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Come gioca l’Italia nella partita dell’intelligenza artificiale

L'approfondimento di Sebastiano Torrini

Italia in ritardo sul fronte dell’innovazione, dell’intelligenza artificiale e in generale su tutti i servizi collegati. È quanto emerge dallo studio dal titolo “L’intelligenza delle tutele. I consumatori tra protezione ed empowerment al tempo dell’intelligenza artificiale” condotto dall’Istituto per la Competitività (I-Com) e presentato a Roma in occasione del convegno dell’osservatorio sui consumatori. Il rapporto è stato curato dal presidente I-Com Stefano da Empoli e dalla direttrice dell’area digitale Silvia Compagnucci. (qui il rapporto completo e l’executive summary)

ITALIA INDIETRO NELL’UTILIZZO DI INTERNET

Il primo dato messo in evidenza dallo studio è il grado di utilizzo di internet e il livello di penetrazione di alcuni dei principali servizi digitali. Il numero di coloro che accedono a Internet nel mondo ha superato i quattro miliardi di persone con la conseguenza che più della metà della popolazione mondiale ormai è online (il tasso di penetrazione globale è pari al 53%) (“Digital in 2018”, We Are Social). I Paesi del Nord Europa, in linea con le analisi condotte negli scorsi anni, presentano un maggiore livello di “maturità digitale” . Ed infatti, in Lussemburgo, Danimarca e Svezia soltanto il 2% degli individui non è mai andato online nel 2017, il 3% in Olanda, il 4% nel Regno Unito. In Italia, rileva il rapporto, ancora il 22% degli individui non ha mai usato internet nel 2017 (a fronte di una media europea del 13%) mentre il 68% ha utilizzato internet ogni giorno (a fronte di una media europea del 72%). Nonostante la grave immaturità del nostro Paese nell’uso di internet, è interessante evidenziare come l’Italia si posizioni per prima, tra i Paesi europei, in relazione al tempo trascorso su internet quotidianamente (6 ore ed 8 minuti al giorno secondo i dati We Are Social).

IL NOSTRO PAESE INDIETRO ANCHE NELL’UTILIZZO DI SERVIZI DIGITALI

Per quanto concerne i dati relativi all’utilizzo dei servizi digitali, l’analisi dei dati mostra un grave ritardo del nostro Paese in relazione a tutte le attività analizzate: in relazione alla più elementare delle attività, ossia l’invio e la ricezione di email, l’Italia registra una percentuale pari al 55% a fronte di una media europea del 72%. Siamo ultimi a livello europeo per chiamate e videochiamate effettuate, con una percentuale che si ferma al 28%, ben 11 p.p. al di sotto della media europea, penultimi – seguiti dalla sola Romania – in relazione alla ricerca online di informazioni su beni e/o servizi con una percentuale che si attesta al 38% distante ben 27 p.p. dalla media europea e molto distanti dalla media europea – 15 p.p. – in relazione alla prenotazione di viaggi ed alloggi.

ITALIA IMMATURA NEL SETTORE BANCARIO E FINANZIARIOintelligenza artificiale

Anche con riferimento al settore bancario/finanziario, l’Italia rivela una certa immaturità. Ed infatti, se si guarda l’acquisto o vendita di azioni, obbligazioni, fondi o altri servizi di investimento, l’acquisto o il rinnovo di polizze assicurative, la concessione di un prestito o la gestione crediti da banche o altri soggetti finanziari l’Italia risulta molto indietro, con una percentuale del 7% (a fronte di una media europea del 15%), fortemente staccata dalla Svezia che registra un 43%. Rispetto all’internet banking, a fronte di una media europea del 51%, in Italia nel 2017 la percentuale di individui che ha fatto ricorso all’internet banking si è fermata al 31% a distanza siderale dalla Danimarca dove la percentuale si attesta al 90%. Quanto alle tendenze del settore bancario nel nostro paese, ai primi posti delle priorità d’investimento ICT del settore troviamo le iniziative che riguardano soprattutto l’evoluzione dei canali, anche in ottica digitale e il rafforzamento delle componenti di sicurezza (Abi Lab). Quanto al ruolo della filiale, il campione analizzato da KPMG nel 2018 riconosce ancora l’indispensabilità della filiale per una serie di attività ed in particolare per la sottoscrizione di un mutuo (44%), la risoluzione di eventuali problematiche (42,4%) e per la gestione di operatività straordinaria e complessa (36,6%) mentre per quanto attiene alle ragioni della scelta di una banca online, il movente economico continua a rappresentare la principale spinta, seguito da considerazioni legate alla comodità di fruizione dei servizi. Ed infatti, alla base della predilezione della banca online troviamo condizioni economiche più vantaggiose nel 52,1% dei casi; a seguire, la maggiore comodità nella fruizione dei servizi tramite il canale web (41,4%) e mobile (30,7%). Le operazioni più frequentemente compiute online sono la consultazione dell’estratto conto e dei documenti informativi (74%) e le disposizioni di pagamento (59%).

