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Libia e petrolio: l’avanzata di Total, il ruolo di Eni, le attese dell’Italia e la promessa di Trump

Gli Stati Uniti chiedono all’Italia di impegnarsi in prima fila, con l’appoggio degli States, sulla Libia. E l’Italia chiede agli Usa di Trump che le compagnie petrolifere americane non abbandonino la Libia per evitare di lasciare campo libero all’avanzata della società francese Total che agisce in contrapposizione all’Eni. E’ stato questo il vero succo del…

Gli Stati Uniti chiedono all’Italia di impegnarsi in prima fila, con l’appoggio degli States, sulla Libia. E l’Italia chiede agli Usa di Trump che le compagnie petrolifere americane non abbandonino la Libia per evitare di lasciare campo libero all’avanzata della società francese Total che agisce in contrapposizione all’Eni.

E’ stato questo il vero succo del colloquio fra il premier Giuseppe Conte e il presidente Donald Trump sul dossier Libia?

L’interrogativo non è peregrino viste le cronache del vertice e le indiscrezioni successive all’incontro tenuto alla Casa Bianca.

Di certo c’è che le preoccupazioni per il caos politico del Paese Nord africano e le pulsioni jihadiste che solcano la Libia vanno di pari passo con il capitolo legato al petrolio libico.

Infatti, la principale risorsa che tiene in piedi il governo di Tripoli, il solo riconosciuto a livello internazionale, è il petrolio.

Il premier Fayez Sarraj fatica a contenere le mire sui giacimenti del generale Khalifa Haftar, il capo della Cirenaica, appoggiato dal presidente francese Emmanuel Macron, come Start Magazine ha ricostruito in questo articolo.

Dal punto di vista di Tripoli è fondamentale che non ci siano cambiamenti nella gestione del greggio, come ad esempio la divisione del colosso petrolifero statale Noc, gradita invece ad Haftar e alla Francia.

“Ma la Total, spalleggiata da Macron, vuole crescere in un Paese ricco di riserve e dove ha un ruolo marginale: produce solo 31 mila barili di petrolio al giorno contro i 384 mila di Eni, la società straniera dominante”, ha scritto oggi il Sole 24 Ore.

Tra gli obiettivi di Total c’è il consorzio Waha, a sud est di Sirte: una riserva cospicua, da circa 600 mila barili al giorno. In testa all’azionariato c’è la National Oil Corp, la società statale libica, con una quota del 59,18%. Il resto del capitale è suddiviso tra tre imprese americane: Marathon Oil (16,33%); Conoco Phillips (16,33%) e Hess (8,16%).

Lo scorso marzo, Marathon Oil ha venduto il suo pacchetto di titoli nella Waha proprio a Total: un affare da 450 milioni di dollari. A Tripoli non hanno avuto dubbi: era il segnale che non solo Marathon, ma anche le altre società statunitensi se ne sarebbero andate, lasciando spazio ai francesi.

Per questo, dopo le sollecitazioni del presidente del Consiglio Conte, Trump “avrebbe garantito il suo intervento per spingere Marathon e le altre a restare in Libia”, ha scritto oggi il Corriere della Sera.

Un ruolo determinante in questo quadro lo avrà “il presidente egiziano Al-Sisi (sostenitore di Haftar) e la medesima Russia che, con passo felpato, già da un paio d’anni si muove destramente tra le fazioni, in attesa di monetizzare le proprie iniziative, ha commentato Domenico Cacopardo su Italia Oggi: “Ci sarà nelle prossime settimane un fronte italo-americano-russo-egiziano? E riuscirà un fronte del genere a mettere a tacere la fazione francese (con l’appoggio del Regno Unito)?”.

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