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Raffinerie

Che cosa succederà al prezzo del petrolio in 5 punti

L’articolo di Ester Corvi di Mf/Milano Finanza Dopo cinque mesi di rally (+45% dal settembre scorso), il prezzo del petrolio è sceso dell’11% nelle ultime due settimane, con il Wti ieri intorno a 59 dollari al barile e il Brent a 62,2. Il recente ribasso del greggio, per gli analisti di Rbc Capital Markets, è…

Dopo cinque mesi di rally (+45% dal settembre scorso), il prezzo del petrolio è sceso dell’11% nelle ultime due settimane, con il Wti ieri intorno a 59 dollari al barile e il Brent a 62,2. Il recente ribasso del greggio, per gli analisti di Rbc Capital Markets, è però più legato a fattori stagionali che al ritorno di un’eccessiva offerta sul mercato, e indicano un solido supporto a 50 dollari per il Wti. Ecco, a loro parere, cinque indicatori che consentono di capire la direzione che prenderà il prezzo del petrolio.

Squilibri fra domanda e offerta. Se nei mercati c’è eccesso di offerta i prezzi calano. In particolare quelli nell’Oceano Atlantico sono il barometro sullo stato di salute del mercato petrolifero globale, poiché la regione è la prima a riflettere la debolezza dei fondamentali, come una domanda stagnante. Sotto questo aspetto, le difficoltà incontrate dalle qualità del Mare del Nord (Brent, Forties, Ekofisk) indicano che i barili stentano a trovare acquirenti.

Manutenzione delle raffinerie. Il prezzo del petrolio è destinato a mantenersi instabile nelle prossime settimane, a causa del periodo di manutenzione degli impianti di raffinazione negli Stati Uniti, con interventi pesanti in programma questo mese e destinati a ridursi a marzo. Bisogna aspettarsi quindi transitori eccessi di offerta, fino a quando i raffinatori non termineranno i lavori.

Export di distillati da Cina e Arabia. Il recente aumento dell’export dalla Cina e dall’Arabia Saudita di benzina e altri distillati è un chiaro segnale che le raffinerie di quei Paesi producono più del necessario. Il segnale di allarme è rappresentato dalla debolezza dei margini di raffinazione in Asia e Medioriente, che potrebbe avere impatto sull’Europa.

Aumento dell’output Usa. Il mercato è diventato troppo rialzista e non ha considerato la risposta dei produttori americani di shale oil. I prezzi del Wti sono diminuiti rispetto ai recenti massimi, ma i produttori Usa hanno a lungo indicato che lo scisto a basso costo può prosperare anche con il barile intorno a 50 dollari.

Posizionamento degli investitori. Nelle ultime settimane è molto aumentata l’esposizione degli investitori passivi (Etf e fondi a benchmark) sul prezzo del petrolio, con il risultato che un’ulteriore scossa al mercato, a prescindere dalla causa, può provocare violente oscillazioni al ribasso.

(articolo tratto da Mf/Milano Finanza)

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