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Visco Mes

Perché Visco (Bankitalia) lancia prima il sasso sul Mes e poi nasconde la mano? L’analisi di Liturri

Tutte le contraddizioni del governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, su Mes e ristrutturazione del debito

Nella giornata in cui il ministro dell’Economia accusa l’opposizione di fare ‘terrorismo’ sul Mes spaventando le persone, appare necessario ritornare sulle parole del governatore della Banca d’Italia Visco che,  il 15 novembre scorso con il suo discorso ad un prestigioso seminario a Roma, fornì invece sostanziali elementi a sostegno della potenziale pericolosità del Mes.

Tale discorso fu seguito da una polemica pubblica col giornalista della Reuters, Gavin Jones, che fece notare su Twitter l’atteggiamento ‘schizofrenico’ di Bankitalia che sembrava avere paura delle proprie stesse parole giungendo a telefonare in redazione per chiedere un’ammorbidimento’ dell’articolo di Jones.

Il 27 movembre scorso, il ministro Gualtieri in audizione al Senato, di fronte a specifica domanda del senatore Adolfo Urso di Fratelli d’Italia relativa alle parole allarmate di Visco, liquidò bruscamente il senatore, accusandolo in sostanza di non aver capito nulla delle parole di Visco.

Il 4 dicembre ci ha pensato però il deputato del M5S Raduzzi, a rivolgere specifica domanda a Visco, durante l’audizione di quest’ultimo davanti alle Commissioni Bilancio ed Affari Europei. E la risposta del governatore si è dimostrata piuttosto evasiva ed imprecisa, nonostante gli abbia dedicato quasi 7 minuti (da 47.40 a 54.30). Anche al netto dell’accusa al giornalista di aver compiuto “un’attività errata”, collegando erroneamente parole e concetti senza aver saputo individuare soggetto, predicato e complemento della frase.

Ma allora, considerata l’autorevolezza di Visco, è necessario tornare su quel passaggio del discorso del 15 novembre riletto lo scorso 4 dicembre davanti ai deputati, commentandolo periodo per periodo.

“Sta per essere finalizzata la riforma del Trattato sul Meccanismo europeo di stabilità (European Stability Mechanism, ESM) volta a rafforzare il ruolo di quest’ultimo nella prevenzione e gestione delle crisi sovrane degli Stati membri dell’area dell’euro. Tale riforma si inserisce fra le iniziative mirate a ridurre l’incertezza circa le modalità e i tempi di una possibile ristrutturazione di un debito pubblico.

Qui Visco ci dice chiaramente cos’è il Mes ed orienta tutti i periodi successivi: si tratta di uno strumento volto a ridurre l’incertezza su come procedere in caso di possibile ristrutturazione di un debito. Non lascia spazio a molti dubbi: Visco non dice che serve a prestare denaro a paesi che hanno perso l’accesso ai mercati, ma va dritto al sodo ed introduce subito la frase ‘ristrutturazione del debito’, ponendola da subito come finalità del Mes.

Chiarire le condizioni e le procedure per la ristrutturazione del debito ridurrà certamente quella parte degli oneri del default di uno Stato sovrano che derivano dall’incertezza sulle modalità e sui tempi della sua soluzione.

Premessa la finalità dello strumento, Visco aggiunge poi che il Mes interviene sui costi del default di uno Stato che derivano da modalità e tempi della sua gestione (in audizione ha fatto l’esempio del caos in occasione del default argentino) e quindi questo appare un beneficio certo del Mes. Più procedure, meno incertezze e quindi meno costi.

Ma questi oneri costituiscono solo una piccola parte del costo dell’insolvenza di uno Stato. Quest’ultima, inoltre, è una questione da gestire con molta prudenza.

Aggiunge subito dopo che quegli oneri (derivanti da modalità e tempi di gestione incerti, minimizzati dal Mes) sono solo una piccola parte di quelli connessi con il default di uno Stato. E proprio per tale motivo, il default è una questione da gestire con molta prudenza. Perché potrebbero esserci anche altri tipi di costi, che sono proprio quelli di cui Visco parla nel cruciale periodo successivo.

I benefici contenuti e incerti di un meccanismo per la ristrutturazione del debito (debt restructuring mechanism) vanno valutati a fronte del rischio enorme che si correrebbe introducendolo: il semplice annuncio di una tale misura potrebbe innescare una spirale perversa di aspettative di insolvenza, suscettibili di autoavverarsi.

