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Fortune

Perché c’è subbuglio in vista della quotazione di Aramco

Fatti, numeri, dettagli e problemi della quotazione di Aramco. Articolo di Giusy Caretto   Il 2018 sarebbe dovuto essere ricordato, almeno negli ambienti finanziari, come l’anno dell’Ipo più grande di sempre, quella di Saudi Aramco. E invece l’attesissima quotazione sembra che arriverà solo nel 2019, secondo indiscrezioni del Financial Times (non smentite dall’azienda). Troppe, ancora,…

 

Il 2018 sarebbe dovuto essere ricordato, almeno negli ambienti finanziari, come l’anno dell’Ipo più grande di sempre, quella di Saudi Aramco. E invece l’attesissima quotazione sembra che arriverà solo nel 2019, secondo indiscrezioni del Financial Times (non smentite dall’azienda). Troppe, ancora, le questioni da risolvere.

Nelle ultime settimane c’è stata la selezione delle banche alle quali affidare il coordinamento dell’Ipo: secondo indiscrezioni, Goldman Sachs e Citigroup sono vicine a conquistare il ruolo di global coordinator, ma anche le americane Jp Morgan Chase, Morgan Stanley e Hsbc Holdings dovrebbero far parte della rosa delle finaliste. Quello che ancora scuote dall’interno Saudi Aramco è la lista della quotazione.

UN’IPO DA 100 MILIARDI

La compagnia petrolifera nazionale dell’Arabia Saudita, che ha un valore di 2 trilioni di dollari, il doppio dell’attuale regina delle Borse, Apple, e più del quintuplo del colosso Exxon-Mobil, trenta volte l’italiana Eni, si aspetta 100 miliardi di dollari dall’Ipo sul 5%.

NEW YORK, LONDRA, HONG KONG: QUALE BORSA PER SAUDI ARAMCO?

Il principe Mohammed Bin Salman vorrebbe la quotazione a New York, entro il 2018, mentre i funzionari del Governo – tra cui il ministro dell’energia Khalid al-Falih – e i dirigenti sauditi di Aramco sostengono che Londra potrebbe essere più adatta. Anche Hong Kong è in corsa, insieme a Tokyo per essere scelta come Borsa estera oltre a quella saudita (il Tadawul), per la collocazione del colosso petrolifero saudita.

PERCHE’ TUTTA QUESTA INDECISIONE?

arabia saudita oilAnche Trump sperava in un futuro posizionamento a New York, con l’obiettivo di rafforzare un’alleanza strategica tra Washington e Riad, in funzione anti-iraniana, ma i sauditi prendono ancora tempo a causa, come si legge sul Sole 24 Ore, di una legge americana approvata nel 2016, che riconosce alle vittime degli attentati alle Torri Gemelle 2001 di chiedere risarcimenti a Riad.

“Direi che i contenziosi sono una grande preoccupazione negli Stati Uniti”, ha commentato al-Falih durante un’intervista alla Cnn. “Francamente Saudi Aramco è troppo grande e troppo importante perché il Regno sia soggetto a questo tipo di rischio”.

In pratica, gli Usa riconoscono a Riad delle responsabilità per gli attentati dell’11 settembre. La Corona saudita ha sempre negato ogni coinvolgimento, ma la questione dei risarcimenti è certamente delicata (si parla di cause dal valore di 2-5-11 miliardi di dollari richieste dalle famiglie delle vittime).

LE DIFFICOLTA’ TECNICHE

Non solo. A frenare la quotazione a New York ci sarebbero anche dei problemi tecnici, dal momento che essere quotati al Nyse significa anche sottoporsi alla sua severa regolamentazione (audit indipendenti sugli asset, informazioni sensibili accessibili agli investitori, dati produttivi e riserve forniti con maggior precisione e trasparenza). Aramco, invece, non ama la trasparenza.

ENTRANO IN CAMPO I CINESI?

In realtà ci sarebbe anche un’altra opzione sul tavolo: la possibilità di un acquisto diretto da parte del fondo sovrano cinese del 5% di Aramco (o di una quota inferiore). Con questa mossa, la società saudita eluderebbe le stringenti normative di alcune Borse, come New York e Londra, fornendo al contempo la liquidità necessaria a Riad e lasciando nelle sue mani i dati sensibili di Aramco.

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