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Arabia Saudita

Tutti i travagli di Saudi Aramco

Mentre è stato rinviato il collocamento in borsa di Saudi Aramco, la compagnia petrolifera perde i diritti perpetui per sfruttare petrolio e gas del Regno. Articolo di Giusy Caretto 

Cattive notizie in casa Aramco. Mentre diventa ufficiale il rinvio della quotazione in Borsa del 5% della compagnia, di cui si era parlato per due anni, la società perde i diritti perpetui per sfruttare i vasti giacimenti di petrolio e gas del Regno. Ma andiamo per gradi.

DOVEVA ESSERE L’IPO Più GRANDE DI SEMPRE

Il progetto era chiaro: Saudi Aramco avrebbe dovuto collocare il 5% della propria compagnia petrolifera nazionale sul mercato azionario. Il processo era stato già avviato e i massimi funzionari della società avevano già avviato i colloqui con banche mondiali e con il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, pensando un collocamento sulla borsa americana.

Sarebbe dovuta essere l’Ipo più grande di sempre: il principe Mohammed bin Salman, erede del più grande esportatore di petrolio del mondo, figlio di re Salman, era convinto di poter racimolare fino a 100 miliardi di dollari.

TUTTO RIMANDATO

A due anni di distanza dal lancio del progetto e dopo mesi di numerose battute d’arresto, come scrive Reuters, tutto è rimandato. Già da aprile, Aramco avrebbe smesso di pagare alcune delle banche che si erano occupate della collocazione in Borsa. Ma a chiedere di fermare tutto è stato il padre del principe, re Salman, a giugno, dopo aver incontrato banchieri e alti dirigenti del settore petrolifero, tra cui un ex CEO di Aramco.

Questi incontri si sono svolti durante il Ramadan, che si è concluso a metà giugno: durante i colloqui sembra che sia emerso che l’Ipo avrebbe minato il regno, dal momento che l’Ipo avrebbe costretto la compagnia alla divulgazione pubblica dei dettagli finanziari.

La decisione, che secondo alcuni è definitiva, in realtà vuole solo prendere tempo e l’Ipo è rimandata. Certo è che a far desistere il re avrebbe anche contribuito la diffidenza generale sul valore da 2 trilioni di dollari della società petrolifera.

ALLA RICERCA DI UN’ALTERNATIVA

Proprio a giugno, mentre il re stava prendendo le sue decisioni in merito, Aranco ha chiesto alle banche che si occupavano dell’Ipo, tra cui JP Morgan e Morgan Stanley, sono stati invitati a presentare proposte per l’acquisizione da parte di Aramco di una partecipazione nel gigante petrolchimico SABIC dal fondo patrimoniale sovrano PIF.

Un cambio di programma, dunque: tutto questo era un primo segnale che i piani per la quotazione erano in fase di stallo e che Riyadh stava cercando di raccogliere fondi altrove, hanno commentato a Reuters le fonti bancarie.

ADDIO AI DIRITTI PERPETUI

Intanto, l’Arabia Saudita ha ridotto il periodo di tempo che la società energetica Saudi Aramco avrà a disposizione per sfruttare i diritti esclusivi sui vasti giacimenti di petrolio e gas del Regno. Come ha svelato il Financial Times, infatti, l’Arabia Saudita ha cambiato i vecchi accordi con Aramco: la concessione fatta dal governo, in base alla quale il gruppo avrebbe potuto esplorare e sviluppare risorse in modo perpetuo, è stata ora limitata a 40 anni con possibilità di rinnovo.

In realtà, la volontà del Governo era quella di stipulare un contratto a vent’anni, in linea con le compagnie petrolifere internazionali, ma questo “avrebbe avuto ripercussioni sulle riserve, i piani di sviluppo a lungo termine e la valutazione” dell’azienda stessa, ha spiegato il Finacial Times.

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