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Ecco come e perché Eni punta sul Golfo Persico

Tutte le ultime mosse di Eni negli Emirati Arabi Uniti, in Bahrain e in Oman. Fatti, numeri, analisi e scenari (energetici e geopolitici)

Più Penisola Arabica e meno Africa? Più Emirati Arabi e meno Libia? Di sicuro il nuovo corso dell’Eni nel Golfo Persico nasce anche in Egitto. Ecco come e perché.

TUTTE LE ULTIME MOSSE DI ENI NELLA PENISOLA ARABICA

Eni punta con decisione sul Golfo Persico. Lo testimoniano le ultime operazioni del Cane a sei zampe nel giro di poco meno di un anno, con un’accelerazione nell’ultimo mese: negli Emirati Arabi Uniti il gruppo ha siglato diverse intese a metà gennaio, assicurandosi due concessioni con i thailandesi di Pttep e l’acquisizione del 20% di Adnoc Refining, il colosso statale degli Emirati, che consentirà al gruppo di aumentare del 35% la sua capacità di raffinazione.

Nell’Emirato di Sharjah, Eni ha acquisito i diritti esplorativi di alcune aree onshore, in Bahrain l’azienda ha firmato un memorandum per esplorare un’area offshore mentre in Oman l’azienda ha siglato un contratto con Ooecp e lavorerà con Bp su un altro blocco.

CHE COSA HA DETTO DESCALZI

Tre i motivi della rilevanza degli accordi, secondo l’amministratore delegato del gruppo Eni, Claudio Descalzi: “E’ un riconoscimento alla nostra eccellenza tecnologica. Entriamo in un’area che prima era dominio di altri Paesi e in cui non siamo mai stati presenti. E mettiamo una base solida in un’area meno sensibile politicamente e paragonabile alle aree Ocse”, ha detto oggi ad “Affari&Finanza”, l’inserto economico del quotidiano la Repubblica.

Ecco tutti i dettagli sulle operazioni e le ripercussioni geopolitiche.

NEGLI EMIRATI ACCELERAZIONE A GENNAIO

La prima intesa è datata marzo 2018 con l’ingresso ufficiale di Eni negli Emirati Arabi Uniti grazie a due Concession Agreement e una quota del 5% nel giacimento a olio di Lower Zakum e una quota del 10% nei giacimenti a olio, condensati e gas di Umm Shaif e Nasr, nell’offshore del Paese, per 40 anni e un corrispettivo di circa 875 milioni di dollari.

IL MEGA PROGETTO A GAS DI ABU DHABI

A distanza di qualche mese, a novembre, il Cane a sei zampe ha poi siglato un altro accordo per l’assegnazione di una quota del 25% nella concessione quarantennale denominata Ghasha, un mega progetto a gas situato nell’offshore dell’Emirato di Abu Dhabi. Un progetto da più di 1,5 miliardi di piedi cubi di gas al giorno con avvio previsto verso la metà del prossimo decennio e la capacità di soddisfare oltre il 20% della domanda degli Emirati Arabi Uniti stessi. Ma anche una produzione di oltre 120.000 barili al giorno di olio e condensati di alto valore.

LE CONCESSIONE ESPLORATIVE OFFSHORE

La vera sterzata è arrivata però a gennaio di quest’anno: prima due accordi per l’acquisizione di una partecipazione del 70% in due concessioni esplorative offshore (Blocco 1 e Blocco) della durata di 35 anni con partner la tailandese PTTEP, le prime a essere assegnate tra quelle messe a gara da Abu Dhabi National Oil Company (ADNOC) nell’aprile 2018 .

IL COLPO CON ADNOC

Poi il colpo finale: l’acquisizione del 20% di Adnoc Refining che chiude la serie di accordi firmati negli Emirati Arabi lo scorso mese. Ma soprattutto chiude il cerchio grazie alla posizione a cavallo dei mercati di Africa, Asia ed Europa delle sue tre raffinerie situate nelle aree di Ruwais e Abu Dhabi e una capacità complessiva che supera i 900 mila barili al giorno.

ESPLORAZIONI AL VIA ANCHE IN SHARJAH

Le esplorazioni sono cominciate in Sharjah negli anni Trenta, con scarsi risultati. L’Emirato, oggi, vede operativi solo tre piccoli giacimenti di gas condensato, lasciando intuire però l’esistenza di un potenziale molto più grande. Nei giorni scorsi si è tenuta la cerimonia di assegnazione a Eni dei diritti di esplorazione delle Aree A, B e C, nell’onshore del paese come risultato della prima gara internazionale competitiva per l’assegnazione di aree esplorative nell’Emirato, lanciata sempre lo scorso anno dalla Sharjah National Oil Corporation (SNOC): oltre 1.500 km2 sulla quale Eni sarà operatore con una quota del 75%.

