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Come la geopolitica cambierà il prezzo del petrolio

L’articolo di Ester Corvi, giornalista di Mf/Milano Finanza, con i report delle banche d’affari sulle previsioni dei prezzi del petrolio Il petrolio è tornato in prossimità della soglia dei 75 dollari al barile per il contratto giugno del Brent e dei 69 dollari per la stessa scadenza del Wti, trainato dai timori che gli Stati…

Il petrolio è tornato in prossimità della soglia dei 75 dollari al barile per il contratto giugno del Brent e dei 69 dollari per la stessa scadenza del Wti, trainato dai timori che gli Stati Uniti si chiamino fuori dal nuovo accordo sul nucleare iraniano.

I fattori geopolitici che ne hanno guidato la crescita da gennaio (+13,8% il Wti e +12,5% il Brent), insieme alla domanda degli investitori e ai fondamentali, restano all’orizzonte.

1) Bofa-Merrill Lynch. Gli analisti della banca d’affari Usa hanno mantenuto invariate le loro previsioni, intorno a una media di 60 dollari al barile, per il resto dell’anno, anche se ritengono che nel secondo trimestre possa toccare gli 80 dollari. Tenendo conto degli ultimi sviluppi sul fronte dei tassi di interesse e delle prospettive di crescita economica, hanno invece modificato le stime sulle quotazioni di oro, argento, rame e alluminio.

2) Société Générale. Il pericolo di una rinegoziazione sul nucleare iraniano, il continuo calo della produzione in Venezuela, con la possibilità di sanzioni dopo le elezioni del 20 maggio, continuano a spingere al rialzo i prezzi del greggio, senza dimenticare l’instabilità in Libia e le tensioni fra Arabia Saudita e Iran in Yemen e fra Israele e Iran in Siria. Gli analisti della banca d’affari francese stimano un prezzo medio del Wti di 63 dollari nel secondo trimestre 2018, 64 nel terzo e 60 nel quarto. Quello del Brent passerà invece rispettivamente da 67 a 68 e 64 dollari.

3) Roland Berger. Gli istituti di ricerca, le agenzie governative e i Paesi produttori di petrolio prevedono un moderato aumento del prezzo medio del barile Wti dai 51 dollari registrati nel 2017 a 54 dollari nel 2018. Nel 2017 sono cresciute sia la domanda sia l’offerta di petrolio e per la prima volta dal 2013 il mercato ha registrato un periodo di offerta «insufficiente» a seguito della decisione dell’Opec di tagliare la produzione per aumentare il prezzo medio del barile, precipitato all’inizio del 2016 addirittura sotto i 30 dollari. “Dal 2009 ad oggi le previsioni sul prezzo del petrolio messe a segno dagli istituti di ricerca e agenzie governative sono state mediamente più accurate di quelle fatte dai Paesi produttori” mettono in evidenza gli specialisti di Roland Berger.

4) Neuberger Berman. “Il settore dell’energia potrebbe essere un’opportunità emergente. Inoltre le dinamiche del settore forniscono alcune lezioni importanti sulle fasi finali del ciclo economico nel suo complesso. Ci sono molte aree dell’economia in cui gli investimenti sono rimasti modesti, causando una carenza di capitali per soddisfare l’aumento della domanda da parte di aziende e consumatori. Gli investimenti possono temporaneamente migliorare la produttività e la capacità dell’economia di rispondere a un aumento dei prezzi, moderando l’inflazione e prolungando il ciclo economico in un circolo virtuoso. Liberare questa energia imprigionata può imprimere un forte slancio al ciclo che si avvia alla maturità” scrive Erik Knutzen, responsabile investimenti di Neuberger Berman.

5) Pictet. I prezzi del petrolio hanno trainato verso l’alto l’insieme delle materie prime a partire dalla scorsa estate e per il momento lo scenario economico ancora positivo dovrebbe continuare a sostenere i prezzi delle commodity. L’amministrazione del presidente Trump sembra inoltre decisa a mantenere la pressione al ribasso sul dollaro: un biglietto verde debole tende a favorire gli attivi dei mercati emergenti, facendo lievitare i prezzi delle materie prime e aumentando i flussi di investimento.

(articolo pubblicato su Mf/Milano finanza)

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