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Vi racconto il pasticciaccio della mozione sui Mini-Bot

L'intervento di Giuliano Cazzola su genesi, obiettivi bizzarrie ed effetti della mozione parlamentare sui cosiddetti Mini-Bot

“Il Mef precisa che non c’è nessuna necessità né sono allo studio misure di finanziamento di alcun tipo, tanto meno emissioni di titoli di Stato di piccolo taglio, per far fronte a presunti ritardi dei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni italiane’’. Così precisava un comunicato (col n. 106) dell’Ufficio stampa del ministero. Chi si fosse limitato a leggere solo questo testo si sarà detto: ‘’Ora Tria si mette anche a smentire gli ubriachi?’’. Infatti solo un seguace del dio Bacco avrebbe potuto concepire un’idea simile, peraltro già anticipata da alcuni economisti, sbandierando i facsimili, nei talk show televisivi. Invece il ministro dell’Economia non smentiva a vanvera.

Nella seduta del 28 maggio la Camera aveva approvato un atto di indirizzo che impegnava il governo su molti fronti, tra i quali anche l’eventuale assunzione di ‘’iniziative per l’ampliamento delle fattispecie ammesse alla compensazione tra crediti e debiti della pubblica amministrazione, oltre che la cartolarizzazione dei crediti fiscali, anche attraverso strumenti quali titoli di Stato di piccolo taglio’’. Eccoli lì – furtivi ed abili come un borseggiatore sul bus – i mini-bot, che ricevono pure un viatico dall’Aula di Montecitorio. Subito festeggiava ‘’Scenari economici’’, il sito fondato da Antonio Maria Rinaldi, neo europarlamentare della Lega.

‘’La misura permetterà la liquidazione dei circa 70 miliardi di crediti che le aziende private vantano nei confronti dello stato, e che stanno mettendo in crisi il sistema produttivo italiano legato al settore pubblico. Ci sono aziende – proseguiva il comunicato – che sono sull’orlo del fallimento per non aver ancora ricevuto i pagamenti stessi, talvolta in ritardo da anni, e che si sono dovute indebitare a titolo oneroso con il settore bancario. La norma prevede che quindi siano pagate con mini titoli di stato, trasferibili al portatore, evidentemente in una prima fase in forma digitale, quindi in forma telematica, per poter potenzialmente essere trasferiti in forma cartacea, secondo il disegno a suo tempo previsto da Claudio Borghi. I tagli saranno da 100 a 5 euro e rappresenteranno dei crediti d’imposta utilizzabili per il pagamento delle imposte e delle prestazioni previdenziali, ma, essendo trasferiti, potranno essere ceduti a terzi per il pagamento’’.

Insomma una sorta di ‘’moneta parallela’’ la quale – come ebbe a dire il suo ideatore Claudio Borghi – rappresenta il primo passo verso l’Eurexit: “È un espediente per uscire in modo ordinato, una specie di ruota scorta – ha dichiarato in passato il presidente della Commissione Bilancio della Camera – Nel momento in cui si decide di uscire, il minibot diventerà il contante della nuova moneta”. I mercati questi progetti li conoscono; perciò la notizia del voto favorevole alla mozione ha spinto in su lo spread, costringendo Tria a smentire (mentre il rappresentante del governo in Aula aveva dato parere favorevole). Il lettore è autorizzato a chiederci dove stia il problema. Si sa come la pensano ampi settori della maggioranza; questo volta l’hanno messo per iscritto in un atto parlamentare.

D’accordo, ma la questione è un’ altra: la mozione è stata il frutto di una lunga trattativa tra i capi gruppo allo scopo di unificare i differenti testi presentati e – udite, udite – è stata votata all’unanimità (partiti di opposizione compresi). Il Pd si è reso conto della gaffe (se ne è assunta onestamente la responsabilità Silvia Fregolent) e si è precipitato a spiegare i fatti, attraverso un’intervista di Luigi Marattin, autorevole deputato ed economista. ‘’ Ogni gruppo ha inviato un proprio rappresentante per “trattare” la predisposizione di un testo condiviso. Essendo i gruppi parlamentari così diversi (profondamente diversi), bisognava fare una scelta: o accettare l’inserimento di cose su cui non si era perfettamente d’accordo, o ritirarsi dal tentativo unitario. M5S e Lega – ha proseguito Marattin – hanno posto come condizione per una mozione unitaria l’inserimento di quelle 10 parole (che menzionano la possibilità di introdurre i “mini-bot”) all’interno di un ragionamento complessivo di 4 pagine, per il resto assolutamente condivisibile.

La persona che ha condotto queste trattative a nome del Partito Democratico – la collega Silvia Fregolent, capogruppo del Pd in Commissione Finanze, competente per materia – ha giudicato che il problema del pagamento dei debiti della PA era così importante che l’esigenza di dare un segnale di unità totale delle forze politiche (ancorché su una cosa totalmente simbolica e priva di valore) era più importante di tutto il resto, anche dell’inserimento di una possibilità di questi famigerati mini-bot’’.

Nessun colpo di mano, allora: Marattin lo ha ammesso. Ma ad avviso di chi scrive si tratta comunque di un errore grave, di una sottovalutazione sbagliata, di una giustificazione equivoca, di una smentita che non smentisce, di un chiarimento che lascia le cose come stavano. Per ridurre il danno il deputato dem ha affermato all’inizio dell’intervista che ‘’non si trattava di atto normativo avente valore giuridico. Era una mozione. Vale a dire, assieme agli ordini del giorno, la cosa in assoluto più inutile del lavoro parlamentare o di qualsiasi assemblea elettiva. Priva di qualsiasi effetto pratico’’. Se è così – caro Luigi – anche le 4 pagine del ‘’ragionamento complessivo’’ erano inutili perché appartenevano al medesimo testo contenente le 10 parole che, invece, sono state prese sul serio dai mercati. Parole pretese (possiamo dire ‘’imposte’’?) dalla maggioranza. Il gioco valeva davvero la candela?

‘’I tempi di pagamento della PA – ha scritto il Mef nel comunicato – sono in costante miglioramento. Nel 2018 sono state pagate circa 20 milioni di fatture con in media 1 giorno di anticipo rispetto ai tempi di legge. Risultanti incoraggianti: solo due anni fa i giorni di ritardo erano 16. Sono dati medi ma indicano uno sforzo notevole, sia pure con ovvie differenze sia per comparti sia per aree territoriali’’.

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