IN BAHRAIN SI ENTRA IN FASE ESPLORATIVA

In Bahrain sempre a gennaio di quest’anno, un altro colpo messo a segno da Eni preso la forma di un memorandum per l’esplorazione nel Blocco 1, un’area offshore ancora in gran parte inesplorata situata nelle acque territoriali settentrionali del Regno del Bahrain firmato con l’Autorità Nazionale per il petrolio e il gas del Regno del Bahrain (NOGA). L’area copre una superficie di oltre 2.800 km2 con una profondità d’acqua che va da 10 a 70 metri.

SHARING AGREEMENT ED ESPLORAZIONI IN OMAN

In Oman, sempre a gennaio, il Cane a sei zampe ha firmato un Exploration and Production Sharing Agreement per il Blocco 47 nell’onshore dell’Oman e precisamente nel governatorato di A’Dakhiliyah. Assegnato a Eni e OOCEP a seguito di un’offerta congiunta presentata nell’ambito Licensing Round lanciato dall’Oman nel 2017, copre una superficie di circa 8.524 km2 e il Cane a sei zampe sarà operatore con una quota di partecipazione del 90%. Non solo. Il gruppo italiano ha anche siglato con il ministero del Petrolio e con BP un Head of Agreement sul cosiddetto Blocco 77, un’area onshore che copre una superficie di 3.100 km2 30 chilometri a est del campo Khazzan, operato da BP di cui Eni avrà una quota del 50%.

IL GIUDIZIO DEGLI ANALISTI

Nei giorni scorsi gli analisti di Rbc Capital Markets hanno evidenziato come complessivamente “la capacità di raffinazione netta del gruppo italiano passa da 550 mila 730 mila barili al giorno” grazie al gennaio d’oro di Eni e che l’interesse del Cane a sei zampe nel 20% della raffineria di Adnoc potrebbe generare fra 300 e 400 milioni di cash flow from operations (flusso di cassa da operazioni) l’anno (che non sarà consolidato). Senza trascurare, come sottolineato da Mediobanca Securities che “l’operazione consentirà al gruppo di raggiungere i suoi concorrenti in termini di dimensioni e diversificazione delle attività di downstream, con una capacità di trasmissione downstream che dovrebbe aumentare del 35%, a 700 mila barili al giorno” incrementando “la capacità di coprire in modo naturale la sua produzione a monte (2 milioni di barili al giorno)”.

LE MOSSE GEOPOLITICHE

Aspetti economici a parte, è però soprattutto sotto l’aspetto geopolitico la rilevanza dell’operazione portata avanti dal Cane a sei zampe: come sottolineato già da Start Magazine, “con l’operazione negli Emirati Eni diventerà sempre più un gruppo più equilibrato (magari meno esposto in Africa) e più resistente alle forti correzioni nel prezzo del petrolio”.

DOSSIER LIBIA

Non è casuale il riferimento che viene fatto all’Africa e alla Libia: gli Emirati infatti, con Egitto e Russia, appoggiano in Libia il generale Haftar, numero uno in Cirenaica, in competizione con il governo tripolino voluto dall’Onu e presieduto dal premier Al-Serraj, ma ben poco stabile e accettato da tutto il Paese.

IL RUOLO DELL’EGITTO

Il nuovo corso dell’Eni nella Penisola arabica è stato anche favorito, come ha sottolineato il Corriere della Sera, dalla scoperta e dallo sviluppo del giacimento egiziano di Zohr: “Condividendolo con gli inglesi di Bp, i russi di Rosneft e gli emiratini di Mubadala, l’Eni ha potuto gettare le basi anche per gli sviluppi di oggi”.

L’ANALISI DI CINZIA BIANCO

Ma qual è la vera opportunità per l’Italia con gli ultimi accordi di Eni? Ha risposto giorni fa a Start Magazine Cinzia Bianco, analista esperta di Paesi del Golfo Persico che collabora con il Middle East Institute, il Middle East Policy Council e la rivista Limes, oltre ad essere consulente della società americana Gulf State Analytics: “Dal punto di vista geopolitico, il pivot di Eni nella Penisola Arabica offre all’Italia l’opportunità di ribilanciare la sua posizione tradizionalmente fortemente pro-Iran, tra le due sponde del Golfo Persico. Se l’Italia riuscisse a ritagliarsi una posizione bilanciata sarebbe tra i pochissimi Paesi occidentali ad essere in grado di comunicare in modo efficace con tutti gli attori dell’area, coinvolti in molteplici scontri e conflitti che vanno ad aggravare guerre locali dalla Siria, all’Iraq, allo Yemen. Insomma c’è la possibilità, sebbene nel lungo termine, di rafforzare l’influenza italiana ed europea nell’area”.

ECCO TUTTE LE SLIDE DEGLI ACCORDI ENI NEL GOLFO PERSICO

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