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Il Fintech “motore” per contrastare declino e rilanciare crescita

Si chiude l’indagine conoscitiva sulla fintech in commissione Finanze a Montecitorio. Educazione finanziaria, competenze e sostegno politico le chiavi per dare una chance all’Italia Un Piano d’azione del Governo, combinato con un ambiente politico stabile, una diffusione della conoscenza tecnologica e un esteso programma di educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale, nonché di alfabetizzazione digitale del…

Si chiude l’indagine conoscitiva sulla fintech in commissione Finanze a Montecitorio. Educazione finanziaria, competenze e sostegno politico le chiavi per dare una chance all’Italia

Un Piano d’azione del Governo, combinato con un ambiente politico stabile, una diffusione della conoscenza tecnologica e un esteso programma di educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale, nonché di alfabetizzazione digitale del Paese. Sono le raccomandazioni formulate dalla Commissione Finanze di Montecitorio che ha dato il via libera al documento conclusivo dell’indagine conoscitiva sulle tematiche relative all’impatto della tecnologia finanziaria sul settore finanziario, creditizio e assicurativo. Partita a settembre con l’intento di approfondire il fenomeno del Fintech e dare al nostro paese una regolamentazione e una spinta propulsiva alla “tecnofinanza”, l’indagine, sottolinea la Commissione stessa, ha raggiunto l’obiettivo di consentire al Parlamento “di prendere contatto in modo diretto con un mondo estremamente vario e stimolante, costituito in primo luogo da start up nate negli ultimi anni nel settore del FinTech grazie all’iniziativa di soggetti italiani, che stanno mutando il panorama e gli stessi paradigmi del sistema imprenditoriale nazionale”, si legge nel documento conclusivo.

L’obiettivo era approfondire il fenomeno per dare una chance al nostro paese nel settore

Più in dettaglio, sottolinea la commissione di Montecitorio nel testo, le nuove tecnologie possono costituire “un motore fondamentale per realizzare alcuni obiettivi cruciali al fine di contrastare il declino e riprendere un duraturo percorso di crescita” come quello di “dare al Paese la chance di svolgere un ruolo importante in nuovi mercati di beni e servizi a elevato contenuto di innovazione e a maggiore valore aggiunto, facendo fronte in tal modo alle sempre più difficili sfide competitive di un’economia globalizzata”. Ma anche di “modernizzare i processi produttivi, con effetti di scala potenzialmente positivi anche in quei settori che in questo momento appaiono più lontani dalle nuove tecnologie” e “migliorare l’infrastruttura tecnologica del Paese, colmando una serie di ritardi che esso ha accumulato negli ultimi decenni, ad esempio in termini di digital divide”. Senza dimenticare l’obiettivo di “qualificare maggiormente il capitale umano, che ha sempre costituito un elemento chiave per la crescita dell’economia italiana”, “rafforzare le relazioni tra l’economia italiana e i contesti economici e tecnologici più avanzati a livello mondiale, cogliendo in tal modo le opportunità di crescita che tale confronto può sviluppare” e “dare nuove prospettive di lavoro qualificato ai giovani, contrastando al contempo i fenomeni di marginalizzazione della classe media professionale, imprenditoriale e commerciale”.

Assicurare azione innovatrice e distruttrice senza riproporre disequilibri e strettoie concorrenziali

Secondo la commissione Finanze il principio fondamentale verso cui orientare l’azione della politica, nazionale ed europea, e le sue scelte regolatorie in questo campo, “deve essere quello di assicurare che l’azione innovatrice e, in alcuni casi distruttrice, delle nuove tecnologie finanziarie non riproponga i disequilibri, le strettoie concorrenziali e gli abusi di posizione attuali, mutando solo i soggetti che possono goderne, ma assicurare che i ‘dividendi’ dell’innovazione tecnologica siano fruiti da una platea sempre più vasta di cittadini”. Occorre cioè, “in una prospettiva autenticamente riformista, sfruttare le energie formidabili delle nuove tecnologie come motore non per un mera redistribuzione di rendite di posizione o una sostituzione di vecchie con nuove elites, ma per ampliare il benessere delle persone, favorire l’inclusione, che non può essere solo finanziaria, ma deve divenire sociale, politica e umana”. In sintesi, osserva ancora la Commissione “riproponendo uno slogan antico, occorre dunque che le tecnologie finanziarie, per costituire vero progresso, possano risultare a beneficio del numero più ampio possibile di persone”.

Servono iniziative per rendere l’Italia un paese FinTech-friendly

Alla luce di tali principi e delle risultanze dell’indagine, la Commissione Finanze ritiene quindi necessario intraprendere “iniziative che si muovano in molteplici direzioni, nella prospettiva di rendere l’Italia un Paese FinTech-friendly”. Tale esigenza è motivata, oltre che da considerazioni generali, anche dallo scenario congiunturale, che potrebbe creare ulteriori opportunità legate alla Brexit. “A seguito dell’uscita dall’Unione europea della Gran Bretagna, dove è attualmente collocato l’hub FinTech europeo per eccellenza, potrebbero infatti maturare le condizioni per cui banche e istituzioni finanziarie trovino più conveniente lasciare la City di Londra. L’Italia non può non cogliere l’opportunità di candidarsi a nuovo hub FinTech europeo, in quanto ciò significherebbe afflusso di capitali stranieri, creazione di posti di lavoro sostenibili, importazione di risorse con caratteristiche di eccellenza internazionalmente riconosciute, indotto per tutto il settore dell’innovazione, internazionalizzazione delle imprese italiane”, ammette la Commissione.

