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Ecco gli effetti dei tagli al petrolio su prezzi e geopolitica. Parla il prof. Tabarelli

La decisione dei Paesi Opec+ e le divergenze tra gli Stati commentati e analizzati dall'economista Davide Tabarelli, fondatore e presidente di Nomisma Energia

L’Opec+ ha deciso di prorogare per altri nove mesi l’accordo di riduzione della produzione petrolifera volontaria, che proseguirà fino al 31 marzo 2020. Dopo settimane di discussioni, lotte intestine, pressioni globali e clamore dei media, Opec e Russia hanno confermato che il mercato globale del petrolio ha ancora bisogno di sostegno e hanno ratificato la decisione a Vienna alla presenza di tutti i paesi dell’Opec+ che comprende i 14 Paesi del cartello petrolifero più altri altri 10 Paesi produttori che non fanno parte dell’organizzazione, guidati dalla Russia.

TAGLI PER 1,2 MILIONI DI BARILI AL GIORNO

Come chiarito già nei giorni precedenti dal presidente russo Vladimir Putin durante il vertice G20, i tagli di produzione saranno ancora di 1,2 milioni di barili al giorno, ovvero l’1,2% della domanda globale, fino a marzo 2020.

PREZZI DEL PETROLIO HANNO SPAZIO PER LA RIPRESA MA PESANO MOLTI TIMORI SUL MERCATO

I timori dei mesi scorsi su una possibile guerra commerciale Stati Uniti-Cina, con conseguente minore crescita economica globale, e il continuo aumento della produzione di shale statunitense hanno messo sotto pressione i prezzi del petrolio. L’instabilità geopolitica nel Golfo Persico, l’incombente confronto militare nel Mediterraneo orientale e le sanzioni contro Iran, Venezuela e persino Russia, non hanno contribuito a placare la spirale negativa dei prezzi. I prezzi del petrolio, tuttavia, sembrano ora avere un po’ di spazio per la ripresa, dato che Cina e Stati Uniti hanno accettato di rinegoziare un accordo commerciale, la domanda sembra ancora in crescita e i volumi di stoccaggio degli Stati Uniti hanno mostrato segni di inversione di tendenza.

LE SPACCATURE TRA I PAESI OPEC

Tuttavia l’ottimismo all’interno dell’Opec sta calando, visto che si sono verificate gravi spaccature nel cartello in vista della riunione di Vienna. Iran e Venezuela sostengono che il resto dell’Opec, e in particolare Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, stanno approfittando delle sanzioni statunitensi. Nelle ultime settimane i sauditi e gli Emirati Arabi Uniti, hanno firmato importanti accordi con Cina, Giappone e Corea del Sud per bloccare la domanda futura in questi paesi. Le sanzioni iraniane, anche se non hanno portato a compimento l’obiettivo zero esportazioni, come ama sostenere il presidente americano Trump, sono state un vantaggio per gli altri produttori Opec e la Russia che hanno colmato le lacune lasciate da Teheran in Asia e in Europa.

TABARELLI: OPEC SU UN TREND DI DEBOLEZZA

“Siamo su un trend di debolezza dell’Opec che ormai produce un terzo della produzione globale di petrolio, circa 30 milioni di barili su 100 di domanda globale e sta quindi un po’ calando la sua importanza e questa vicenda lo conferma – commenta con Start Magazine l’economista Davide Tabarelli, fondatore e presidente di Nomisma Energia -. Ma per rimanere aggrappata al controllo dei prezzi il cartello qualcosa sta tentando e riuscendo, in particolare con l’accordo Opec+. Altro aspetto importante, più di congiuntura, riguarda la forte riduzione della produzione negli ultimi mesi che è passata dal picco 33 milioni di barili a novembre ai 29,9 attuali, il mimino da cinque anni. Insomma, è vero che l’Opec sta arretrando ma dietro c’è uno sforzo molto deciso per risollevare i prezzi che tuttavia non si rialzano per via della produzione americana che cresce molto”.

CHE COSA SI DICE IN IRAN SULL’OPEC

In questo senso l’Opec “potrebbe morire” se la presa saudita e russa dovesse diventare più stretta sul gruppo, secondo quanto riferisce il Financial Times che ha dato conto delle dichiarazioni del ministro del petrolio iraniano Bijan Zanganeh. Il funzionario di Teheran ha avvertito che il futuro del gruppo dei produttori di petrolio è in bilico, poiché l’alleanza saudita e russa sta mettendo da parte i membri tradizionali. “Non ho alcuna difficoltà con la proroga del taglio – ha detto ieri Zanganeh in vista della riunione a Vienna -. Il mio problema è l’unilateralizzazione”, che “minaccia l’esistenza dell’Opec, che potrebbe morire”. “Questa settimana ha mostrato chi sono i padroni”, ha detto Roger Diwan all’IHS Markit sempre a Ft. “Ora è chiaramente un gruppo dominato da russi e sauditi”.

LE DIVERGENZE TRA IRAN E ARABIA SAUDITA SECONDO TABARELLI

Proprio la divisione tra Iran e Arabia Saudita è “un altro elemento importante della vicenda”, sottolinea Tabarelli. “Quando c’è divisione tra i due, i prezzi rimangono bassi, è un aspetto ciclico. Quando il tutto si riprenderà i prezzi si rialzeranno: prevedo comunque che la domanda di petrolio aumenterà anche se non tantissimo quest’anno, per via della guerra dei dazi e continuerà a crescere anche nei prossimi anni”.

IL RUOLO E IL PESO DELLA RUSSIA, CON UN RAFFRONTO CON L’ARABIA SAUDITA

Discorso a parte, infine, va fatto sulla Russia che “ormai ha acquisito un ruolo importante” nell’ambito della produzione petrolifera mondiale “anche se loro riduzione non è stata così rilevante come hanno fatto altri e in particolare l’Arabia Saudita che ha ridotto 3 volte la produzione decisa a ottobre contro i 300 mila barili al giorno di Mosca. C’è comunque da dire che i russi fanno fatica a tagliare la produzione perché il sistema paese tecnicamente non può chiudere o aprire rubinetti del petrolio come fa l’Arabia Saudita. Inoltre ha un disperato bisogno di esportare gas e petrolio molto più di altri paesi Opec. Per la tenuta dei prezzi, comunque, questo accordo trasversale in vigore da fine 2016 con l’Arabia Saudita e tutti gli altri, è fondamentale. Credo, pertanto, che i prezzi continueranno tendenzialmente a salire nei prossimi mesi e anni, anche perché al momento sono veramente molto bassi”.

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