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Web tax, No trivelle, Bce stile Fed, batterie elettriche. Tutti i punti del programma M5S per le Europee su fisco, economia, energia e mobilità

Che cosa c'è e che cosa non c'è (è scomparso il referendum sull'euro proposto nel 2014) nel programma del Movimento 5 Stelle per le prossime elezioni del Parlamento europeo su economia, finanza, energia, mobilità e tlc che è stato votato sulla piattaforma Rousseau

 

Introdurre a livello europeo un modello vincolante di tassazione unitaria delle multinazionali per far pagare le tasse alle multinazionali laddove conducono realmente la loro attività economica.

Introdurre una webtax per equiparare le imprese digitali alle imprese tradizionali sul fronte della tassazione.

Varare a livello europeo una tassa sulle transazioni finanziarie.

La crescita economica e la piena occupazione vengano inseriti tra gli obiettivi della BCE.

No al FME (Fondo monetario europeo), può diventare uno strumento di punizione per gli Stati in difficoltà.

Bisogna favorire la creazione di una filiera europea delle batterie elettriche nell’ambito dell’economia circolare.

Abbandono graduale delle fonti fossili e per più energia rinnovabile ed efficienza energetica. Dire no alle trivelle.

Serve una direttiva quadro dell’UE per i salari dignitosi che fissi minimi salariali a livello nazionale.

Sono alcune delle proposte contenute nel programma del Movimento 5 Stelle per le prossime elezioni europee che è stato votato on line dagli iscritti al Movimento 5 Stelle capeggiato da Luigi Di Maio.

Quali sono le differenze con il manifesto programmatico dei 5 Stelle alle passate Europee? “Il programma del 2014 si dipanava in sette punti, di cui cinque focalizzati sull’economia: l’abolizione del Fiscal Compact, l’adozione degli Eurobond, l’esclusione degli investimenti dal calcolo del 3 per cento, l’eliminazione del pareggio di bilancio e, infine, il referendum sull’euro”, ha sottolineato Wired.

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ECCO ALCUNI DEI CAPITOLI DEL PROGRAMMA ELETTORALE PER LE EUROPEE DEL MOVIMENTO 5 STELLE; QUI IL PROGRAMMA COMPLETO

LE NOSTRE PROPOSTE PER UN FISCO EQUO

Bisogna mettere fine all’era dei paradisi fiscali con queste proposte:

1) abbandonare su scala nazionale incentivi e pratiche fiscali dannose ponendo fine all’agguerrita concorrenza fiscale fra Paesi.

2) le multinazionali che lavorano in Italia devono pagare le tasse in Italia. Bisogna quindi introdurre un obbligo di rendicontazione pubblica Paese per Paese per tutte le multinazionali, così da conoscere quanto versano in imposte nei diversi Paesi in cui operano. La soglia, approvata dal Parlamento europeo, di 750 milioni di euro di fatturato per le imprese che devono rendicontare va abbassata.

3) applicare la 5 direttiva antiriciclaggio per creare registri pubblici dei proprietari effettivi delle aziende e impedire i trasferimenti in forma anonima dei proventi dell’evasione ed elusione fiscale.

4) introdurre a livello europeo un modello vincolante di tassazione unitaria delle multinazionali per far pagare le tasse alle multinazionali laddove conducono realmente la loro attività economica.

5) introdurre una webtax per equiparare le imprese digitali alle imprese tradizionali sul fronte della tassazione. Il Parlamento europeo ha approvato un pacchetto ambizioso ma il provvedimento è attualmente bloccato in Consiglio.

6) varare a livello europeo una tassa sulle transazioni finanziarie.

Se oggi il fisco è nemico di milioni di cittadini è anche perché è amico di pochissimi privilegiati. Tutto questo deve finire, ecco perché è importante approvare subito le nostre proposte contro la grande elusione. Bisogna quanto prima porre fine ai paradisi fiscali per ridurre le troppe disuguaglianze di questa Europa.

CAMBIAMO IL MANDATO DELLA BCE

Il mandato della Banca centrale europea è quello di assicurare che il tasso di inflazione di medio periodo all’interno dell’Unione europea sia inferiore e prossimo al 2%. L’ossessione per l’evoluzione dei prezzi come obiettivo principale non ha apportato alcun contributo alla crescita. La nostra proposta prevede che la crescita economica e la piena occupazione vengano inseriti tra gli obiettivi della BCE.

La Federal Reserve, per esempio, ha un doppio mandato. L’articolo 2 dello Statuto della BCE recita: “fatto salvo l’obiettivo della stabilità dei prezzi, esso sostiene le politiche economiche generali della Comunità al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi della Comunità definiti nell’articolo 2 del trattato”. La BCE, al contrario, dovrebbe avere come primo obiettivo la crescita economica e solo dopo quello della stabilità dei prezzi.