BIG DATA: UN GIRO DI AFFARI DI QUASI 5 MILIARDI DI EURO

Il valore di mercato dei dati in Italia (inteso come il valore aggregato della domanda dei dati digitali senza considerare gli impatti diretti o indiretti sull’economia nazionale) nel 2017 ha raggiunto i 4,96 miliardi ed entro il 2021 dovrebbe superare i 9 miliardi e mezzo di euro. Secondo uno studio dell’Osservatorio Big Data analytics & business intelligence del Politecnico di Milano sull’utilizzo dei Big Data da parte delle grandi aziende nel nostro paese, il settore che nel 2017 ha utilizzato maggiormente questi dati è stato quello bancario (28%), seguito dal manifatturiero (24%) e da Telco e Media. Inoltre, secondo il rapporto “EU Data Market Study” nel 2017 in Italia erano attive circa 14 mila “Data Companies” (intese come società che producono o forniscono servizi e tecnologie per lo sfruttamento dei dati) che hanno prodotto un fatturato superiore ai 5,2 miliardi di euro e entro il 2020 potrebbero superare le 22 mila unità. Le compagnie che nel nostro Paese fanno un uso intensivo e strategico dei dati sono invece più di 86 mila. I settori che producono i dati di maggior valore sono il manufatturiero, i servizi finanziari e quelli professionali. Le informazioni provenienti da questi tre comparti valgono circa il 55% dell’intero mercato.

POCA CONSAPEVOLEZZA SULLA GENERAZIONE DATI DA AZIONI ONLINE PER GLI UTENTI

Intelligenza artificialeDall’indagine conoscitiva sui Big Data, condotta congiuntamente dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) e dal Garante per la protezione dei dati personali, emerge che circa 6 utenti su 10 sono consapevoli del fatto che le loro azioni online generano dati che possono essere utilizzati per analizzare e prevedere i loro comportamenti, e appaiono anche informati dell’elevato grado di pervasività che il meccanismo di raccolta dei dati può raggiungere (ad esempio, sulla geo-localizzazione e sull’accesso di diverse app a funzionalità come la rubrica, il microfono e la videocamera) nonché delle possibilità di sfruttamento dei dati da parte delle imprese che li raccolgono.

INTELLIGENZA ARTIFICIALE: MERCATO GLOBALE CHATBOT A 1,25 MILIARDI DI DOLLARI ENTRO IL 2025

Il mercato globale dei chatbot dovrebbe raggiungere 1,25 miliardi di dollari entro il 2025. Inoltre, si stima che in questo biennio crescerà a un tasso medio annuo superiore al 37%, avverte il rapporto. Uno strumento in fortissima crescita anche nel settore pubblico – per il quale si prevede un aumento del 42% a livello mondiale – e pure nella vendita al dettaglio grazie alle principali piattaforme di e-commerce come Amazon, Alibaba, Flipkart, Snapdeal e Walmart. I chatbot, inoltre, sono sempre più frequentemente utilizzati in ambito finanziario e assicurativo. Peraltro, dallo studio emerge come siano sempre di più le aziende che decidono di sviluppare interfacce digitali capaci di assistere gli utenti in ogni momento e di fornirgli risposte precise e istantanee in grado di portare valore aggiunto al servizio di customer care offerto dall’impresa.

IL 60% DEGLI INTERVISTATI PREDILIGE L’UTILIZZO DEL TELEFONO E DELLE E-MAIL PER INTERFACCIARSI

Tuttavia, sebbene l’intelligenza artificiale stia facendo passi avanti da gigante, sono ancora molti coloro che utilizzano i tradizionali strumenti di comunicazione per entrare in contatto con le imprese. Su un campione di 1.000 persone, il 60% degli intervistati predilige l’utilizzo del telefono e delle e-mail, il 54% si interfaccia con il sito web, il 39% si reca direttamente sul posto per avere un contatto face to face e il 38% utilizza le chat online. Segue chi si affida alle app e ai social media mentre solo il 15% utilizza i chatbot. Una percentuale ancora bassa, ma che si stima in crescita nei prossimi anni. Diversi sono i motivi che spingono i consumatori a utilizzare questi software che simulano un assistente umano: in particolare per ottenere una risposta veloce in caso di emergenza (37%) o per risolvere un problema (35%). Molti anche i benefici: il 64% degli intervistati apprezza la disponibilità 24 ore su 24 del servizio di customer care, indiscutibilmente uno dei maggiori vantaggi dei chatbot. Nonostante questi numeri incoraggianti, permane però ancora qualche dubbio: per il 43% degli intervistati sarebbe preferibile avere a che fare con una persona in carne e ossa, mentre in molti hanno paura di commettere errori.cina

ITALIA DECIMA SULL’ADOZIONE DI STRUMENTI DOTATI DI INTELLIGENZA ARTIFICIALE

Lo studio, infine, si concentra sulle opportunità e le sfide per le imprese e i consumatori. Per le prime lo sviluppo e l’adozione di strumenti dotati di intelligenza artificiale permettono di sfruttare una serie di vantaggi come, per esempio, l’ottimizzazione dell’inventario in tempo reale, il miglioramento della logistica e delle consegne, nonché la profilazione dei clienti. Su oltre 22.000 consumatori di 27 Paesi in tutto il mondo, le prospettive per i dispositivi dotati di intelligenza artificiale sono promettenti. Attualmente solo il 10% degli intervistati ha dichiarato di possedere questo genere di dispositivi. Al primo posto ci sono i consumatori asiatici. Tra i primi 10 Paesi, troviamo Cina, Vietnam, Indonesia, Stati Uniti, Tailandia, Brasile, Francia, Regno Unito, Polonia e – decima – l’Italia.

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