tax può salvare l’Europa dalle sue visioni distorte, ferme all’economia degli atomi.

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