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Vi racconto il mio amico Gianni De Michelis. Firmato: Giuliano Cazzola

De Michelis era una persona competente e avvertita. Fatti e ricordi nell'articolo di Giuliano Cazzola

Ho incontrato per la prima volta Gianni De Michelis nel 1964. Ero da poco iscritto alla Federazione giovanile socialista (FGS) e, da studente universitario di giurisprudenza, militavo nell’Unione goliardica italiana (la famosa UGI che, mi si passi l’ardito confronto, è stata una specie di ENA di formazione politica per la mia generazione). La scissione del Psiup aveva prodotto i suoi effetti, non solo nei gruppi parlamentari, nel partito, nella Cgil, nella Lega Coop ma anche nell’UGI. Il Partito – che allora dava soverchia importanza alle c.d. organizzazioni di massa – convocò a Roma una riunione nazionale di studenti socialisti per rinserrare le file nell’UGI. La FGS di Bologna inviò a quell’incontro il sottoscritto insieme con un altro compagno (di cui ho perso le tracce). Ricordo quell’evento come se fosse successo ieri. Era la prima volta che mi recavo a Roma (che poi sarebbe divenuta la mia seconda città). Partimmo di notte per arrivare puntuali il mattino dopo alla riunione che era convocata in via della Lungara (a pranzo mangiai degli spaghetti alla Lucullo che non ho mai più ritrovato nei ristoranti della Capitale). Ricordo ancora di essermi sorpreso, al mattino, quando il treno affiancava la Salaria, alla vista delle baraccopoli in cui vivevano tanti romani. Io e il mio compagno di viaggio arrivammo per primi nella sala del convegno. Poco dopo giunse Ottaviano Del Turco e si sedette al banco della presidenza ancora deserto.

Ad indicarcelo fu uno studente romano con cui nell’attesa avevamo iniziato a parlare. Alcuni anni dopo ritrovai Ottaviano alla Fiom dove avevo intrapreso la mia carriera sindacale. Poi sarebbe diventato uno dei miei più grandi amici. Gianni De Michelis, nel convegno, svolse la relazione introduttiva ‘’dando la linea’’, serrando le file e incoraggiandoci alla battaglia. Allora gli studenti comunisti militavano in un’associazione chiamata ‘’Iniziativa’’; poi erano confluiti anch’essi nell’Ugi. Ma non è la storia della rappresentanza studentesca lo scopo di questo scritto. Un altro incontro (non ancora ravvicinato) con De Michelis lo ebbi a metà degli anni ’70.

Lui era ministro delle Partecipazioni Statali (PPSS) ed io ero componente della segreteria emiliano-romagnola della Cgil. De Michelis aveva condotto in porto il primo piano chimico. Volle essere lui a presentarlo ai lavoratori in tutti gli stabilimenti. Mi recai ad ascoltarlo in occasione dell’assemblea dell’ANIC di Ravenna; mi impressionarono la sua conoscenza dei problemi (del resto era laureato in Chimica industriale e docente della materia all’Università) e la sua capacità di non cedere in alcun modo alla demagogia, argomentando con coraggio l’esigenza dei processi di ristrutturazione in un settore in cui si era investito senza raziocinio, anche da parte dello Stato.

Man mano che il mio ruolo cresceva all’interno della Cgil le occasioni d’incontro si fecero più frequenti. Da ministro del Lavoro del Governo Craxi, De Michelis si trovò a gestire il ‘’grande slam’’ della scala mobile e lo scontro con i comunisti dopo il decreto di San Valentino del 1984 e il referendum abrogativo dell’anno seguente. Poi fu uno dei primi ad accorgersi che il sistema pensionistico era divenuto insostenibile. Ma la DC gli impedì di presentare un ddl a nome del governo, sostenendo, con il consueto consociativismo, l’opportunità di un’iniziativa parlamentare affidata ad una Commissione speciale presieduta da Nino Cristofori (sodale di Andreotti) affinché fosse coinvolto anche il Pci.

Quando la Commissione varò un testo all’acqua di rose, De Michelis presentò, a nome del governo, degli emendamenti che davano una sferzata di rigore, ma che bloccarono l’iter della legge anche per il sopraggiungere della fine della legislatura. Intanto nel 1985 io ero stato eletto segretario generale dei chimici e quindi divenne normale la frequentazione – soltanto operativa – con il ministro e il suo staff. Poi, passato a far parte della segreteria confederale, mi fu affidato il settore delle politiche sociali nel luglio del 1987. Ricordo che passai l’estate a studiare il progetto Cristofori e gli emendamenti De Michelis, tanto da convincermi di quella linea di rigore che ha caratterizzato nei decenni successivi la mia azione nel settore in tutti gli incarichi ricoperti. De Michelis era una persona competente e avvertita.

Da ministro degli Esteri sottoscrisse, insieme a Guido Carli, il trattato di Maastricht; e da esperto di politica internazionale comprese e denunciò gli errori dell’Europa nella questione jugoslava, ben convinto che ad incoraggiarne lo smembramento si sarebbe aperto – come accadde – il vaso di Pandora dei nazionalismi e dei conflitti etnici e religiosi, che determinarono anni di orrori e di massacri. Il ‘’colpo di Stato’’ di Tangentopoli lo coinvolse in pieno. De Michelis era a capo di una corrente del Psi e, in quanto tale, aveva la necessità di risorse che fossero in grado di sostenere i suoi aderenti nelle competizioni elettorali nazionali e locali. Come disse Rino Formica – uno dei vecchi socialisti ancora tra noi – la politica è ‘’sangue e merda’’. Oggi dei due ingredienti è rimasto solo il secondo. E’ stata la sua competenza a riportare a galla De Michelis, a prescindere dai tentativi da lui compiuti per rivitalizzare qualche spezzone socialista scampato alla ghigliottina, ormai ridotto alla condizione dei ‘’polli di Renzo’’.

Nel rendere a Gianni De Michelis l’omaggio che ha meritato (e che un Paese ingrato prima o poi gli tributerà) mi piace raccontare un episodio che descrive come era l’uomo con i suoi pregi ed i suoi difetti. Una sera d’estate a Roma un compagno (non faccio il nome) mi condusse a bere qualche cosa di fresco in un locale notturno. Mi accorsi che in una saletta riservata un discreto numero di signore, in abito da sera, conversavano tra di loro ed ogni tanto si avvicinavano alla porta per vedere se fosse in arrivo qualcuno. Dopo una mezz’ora buona, si presentò Gianni De Michelis che fu accolto come se all’improvviso, in mezzo alla sala, fosse spuntato un albero della cuccagna.

Addio Gianni, io ti sono coetaneo. Tutte le volte che muore una persona della mia generazione mi afferra un senso di malinconia. Poi sopraggiunge un sentimento di invidia, perché vivere nell’Italia di oggi ha un ‘’costo’’ sempre più insostenibile. Aspetto il momento in cui mi sarà consentito di dire, come il vecchio Simeone, ‘’nunc dimittis servum tuum, Domine’’. Chissà, se nei Campi Elisi, esiste una sezione socialista, con tanto di correnti, a cui iscriversi?

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