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Ecco come e perché Eni punterà sui biocarburanti

«Siamo fortemente impegnati a lavorare per un futuro a basse emissioni e oggi stiamo fissando un nuovo obiettivo, vale a dire raggiungere la neutralità carbonica nel settore upstream entro il 2030». Parola di Claudio Descalzi, amministratore delegato di Eni, nel corso della presentazione del piano strategico del gruppo a Milano. Ecco tutti i dettagli

 

La parola chiave dell’incontro è stata “decarbonizzazione”: ripetuta più volte nel corso della presentazione del Piano Strategico 2019 – 2022 di Eni per esprimere l’esigenza dell’Azienda di attuare quella profonda transizione energetica che le imporrà inevitabilmente di mutare non solo pelle ma anche ossatura. I tempi del resto stanno cambiando, la mobilità si sta rivoluzionando e il Cane a sei zampe non vuole certo farsi trovare impreparato. Ecco perché bisogna puntare sui biocarburanti. «La decarbonizzazione è una priorità strategica per il nostro Consiglio di Amministrazione», ha detto l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi. «Siamo fortemente impegnati a lavorare per un futuro a basse emissioni e oggi stiamo fissando un nuovo obiettivo, vale a dire raggiungere la neutralità carbonica nel settore upstream entro il 2030».

IN ITALIA INVESTIMENTI CIRCULAR PER 2,4 MILIARDI

Biocarburanti, appunto, che Eni studia con tecnologie proprietarie nei suoi dipartimenti dislocati per il Paese. E infatti il tour organizzato per la stampa, prima della presentazione del piano triennale, lungo i laboratori di ricerca di San Donato Milanese, nel cuore di quella Metanopoli voluta all’inizio degli Anni 50 da Enrico Mattei, è in realtà un tour lungo la Penisola, alla scoperta di progetti pilota sui quali l’azienda guidata da Descalzi ha deciso di investire davvero molto. Non a caso, degli 8 miliardi di investimenti per il 2019, circa 2,4 sono destinati all’Italia per attività di ricerca e sviluppo “green”.

E, sempre non a caso, la società controllata dal Tesoro è intenzionata a espandere ulteriormente quel “Progetto Italia”, che prevede la conversione delle aree industriali bonificate in aree per la produzione di energia da fonti rinnovabili. Si tratta di una road map che prevede la realizzazione di impianti di generazione da fonte rinnovabile di grande scala nelle aree industriali del gruppo Eni disponibili all’uso e di scarso interesse per attività economiche. Sono stati individuati in modo preliminare oltre 400 ettari di terreno disponibile, in 12 Regioni. In termini di tecnologia, la maggior parte dei progetti saranno di fotovoltaico, ma non si escludono altre tecnologie (biomassa e/o solare a concentrazione).

BIOCARBURANTI DAGLI OLI ESAUSTI E VEGETALI

Uno dei progetti pilota più rilevanti in quanto esempio di circular economy è portato avanti proprio nei laboratori di Metanopoli: biocarburanti dagli oli vegetali e da quelli esausti. Il Centro Ricerche Eni Upstream e Downstream di San Donato Milanese sta testando anche nuove cariche per la produzione di biocarburante, costituite da lipidi. Il prodotto si chiama Green Diesel, frutto della tecnologia Ecofining, sistema sviluppato nei laboratori Eni in collaborazione con Honeywell-UOP. Ottenuto dall’idrogenazione di oli vegetali, questo nuovo componente presenta caratteristiche migliori dei biodiesel tradizionali.

A VENEZIA LA PRIMA RAFFINERIA BIO

Prodotto nella bioraffineria Eni di Venezia, primo esempio al mondo di riconversione “bio” di una raffineria tradizionale, addizionato al gasolio, dà vita a Eni Diesel +. Il processo Ecofining trasforma materie prime di origine biologica in biocarburante, utilizzando qualsiasi tipo di carica, di prima o seconda generazione, vale a dire oli vegetali o oli da cucina esausti.

Secondo test e attività di benchmarking su carburanti venduti in Italia, Eni Diesel + riduce significativamente le emissioni inquinanti: fino al 40% di idrocarburi incombusti e ossido di carbonio. Inoltre, grazie a un ciclo produttivo più sostenibile, contribuisce a ridurre le emissioni di CO2 in media del 5%. La partenza a freddo del motore è facilitata e la rumorosità è ridotta grazie all’elevato numero di cetano il cui valore è superiore a 55 (contro i 51 di specifica).

BIOCARBURANTI DAI RIFIUTI

Un progetto strettamente collegato al Green Diesel viene portato avanti a Gela. Qui Eni ha avviato il primo impianto pilota per produrre biocarburanti dai rifiuti urbani, avviato grazie alla tecnologia proprietaria waste to fuel, sperimentata nel Centro Ricerche Eni per le Energie Rinnovabili e l’Ambiente a Novara che permette di valorizzare i rifiuti trasformandoli in energia.

QUALI RIFIUTI?

Ad alimentare i macchinari di Eni che producono biocarburanti è il “FORSU”, acronimo di “Frazione Organica Rifiuti Solidi Urbani” ovvero la materia che proviene dalla raccolta differenziata dell’umido. La FORSU è uno dei rifiuti trattati nel processo insieme ai fanghi degli impianti di depurazione, alle potature degli alberi, agli scarti dell’industria agroalimentare e della grande distribuzione. I rifiuti solidi di origine organica sono chiamati umido perché hanno un elevato contenuto d’acqua, fino al 70% che viene totalmente recuperata. Attraverso la liquefazione il contenuto energetico della biomassa di scarto iniziale viene concentrato quasi tutto nel bio-olio che a sua volta può essere convertito in biocarburante. Da una tonnellata di materia organica (che include il peso dell’acqua) otteniamo fino a 150 chilogrammi di bio-olio.

Il pilota di Gela ha una capacità produttiva di bio olio stimata in circa 70 chilogrammi al giorno e viene alimentato con 700 kg al giorno di rifiuti organici forniti dalla Società per la regolamentazione del servizio di gestione rifiuti SRR di Ragusa.

BIOCARBURANTI DALLE ALGHE

L’ultima tappa della roadmap green di Eni è Ragusa, al Centro Oli Eni, dove è stato da poco inaugurato un impianto pilota per la biofissazione della CO2. Qui viene prodotta una nuova materia prima biologica per la preparazione di green diesel: la farina di un’alga dalla quale viene estratto l’olio che andrà ad alimentare le bioraffinerie. Il processo è il seguente: i concentratori solari che si trovano sul tetto dell’impianto concentrano i raggi solari nelle fibre ottiche, l’energia luminosa raccolta viene condotta dalle fibre ottiche all’interno di 14 fotobioreattori (sistemi colturali cilindrici alti 5 metri collocati sotto i concentratori solari all’interno dei cilindri), le microalghe ricevono l’energia e crescono in acqua salata fissando la CO2 separata dal gas proveniente dai pozzi del Centro Oli Eni.

Successivamente, l’acqua viene recuperata e purificata mentre la componente algale viene essiccata dalla farina dell’alga si estrae un olio che potrà alimentare le bioraffinerie di Eni, al posto della carica attuale, costituita da olio di palma. Il bio-olio prodotto è di tipo advanced, ovvero non è in competizione con le coltivazione agricole per uso alimentare.

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