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Sandbox e Innovation Hub: 2 possibili regali sotto l’albero per le startup italiane (fintech e non solo)

L'approfondimento di Andrea Brancatelli, responsabile legale di MoneyGram per Sud Europa & prodotti digitali

La legge 28 giugno 2019, n. 58 di conversione del decreto legge 30 aprile, n. 34 (Decreto Crescita), ha introdotto in Italia la disciplina dei cosiddetti sandbox regolamentari, come già anticipato in un mio precedente intervento.

Il sandbox, in generale, è un’area di prova dove i progetti a contenuto innovativo vengono costruiti e autorizzati in maniera semplificata e flessibile e non rimangono quindi bloccati da rigidi adempimenti normativi, amministrativi e patrimoniali.

Lo scopo dei sandboxes è sostanzialmente quello di permettere la sperimentazione, soprattutto per startup che utilizzano nuove tecnologie, per fare partire progetti in ambiente di test e soprattutto con adempimenti burocratici e autorizzativi semplificati.

Per il nostro ordinamento si tratta di una novità assoluta in quanto prima di tale intervento normativo qualsiasi nuova impresa, che intendeva offrire un servizio regolamentato, doveva prima ottenere piene autorizzazioni e/o licenze, mentre in altri Paesi, accadeva che le autorità permettessero un percorso semplificato per far partire i progetti innovativi.

Una tale diversità di approccio naturalmente ha favorito la migrazione di startup verso paesi dotati di sandbox, con svantaggio del contesto economico italiano che rimane ancorato alle stesse regole, sia che si tratti di far partire un’attività tradizionale (es. banca) sia che si tratti di lanciare un’impresa innovativa (app per il credito).

Inoltre, il legislatore si è reso conto che spesso le startup innovative ottenevano autorizzazione, tramite sandbox, all’estero e poi iniziavano ad operare in Italia grazie al regime di libera circolazione dei servizi, creando in tal modo una distorsione delle regole, rispetto a quelle realtà che percorrevano l’intero iter autorizzativo in Italia.

Il Decreto Crescita ha introdotto il sandbox limitatamente all’attività fintech in quanto la finanza è il primo settore per quantità e qualità di progetti innovativi. Tuttavia, di recente il ministero dell’Innovazione ha proposto – con emendamento alla Legge di Bilancio – di estendere il perimetro dei sandboxex ad altri settori ed in particolare alla mobilità, alla logistica, ai droni, alla robotica e all’intelligenza artificiale, introducendo in tal modo il concetto di “diritto ad innovare” e quindi diritto a sperimentare l’innovazione da applicare oltre i confini del fintech.

Attualmente, siamo in attesa che il Mef adotti (entro 180 giorni dal 30 giugno 2019 ovvero dall’entrata in vigore della legge 58/2019) auspicabilmente per fine dicembre un regolamento per definire in dettaglio i termini del sandbox. In particolare, il Decreto Crescita ha delegato il Mef ad emettere tale predetto regolamento al fine di chiarire quali saranno:

(i)        le tempistiche e la durata di un percorso sandbox (in ogni caso non superiore a 18 mesi);

(ii)        i requisiti patrimoniali ridotti di cui si può godere in un sandbox;

(iii)       gli adempimenti semplificati di cui si potrà beneficiare;

(iv)       i tempi ridotti delle procedure autorizzative per partire con un’attività innovativa;

(v)        i rapporti di vigilanza ed il flusso comunicativo che l’impresa innovativa dovrà instaurare con le autorità competenti per la procedura di sandbox.

Con riferimento all’ultimo punto, infatti, accanto al sandbox troviamo i cosiddett innovation hub cui le autorità europee riunite in ESA (European Supervisory Authorities) hanno dedicato un report monografico proprio insieme alle sandboxes.

L’innovation hub è sostanzialmente un canale privilegiato di comunicazione che permette ai soggetti vigilati (es. startup che offrono servizi regolamentati) di confrontarsi con le autorità competenti sulla conformità del servizio finanziario offerto e sul modello di business, rispetto ai requisiti autorizzativi fissati dall’autorità.

Un innovation hub è naturalmente molto utile durante un processo di sandbox dove il soggetto vigilato deve poter dialogare in maniera rapida ed efficace con le autorità e dove soprattutto i quesiti – soprattutto a contenuto innovativo – sono molteplici. Tornando all’Italia un esempio già operativo, in ambito bancario, di innovation hub è il “Canale Fintech” istituito dalla Banca d’Italia già nel 2017 e che permette alle startup/fintech di compilare e inoltrare un modulo che descrive le caratteristiche del progetto innovativo al fine di avviare il dialogo con la Banca d’Italia per allineare il modello di  business innovativo alle norme, che spesso non prendono (ancora) in considerazione il nuovo modello operativo.

Tornando al sandbox, sicuramente il mercato finanziario attende con ansia il predetto regolamento Mef poiché la maggior parte delle startup fintech vorrebbe sfruttare i benefici del sandbox come accade già in vari paesi, prima tra tutti l’Inghilterra.

Inoltre, ove il “diritto ad innovare” venga recepito tale strumento del sandbox potrà essere utilizzato anche in altri settori diversi dal fintech e magari insieme a ulteriori canali di innovation hub che le autorità vorranno implementare.

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