Inoltre, la BCE deve poter agire come prestatore di ultima istanza (lender of last resort) agendo nel mercato primario dei titoli di Stato per fornire liquidità agli Stati Membri. Al contrario, adesso, la BCE può agire solo nel mercato secondario e questo comporta un supporto solo al settore finanziario. La BCE deve diventare una banca per i cittadini e non più per le banche.

NO AL FONDO MONETARIO EUROPEO

La Commissione europea ha proposto di trasformare il Fondo Salva Stati (MES) in un “Fondo Monetario Europeo” (FME). Il compito di questo fondo sarà quello di salvaguardare la stabilità finanziaria nell’Eurozona, attivando linee di credito per salvare gli Stati a rischio in cambio di (contro)riforme decise a tavolino. Così come concepito il FME può diventare uno strumento di punizione per gli Stati in difficoltà. Il trattamento riservato alla Grecia ne è la dimostrazione. Servono invece misure e strumenti che affrontino le cause profonde che sono all’origine dei crescenti squilibri macroeconomici. Per questo vogliamo intervenire ex-ante su queste asimmetrie all’interno di questa Unione monetaria che è incompleta.

Durante la prossima legislatura verranno modificati il Six Pack e il Two Pack, i principali regolamenti e direttive che hanno imposto l’austerity. Noi chiederemo che vengano varati meccanismi di condivisione del rischio senza imporre condizionalità e misure per implementare politiche fiscali pro-crescita. I falchi dell’austerity sono avvertiti.

OBIETTIVO MOBILITÀ PULITA

Nei prossimi anni la trasformazione dei trasporti sarà cruciale per migliorare la qualità dell’aria e per la lotta ai cambiamenti climatici. Per questo il Movimento 5 Stelle sostiene con forza la diffusione dei veicoli a basse e zero emissioni. La strada per l’elettrificazione di auto, furgoni e camion è lunga ma noi vogliamo percorrerla, anche vigilando sugli standard per la riduzione della CO2 e sugli obiettivi per la promozione dei veicoli puliti a cui abbiamo già lavorato in Europa. Saremo sempre per una transizione equa e sostenibile e per ottenerla accompagneremo con una politica di incentivi il settore automobilistico più coinvolto dal mutamento necessario della produzione industriale.

Bisogna favorire la creazione di una filiera europea delle batterie elettriche nell’ambito dell’economia circolare. Non cederemo di un millimetro sul Dieselgate, scandalo tuttora irrisolto, e lotteremo per il trasporto pubblico pulito, facendo in modo che le nostre comunità possano godere delle risorse dell’UE per rinnovare le proprie flotte. Continueremo a lavorare per sganciare l’Europa dal destino fossile a cui è tuttora legata. E per farlo ci vuole il coraggio del cambiamento.

LA PROPOSTA PER IL RILANCIO DEGLI INVESTIMENTI

La manovra del popolo del governo Conte ha dimostrato che un’altra Europa è possibile perché rilancia gli investimenti bloccati in Italia. Secondo uno studio dell’Istituto Eurispes i vincoli di bilancio europei hanno bloccato nel nostro Paese 5,3 miliardi di investimenti pubblici dal 2012 ad oggi. Oggi più che mai c’è bisogno di una ‘golden rule’ nel Patto di Stabilità e Crescita, e cioè l’esclusione dal calcolo del deficit degli investimenti pubblici produttivi e d’impatto sociale. Maggiori investimenti pubblici, infatti, non solo rilanciano la domanda, ma generano più investimenti privati, con conseguenti effetti positivi sul PIL. La nostra proposta prevede che i settori coinvolti dalla cosiddetta ‘golden rule’ siano: istruzione, ricerca, sanità, sicurezza, infrastrutture.

UNA DIRETTIVA PER IL SALARIO MINIMO EUROPEO

Il salario minimo esiste in 22 Stati Membri dell’Unione europea. Questi sono secondo Eurofound, l’agenzia europea per il miglioramento delle politiche sociali e occupazionali, i dati delle remunerazioni mensili fissate dal salario minimo nei Paesi europei: in testa c’è il Lussemburgo con 1.998,59 euro al mese, seguito da Irlanda (1.614 euro), Olanda (1.578 euro), Belgio (1.562,6 euro) e Francia(1.498,5 euro). In fondo alla classifica troviamo Romania (407,3 euro), Lituania (400 euro) e Bulgaria (260,8 euro). In Italia, Austria, Danimarca, Finlandia e Svezia non esiste uno stipendio minimo stabilito per legge perché i salari vengono stabiliti dai contratti collettivi.