Fondamentali le regulatory sandbox

Anche in questa prospettiva occorre dunque, secondo la commissione Finanze di Montecitorio, “riformare anzitutto il vigente contesto normativo, al fine di creare un contesto sociale e giuridico che accolga l’innovazione nel settore finanziario, nonché intraprendere iniziative volte a valorizzare e specializzare il capitale umano”. Il principale punto a favore dello sviluppo del FinTech nei Paesi anglosassoni, in particolare nel Regno Unito, è infatti la presenza di una regulatory sandbox, un ambiente di testing per le start-up, assistito dalle autorità regolatrici del settore. “Diventa pertanto prioritario introdurre, in Italia, un ‘sistema regolato graduale’ di legislazione, che consenta alle aziende di sperimentare i propri servizi e prodotti con un impatto estremamente limitato, destinato alla sola clientela professionale, per un periodo di tempo circoscritto e sotto la supervisione dei regolatori, i quali in tal modo sono posti in condizione di studiare da vicino l’innovazione e adeguare opportunamente i sistemi di vigilanza – avverte la commissione -. Ciò non deve, peraltro, comportare un allentamento dei presidi di garanzia a favore della clientela, una deroga strutturale alla regolamentazione vigente, né la creazione di un contesto normativo parallelo di favore. A tale ambiente potrebbero, infatti, accedere anche gli intermediari tradizionali, con evidente vantaggio sia della competitività sia della spinta ad una continua innovazione”.

In questo ecosistema le Autorità regolatrici, l’Amministrazione pubblica, i Centri di ricerca, i Fondi di venture capital e le start-up del FinTech “opererebbero affiancati, così da favorire lo sviluppo del settore e rendere attraente l’investimento delle aziende in Italia – si legge nel testo -. Si pensi ad esempio all’attivazione di una vera e propria FinTech Tower, che possa rappresentare un innovation hub nel quale sviluppare e condividere conoscenza scientifica, metodi applicativi, modelli di business. Ciò rafforzerebbe inoltre un fruttuoso scambio di idee e di conoscenze, fornendo ispirazione alla comunità, stimolando le start-up più creative, così come agli operatori storici, a trovare soluzioni innovative ai problemi globali”.

Serve capitale umano di elevato livello

“Nel nostro Paese – si legge ancora nel documento conclusivo – è necessario un urgente adeguamento alla politica di formazione finanziaria diffusa nei paesi anglosassoni, così come è necessario rendere attraente il rientro dall’estero di personale italiano qualificato, al contempo attraendo competenze dal resto del mondo. L’azione politica deve orientarsi al sostegno della ricerca in tutte le aree del FinTech, per costruire una leadership accademica e tecnologica nel settore. Specifici moduli di formazione nel FinTech dovrebbero essere inclusi nei corsi di laurea e di dottorato pertinenti, per esporre gli studenti al comparto e, al contempo, per proporre al settore del FinTech, personale adeguatamente preparato e pronto ad essere inserito nel mondo del lavoro”.

Tre raccomandazioni della Commissione Finanze di Montecitorio

La Commissione Finanze ha formulato tre raccomandazioni che investono, verticalmente, tutta questa tematica: “Da un lato occorre un Piano d’azione del Governo, combinato con un ambiente politico stabile: sono fattori che incoraggiano il settore privato a investire in FinTech. Si ritiene necessario, quindi, un coordinamento tra Governo, regolatori, imprese e università, che dia una governance univoca al settore del FinTech e gestisca correttamente un passaggio così delicato per il nostro sistema economico-finanziario”. Coerentemente alle risultanze dell’indagine, occorre dunque “individuare uno o più soggetti istituzionali e operativi, che fungano da punto di riferimento del settore e definiscano obiettivi misurabili, programmi e azioni da porre in essere, valorizzando le esperienze, le competenze e le iniziative maturate dai soggetti attivi sul territorio nazionale – evidenzia il testo -. Ad essi vanno affidati compiti di promozione, indirizzo, agevolazione, valutazione e monitoraggio degli strumenti della tecnologia finanziaria. Essi devono, in sostanza, promuovere una stretta collaborazione tra i soggetti pubblici e privati. Occorre una corretta scansione dell’orizzonte per anticipare, monitorare e assistere nella gestione dei rischi e delle minacce emergenti nel FinTech, identificando strumenti tecnico-normativi per lo sviluppo della tecnologia digitale sul mercato finanziario, creditizio e assicurativo”.

Una seconda raccomandazione riguarda la diffusione della conoscenza. “Le sfide di settore costituiscono una modalità efficace per stimolare l’applicazione e la promozione delle nuove tecnologie in nuovi settori, nei quali il mercato da solo può essere insufficiente. Occorrerebbe quindi creare un programma di ‘grandi sfide’ sul FinTech, al quale partecipino equamente il mondo accademico, le imprese e il terzo settore. Tale programma migliorerebbe lo scambio di idee e conoscenze; esso darebbe ispirazione alla comunità FinTech, stimolando le start-up creative e gli operatori storici a trovare soluzioni innovative ai problemi globali”.

Una terza raccomandazione riguarda infine l’esigenza di sostenere “un esteso programma di educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale, nonché di alfabetizzazione digitale del Paese, promuovendo così una vera e propria pratica educativa della cittadinanza economica calata nel nuovo contesto tecnologico e garantendo anche sotto questo profilo un’adeguata protezione dei risparmiatori e degli investitori. A tal fine devono essere individuati interventi mirati per le esigenze dei diversi segmenti di popolazione, per raggiungere il più ampio spettro di utenti, anche grazie all’utilizzo di strumenti innovativi quali, ad esempio, un portale telematico nazionale per l’educazione alla cittadinanza economica”, conclude il documento della commissione Finanze.

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