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Politica

Cara Greta Thunberg, ti spiego gli effetti delle tue bizzarre teorie su energia e ambiente

Quei ragazzi che affollavano Piazza del Popolo, per solidarizzare con la loro beniamina Greta Thunberg, sono pronti a rinunciare all’uso compulsivo degli smartphone per sottrarsi ai loro influssi magnetici? Il commento dell'editorialista Giuliano Cazzola

 

Mentre Greta Thunberg continua il suo peregrinare per le capitali europee predicando la fine del mondo come i monaci e i santoni del “mille non più mille’’, qualcuno prima o poi, dovrebbe mostrare a questa Cassandra con le trecce il flash back di un film (Radio Days) di Woody Allen. Il protagonista – bambino depresso – viene accompagnato in un ambulatorio medico dalla madre che lo invita ad esporre al dottore le sue angustie. Il piccolo risponde tristemente: “Il mondo si sta dilatando’’. Al che la madre lo rimprovera: “Che cosa ti importa, noi viviamo a Brooklyn’’. A quel punto interviene il medico con tono rassicurante: ‘’E’ vero, ma accadrà tra molti anni. Nel frattempo (a questo punto comincia a sillabare in crescendo le parole, ndr) noi dobbiamo spassarcela’’.

La scena del film è rappresentativa sia della vaghezza romantica ed un po’ incosciente degli adolescenti, sia della irresponsabilità degli adulti, che conoscono i problemi, ma li scaricano su chi verrà dopo di loro. In fondo – a pensarci bene – anche il debito pubblico è frutto della noncuranza delle generazioni passate e presenti nei confronti di quelle future. Quello che si dice per la terra (che non ci viene donata dai genitori ma concessa in prestito dai figli) varrebbe anche per qualsiasi sistema pensionistico, i cui squilibri non sono meno dannosi, nei loro effetti, del continente di plastica e detriti che naviga in mezzo all’oceano.

Dobbiamo, quindi, ringraziare Greta per aver sollevato – magari con qualche esagerazione – un allarme opportuno. Ma se non vuole diventare un prodotto dei media o addirittura una macchietta deve fare più attenzione alla sostenibilità delle alternative che propone. Da certi livelli di sviluppo non si torna indietro. Ci sono ancora milioni di bambini e ragazzi dell’età di Greta che muoiono di stenti, malattie, sete e fame proprio perché le popolazioni a cui appartengono non hanno avuto uno sviluppo agricolo e industriale adeguato. Mentre i paesi che sono stati raggiunti dalla globalizzazione hanno sconfitto le loro piaghe storiche e si avviano a prender parte a nuove stagioni di benessere, certo con conseguenze ambientali drammatiche (se si pensa all’inquinamento delle grandi megalopoli dei Paesi in via di sviluppo).

Ma anche in questo caso è prioritario l’obiettivo del primum vivere. Tanto per capirci, facciamo l’esempio della manifestazione di Piazza del Popolo, dove il fabbisogno di energia è stato garantito da ragazzi che pedalavano su di 128 biciclette. Un’esibizione siffatta può essere simpatica, ma se dura a lungo diventa necessario organizzare dei turni di pedalatori.

Ragioniamo in grande: vogliamo adottare questo sistema pulito per illuminare intere aree del mondo? Bene. Per farlo si dovrebbero costringere miliardi di cinesi e di indiani ad inforcare una bicicletta e a pedalare. Più o meno come si faceva secoli or sono con le triremi, spinte a forza dai galeotti e dagli schiavi. In Europa, ovviamente, non troveremmo manodopera disposta a sudare sui pedali. Così saremo costretti ad essere noi a prendere gli immigrati a domicilio. Ma poi chi li fabbricherà questi miliardi di biciclette, chi installerà i collegamenti intercontinentali per trasformare l’energia fisica in corrente elettrica? Così, si torna sempre daccapo. Ai combustibili fossili.

Un’ultima domanda. Quei ragazzi che affollavano Piazza del Popolo, per solidarizzare con la loro beniamina, sono pronti a rinunciare all’uso compulsivo degli smartphone per sottrarsi ai loro influssi magnetici?

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