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Germania Francia

Che cosa cambia per il futuro energetico tedesco con l’operazione Eon-Rwe

L’approfondimento di Pierluigi Mennitti da Berlino sull’operazione societaria fra Eon e Rwe che ridisegnerà il futuro strategico dei due colossi energetici in Germania Il settore tedesco dell’energia è alla vigilia di un radicale rivolgimento dei suoi assetti. Dopo un fine settimana di intense trattative, è in dirittura d’arrivo l’operazione di 20 miliardi di euro con cui…

Il settore tedesco dell’energia è alla vigilia di un radicale rivolgimento dei suoi assetti. Dopo un fine settimana di intense trattative, è in dirittura d’arrivo l’operazione di 20 miliardi di euro con cui Eon acquisterà dal concorrente Rwe il 76,8% della controllata Innogy, innescando uno scambio di asset che ridisegnerà il futuro strategico dei due colossi energetici tedeschi. Eon si concentrerà sulla distribuzione e vendita di energia, Rwe sulla produzione. Per Handelsblatt si tratta del “più grande riordino della storia del settore energetico tedesco”, Bloomberg sottolinea come questa operazione “consegni alla Germania un campione locale necessario per gestire la transizione energetica voluta da Angela Merkel”, il cui cammino è stato finora pieno d’intoppi dopo i roboanti proclami all’indomani di Fukushima.

I TERMINI DELL’INTESA

L’accordo prevede dunque che Eon rilevi il 76,8% di Innogy, lanciando un’opa sul resto delle azioni a 40 euro circa per una spesa intorno ai 5 miliardi. La valutazione di Innogy, che raggruppa non solo le attività di Rwe nelle rinnovabili ma anche nelle reti di distribuzioni di elettricità e le attività di distribuzione, supera i 40 miliardi debito compreso. In cambio l’azienda di Essen cederà a Rwe il 16,7% del proprio capitale, trasferendo anche gran parte del business delle rinnovabili come i grandi parchi eolici e le centrali idroelettriche, le quote di minoranza detenute negli operatori nucleari di Rwe Emsland e Gundremmingen, la divisione di Innogy che si occupa di rinnovabili e altri asset minori. A saldo di questo scambio, Rwe verserà a Eon 1,5 miliardi di euro.

LE PROSPETTIVE SOCIETARIE

Innogy, partita appena due anni fa, verrà dunque smembrata, consentendo ai due grandi gruppi di ridisegnare le proprie strategie e concentrarsi su due filoni complementari: distribuzione e vendita di energia per Eon, produzione per Rwe. Il ceo di Eon Johannes Teyssen abbandonerà dunque il business delle rinnovabili, puntando in cambio a fornire energia e gas a 45 milioni di clienti attraverso la gestione di interconnessioni lunghe 1,5 milioni di chilometri. Il capo di Rwe Rolf Martin rafforzerà invece il ruolo della sua azienda nella produzione di energia e accanto a gas, carbone e quel che resta del nucleare, entrerà con maggior forza d’urto nel settore delle rinnovabili con l’obiettivo di consolidarsi come leader europeo. In più Innogy sparisce dai radar di altre utilities europee (anche italiane e francesi) che vi avevano gettato un occhio. Il riordino rappresenta dunque un ulteriore passaggio nel lungo percorso avviato nel 2011, con la decisione della Germania di abbandonare entro il 2022 il nucleare e ridurre il contributo alla produzione elettrica del fossile per tagliare le emissioni di anidride carbonica (punto quest’ultimo su cui il Paese è tuttavia in forte ritardo).

LE REAZIONI IN BORSA

Le indicazioni positive sulla conclusione dell’accordo hanno messo le ali alle azioni delle aziende coinvolte che hanno vissuto una giornata fulminante alla Borsa di Francoforte: Rwe è salita dell’8%, Eon del 5,3%, Innogy del 13%. Riflessi sulle utility in tutta Europa, con l’indice di settore Dj Stoxx salito dell’1,7%. Ma a gettare un po’ di acqua sul fuoco è arrivato lo scetticismo dei Comuni, detentori di azioni di Innogy, il cui consenso è indispensabile affinché Rwe possa disfarsi della sua controllata. Guntram Pehlke, direttore della municipalizzata di Dortmund (uno degli azionisti), ha detto all’Handelsblatt di guardare con “scetticismo all’accordo”: “Due anni fa è stata creata con Innogy un’azienda completamente rivolta alla svolta energetica delle rinnovabili, e ora la si vuole smembrare per motivi che non comprendo”, ha detto, esprimendo poi “preoccupazioni per i singoli stabilimenti e per l’occupazione”. E l’impatto sull’occupazione resta la principale preoccupazione degli amministratori locali: “Finora dalla produzione non sono arrivati grandi guadagni, come invece da vendita e distribuzione, ma questi asset verranno assegnati a Eon”, ha concluso Pehlke.

INDISCREZIONI E RICOSTRUZIONI

Da tempo tuttavia si rincorrevano le speculazioni sul futuro di Innogy e sulla sua capacità di tenuta, dopo il siluramento a dicembre 2017 del ceo Peter Terium e la gestione affidata ad interim al capo del personale Uwe Tigges. A seminare ulteriori inquietudini, il tremendo attacco al 51enne Bernhard Günther, direttore finanziario di Innogy, aggredito e sfregiato con l’acido una settimana fa da due sconosciuti mentre rientrava a casa nella sua cittadina vicino Düsseldorf. Un caso su cui la polizia ancora indaga in tutte le direzioni, compresa quella di un possibile attentato a sfondo ambientalista.

I COMMENTI DELLA POLITICA

Oltre alla Borsa, reazioni positive sono invece giunte dalla politica nazionale. Per tutti è intervenuto il prossimo ministro all’Industria Peter Altmeier, l’uomo cui Merkel ha consegnato qualche anno fa le chiavi dell’Energiewende, la svolta energetica. Secondo Altmeier Eon e Rwe “reagiscono con i loro piani strategici proprio alla svolta energetica, stabilendo con il loro riordino nuovi modelli di business”. Dal canto suo, la provvisoria dirigenza di Innogy ha fatto sapere che si esprimerà sull’argomento “in modo appropriato e al momento opportuno”, declinando per ora qualsiasi dichiarazione. Una situazione imbarazzante, che ha accresciuto l’imbarazzo dei manager, dal momento che proprio ieri mattina il capo ad interim Uwe Tigges aveva il compito di presentare il bilancio. La conferenza organizzata è finita in secondo piano rispetto all’eco della notizia di giornata. Per la cronaca, Tigges ha comunicato un utile al lordo di interessi, imposte e tasse (EBIT) leggermente salito del 3% a 2,8 miliardi di euro, di cui 1,9 dovuti proprio a vendita e distribuzione (gli asset che andrebbero a Eon), e dividendi stabili a 1,60 euro per azione. Ma ha anche preannunciato misure di risparmio e un contenimento dei costi fino a 400 milioni di euro lordi entro il 2020, a fronte “di una situazione aziendale difficile”. Tuttavia, quando i consigli di amministrazione di Eon e Rwe prima e l’autorità antitrust poi avranno approvato l’accordo, le carte verranno tutte rimescolate.

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