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Anas, Eni e non solo. Com’è la situazione in Libia per le aziende italiane

Che cosa succede in Libia? Tutte le ultime novità, i riflessi per le aziende italiane come Eni e le prime mosse del nuovo ambasciatore italiano.

Libia sempre più spaccata a metà con il Sud in mano all’Esercito Nazionale Libico (LNA) guidato da Khalifa Haftar e il resto del paese con il governo di Tripoli guidato da Fayez al-Sarraj. Una situazione instabile che rischia di esplodere in qualsiasi momento come testimoniato dagli scontri che si sono verificati nel fine settimana nella zona ovest della capitale libica dopo il fermo di Mohammed Al-Kashik, uomo forte di Haftar. In mezzo l’Italia e i suoi numerosi interessi nel Paese, a cominciare da quelli energetici ma non solo.

L’ITALIA CHIEDE PIÙ SICUREZZA PER LE SUE IMPRESE

Secondo il Libya Observer, l’ambasciatore italiano in Libia, Giuseppe Buccino Grimaldi, ha chiesto un piano che garantisca la sicurezza dell’azienda che realizzerà i lavori di “The Alternative Road” (Sahili) che si estende dall’Imsaad a Marij nella Libia orientale. La richiesta è arrivata durante un incontro del Ministro dei Trasporti Milad Ma’atoug con l’ambasciatore a Tripoli domenica scorsa alla presenza del direttore del progetto autostradale Imsaad-Ras Ajadir Sami Al-Sadi.

L’incontro ha ripercorso i preparativi per l’avvio del progetto Alternative Road con l’azienda italiana risalente ad accordi del 2008. L’ufficio stampa del Ministero dei Trasporti ha sottolineato che l’incontro ha portato ad un accordo per un nuovo vertice nei prossimi giorni per la revisione delle misure di sicurezza, aggiungendo che l’ambasciatore ha evidenziato la necessità di un’azione seria.

L’autostrada dell’amicizia, era stata chiesta da Gheddafi al Governo Italiano quale risarcimento finale per i danni subiti dalla colonizzazione italiana. I 1.700 km (da costruire in 20 anni) avrebbero dovuto congiungere Rass Ajdir a Imsaad, il confine con l’Egitto a quello con la Tunisia per una spesa prevista di 3 miliardi di dollari. A

d aggiudicarsi la gara da 125,5 milioni di euro per il servizio di ‘advisor’ era stato il raggruppamento di imprese, ricorda la Camera di Commercio ItalAfrica Centrale, costituito da Anas (capofila) – Progetti Europa & Global – Talsocotec.

SOSTEGNO ALLE PMI, ACCORDO TRA ROMA E TRIPOLI

Qualche giorno fa, riferisce sempre il Libya Observer, il Ministro di Stato per la struttura istituzionale, Iman Ben Younis, e il Ministro degli enti locali, Milad El Tahir, hanno incontrato – e concordato – con il Vice Ministro italiano per gli Affari Esteri, Emanuela Del Re, di cooperare nelle aree di sviluppo territoriale sostenendo le micro e medie imprese e mettendo a frutto l’esperienza italiana in questo campo. Le parti hanno anche parlato di facilitare le procedure per gli scambi commerciali ed economici, in termini di accelerazione delle procedure doganali e di comunicazione tra operatori economici, oltre ad attivare tutti i termini del Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione e della convenzione di sostegno e formazione delle forze di polizia municipali.

LA STABILIZZAZIONE DEL SUD FA BENE ANCHE AGLI INTERESSI ITALIANI

Nel settore energetico il 4 marzo è stata annunciata, invece, la revoca del blocco si Sharara, il principale giacimento petrolifero libico, conquistato dalle forze del generale Haftar a febbraio. A dare l’annuncio è stata la stessa Compagnia petrolifera nazionale (Noc) sottolineando che il blocco ha causato perdite per 1,8 miliardi di dollari. Il giacimento (gestito dalla società Akakus, joint-venture tra la Compagnia statale libica Noc, la spagnola Repsol, la francese Total, l’austriaca Omv e la norvegese Statoil) era stato conquistato dall’LNA grazie a un accordo con miliziani Tebu che lo controllavano dall’8 dicembre scorso.