E qui non si capisce come Visco possa sottrarsi all’evidenza di quello che ha testualmente detto. I predetti modesti benefici derivanti dalla presenza di un meccanismo di ristrutturazione del debito (che è proprio la finalità del Mes che Visco ha fornito in premessa) rischiano di svanire di fronte al ‘rischio enorme’ che il semplice annuncio di tale meccanismo provochi una spirale perversa di aspettative autoavveranti. Quindi è proprio il Mes che provoca tale spirale perversa!

In altre parole, Visco non dà affatto luogo ad equivoci. Avverte che il Mes, con la sua capacità di definire modalità e tempi per la gestione di una crisi sovrana e di una possibile ristrutturazione del debito pubblico contribuisce senz’altro ad evitare il ripetersi di situazioni simili al caos argentino, ma il suo semplice annuncio rischia di innescare un circolo vizioso di aspettative che porta proprio a far avverare l’evento che si intende disciplinare: la crisi ed il default di uno stato sovrano. È vero che si riduce l’incertezza, ma così si provoca proprio l’evento!

Dovremmo tutti tenere a mente le terribili conseguenze che fecero seguito all’annuncio del coinvolgimento del settore privato nella soluzione della crisi greca dopo l’incontro di Deauville alla fine del 2010.

E per essere ancora più chiaro, fa proprio l’esempio più recente e drammatico di aspettative autoavveranti: il famoso annuncio di Deauville del 2010, quando Merkel e Sarkozy parlando per la prima volta di coinvolgimento del settore privato per il salvataggio di Paesi in crisi debitoria, dettero il via ad una vera e propria tempesta sui titoli del debito pubblico di numerosi paesi, tra cui il nostro.

Ascoltando Visco su questa parte, egli sostiene che ‘rischio enorme’ è riferito a ‘il meccanismo di ristrutturazione del debito’ che non c’è nel Mes, e non allo strumento di assistenza finanziaria. Ma come è possibile sostenere questo? La ristrutturazione del debito non è automatica ma c’è, eccome. Per sua stessa ammissione all’inizio del periodo quando definisce il Mes. E non a caso ci sono delle apposite clausole a disciplinarlo (Cac). Ma, a tutto voler concedere, che senso avrebbe avuto il 15 novembre, quando era già noto che il testo della riforma non conteneva alcuna ristrutturazione automatica, riferirsi ancora a questa ipotesi? Parlava quindi di altro, no?

Se Visco avesse voluto limitare i rischi enormi ad un eventuale meccanismo di ristrutturazione automatica, non avrebbe potuto far altro che scriverlo, ma non lo ha fatto. Anzi, non ha affatto specificato il tema dell’automatismo, a conferma del fatto che, con o senza automatismo, la perversa spirale di una profezia autoavverante è sempre in agguato. Ed è proprio ciò che Visco ha apertamente detto in lingua italiana (pubblicata solo alcuni giorni dopo) ed inglese (quella che è circolata il giorno del seminario).

Delle serie ‘due indizi fanno una prova’, vale la pena riproporre le parole del prof. Giampaolo Galli, pronunciate il 6 novembre alla Camera: “…Una ristrutturazione preventiva sarebbe un colpo di pistola a sangue freddo alla tempia dei risparmiatori, una sorta di bail-in applicato a milioni di persone che hanno dato fiducia allo Stato comprando titoli del debito pubblico… Anche per questo motivo, azioni o parole che possano ingenerare il timore di una ristrutturazione o, peggio, di un default, vanno considerati come un pericolo per l’Italia e per gli italiani. Per questo motivo ci preoccupano le proposte di revisione del Trattato istitutivo del Mes…”

A questo punto, appare più ragionevole che chi scrive i discorsi a Visco faccia un esame di coscienza e controlli l’analisi logica dei propri scritti, anziché rovesciare accuse su uno scrupoloso giornalista che ha colto immediatamente, senza peraltro essere l’unico, la portata delle dichiarazioni del governatore.

L’intervento del 15 novembre sembra piuttosto riecheggiare vecchi interventi precedenti all’approvazione del bail-in, in cui Bankitalia evidenziava i problemi di quello strumento. Per poi rievocarli e poter sostenere, in occasione della risoluzione delle 4 banche, che loro avevano messo in guardia dai pericoli.

Ma questa volta l’attenzione pubblica sul tema è molto più elevata. Ora e non tra qualche anno, il Paese si chiede: c’è terrorismo sul tema o qualcuno ha lanciato il sasso e nascosto la mano?

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