Il 9,6% dei lavoratori europei ha un salario inferiore ai minimi contrattuali, in Italia questa percentuale sale al 12%. Il trattato sul funzionamento dell’Unione europea non conferisce all’Unione europea competenze in materia di salari e retribuzioni. Tuttavia, i principi del pilastro europeo dei diritti sociali riconoscono ai lavoratori il diritto a una retribuzione equa che offra un tenore di vita dignitoso. Bisogna intervenire soprattutto per difendere i giovani che sono i più penalizzati.

Se vogliamo trasformare l’Europa nel Continente dei diritti e delle opportunità per tutti i lavoratori bisogna intervenire subito. La nostra proposta è semplice ma efficace: serve una direttiva quadro dell’UE per i salari dignitosi che fissi minimi salariali a livello nazionale, nel dovuto rispetto delle prassi di ciascuno Stato membro. Occorre un programma europeo per il calcolo di salari dignitosi allo scopo di definire salari dignitosi ufficiali a livello di Unione su base regionale in ogni Stato membro, mediante un metodo standardizzato – messo appunto dalla Commissione Europea – e utilizzato congiuntamente ai cosiddetti bilanci di riferimento.

MAI PIÙ TRIVELLE, DIFENDIAMO IL NOSTRO MARE

Parlare di trivelle oggi significa essere ciechi di fronte alle sfide che ci pone l’ambiente. Il pianeta ci presenta il conto delle politiche dannose portate avanti finora e il cambio di passo non può più essere rimandato: è il momento di investire nelle energie rinnovabili, unico modo per guardare al futuro in modo responsabile e tutelare la salute dei cittadini. Tutto il mondo sta andando verso nuove forme di produzione energetica, l’Europa non guardi al passato.

L’obiettivo della politica energetica dell’Ue è la completa decarbonizzazione entro il 2050. Perseverare con le trivelle ci allontanerebbe da questo proposito. Ecco perché in Europa il Movimento 5 Stelle sta lottando per l’abbandono graduale delle fonti fossili e per più energia rinnovabile ed efficienza energetica. Dire no alle trivelle significa anche difendere il nostro mare. Solo chi è nemico dell’ambiente può promuovere le trivelle.

NO A DISCARICHE E INCENERITORI, SÌ ALL’ECONOMIA CIRCOLARE

Il business dei rifiuti è uno dei più redditizi per affaristi e lobbisti. Per decenni in Italia la classe politica ha volontariamente fallito nell’organizzare la raccolta differenziata trasformando il loro dovere di gestire i rifiuti in emergenza. Dietro all’emergenza rifiuti i politici hanno fatto passare norme dannosissime per la salute dei cittadini, come la possibilità di trasformare ex cementifici in inceneritori. Bruciare i rifiuti ha costi altissimi per la salute dei cittadini. Una nuova ricerca dell’università di Lancaster ha scoperto accumuli di nanoparticelle tossiche nell’encefalo dei soggetti analizzati. Queste particelle ultrasottili sarebbero la causa di molte malattie neurodegenerative come l’Alzheimer. Sotto accusa sono le emissioni dagli inceneritori di ultima generazione e i filtri antiparticolato delle autovetture. Il Movimento 5 Stelle vuole cambiare il nostro modello di sviluppo da economia consumistica a economia circolare, basata cioè sulla prevenzione, sul riciclo e sul riuso del rifiuto che diventa quindi una risorsa. In questo ambito, non c’è spazio per l’incenerimento e ne chiediamo l’abbandono definitivo. Basta fare affari sulla salute dei cittadini!

RICOLLOCAMENTI OBBLIGATORI: CAMBIAMO IL REGOLAMENTO DI DUBLINO

Nella maggior parte dei casi i migranti che arrivano in Italia vogliono andare negli altri Paesi europei, quindi devono essere loro a condividere equamente le responsabilità dell’accoglienza. Purtroppo oggi così non è. Siamo stati i primi a denunciare il Regolamento di Dublino che ha trasformato l’Italia nel Paese colabrodo d’Europa. Dopo le nostre denunce la Commissione europea ha presentato un testo di riforma che, tuttavia, penalizzava l’Italia. Il Parlamento europeo lo ha modificato ma il testo votato da Pd e Forza Italia prevede che tutti i migranti economici devono restare in Italia. In questa contro-riforma, ci sono troppi filtri che appesantiscono la procedura e mettono un peso eccessivo sugli Stati membri di primo arrivo. Oggi il testo è in un binario morto perché in Consiglio c’è stato il secco no di alcuni Paesi che hanno dimostrato di non essere amici dell’Italia.

Continueremo a lottare per una riforma vera e non ipocrita del Regolamento di Dublino. La gestione dei flussi, l’accoglienza, le responsabilità e gli oneri debbano essere condivisi equamente tra tutti gli Stati Membri in base a parametri oggettivi e quantificabili, come popolazione, PIL e tasso di disoccupazione. I confini italiani sono i confini d’Europa. Nessun Stato membro deve essere lasciato da solo.

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