“Nonostante le valutazioni in tal senso di molti analisti è difficile interpretare la vittoria di Haftar nel sud come una disfatta per l’Italia schierata a fianco di al-Sarraj – ha sottolineato Gianadrea Gaiani -. La stabilizzazione del Fezzan e dei confini con Niger e Ciad rientra comunque negli interessi prioritari italiani indipendentemente dal fatto che ad attuarla siano le forze di Tripoli o quelle di Tobruk che hanno entrambe interesse ad aumentare il controllo di territorio e confini. Del resto oggi Roma mantiene e rafforza la necessaria intesa strategica con al-Sarraj (il grosso degli interessi dell’ENI e il problema dei flussi migratori illegali sono radicati in Tripolitania) ma al tempo stesso ha ottimi rapporti con Haftar e il parlamento di Tobruk così come con Misurata, la ‘Sparta libica’ dove è ancora presenta una missione sanitaria militare italiana”.

RIPARTONO LE ESPORTAZIONI DI PETROLIO

A testimonianza della “normalizzazione” della situazione dal punto di vista energetico, arriva la notizia del sito informativo libico “Al Wasat” secondo cui la compagnia Brega, attiva nella commercializzazione dei prodotti petroliferi ha inviato un nuovo convoglio con un rifornimento di carburante per le città del sud della Libia. Si tratta di un milione e 293 mila litri di benzina per auto e 175 mila litri di carburante diesel inviati in coordinamento con la Noc con lo scopo di ridurre le sofferenze patite dagli abitanti del Fezzan afflitta dalla mancanza di carburante. Inoltre, secondo il sito web informativo “Ewan Libya”, il comando delle forze libiche fedeli al generale Haftar avrebbe dato il via libera alla riapertura degli aeroporti che servono i siti petroliferi del Fezzan stesso, in particolare verso diversi siti petroliferi di Sharara, el Feel e Sidra.

LE IMPRESE ITALIANE IN LIBIA, DOPO LA CADUTA DI GHEDDAFI UN RIDIMENSIONAMENTO

Dalla caduta del regime del Colonnello Gheddafi nel 2011 si sono susseguiti anni di conflitto e violenza nel corso dei quali l’Italia ha visto ridursi di oltre l’80% il volume dell’import-export con la Libia. Dopo la liberazione del Paese, la percentuale delle aziende italiane rientrate in Libia è ad oggi stimabile al 70% secondo i dati delle camere di commercio. Di queste, tuttavia, solo la metà ha effettivamente ripreso le attività produttive. Per la restante parte, l’inattività delle imprese italiane (alla pari delle altre ditte straniere) è determinata dalla mancata ripresa dei contratti in essere. Secondo i dati della Camera di Commercio, infatti, le grandi imprese italiane presenti in Libia operano soprattutto nei settori del petrolio e gas (Eni, Snam Progetti, Edison, Tecnimont, Saipem), delle costruzioni ed opere civili (Impregilo e Bonatti, poi Garboli-Conicos, Maltauro, Enterprise), della ingegneria (Techint e Technip), dei trasporti (Iveco, Calabrese, Tarros, gruppo Messina, Grimaldi, Alitalia), delle telecomunicazioni (Sirti e Telecom Italia), dei mangimi (Martini Silos e Mangimi); della meccanica industriale (Technofrigo – impianti refrigerazione e Ocrim – mulini); delle centrali termiche (Enel Power); dell’impiantistica (Tecnimont, Techint, Snam Progetti, Edison, Ava, Cosmi, Chimec, Technip, Gemmo). Sono presenti inoltre Telecom, Prismian Cables (ex Pirelli Cavi).

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